L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







lunedì 31 maggio 2010

Il CDIOT intervista Memo Dini, regista di Rumors, due atti di Neil Simon

E. Gioacchini, director del Creative Drama & In-Out Theatre e dell'Atelier Liberamente, intervista Memo Dini, regista dello Yoga Teatro, in occasione della prima della piece RUMORS, due atti di Neil Simon -Roma, 30 maggio.



domenica 30 maggio 2010

Drammaterapia e Quarta Parete

Royal Olympic Theater, London, 1831
"The arch over the stage marks the "fourth wall", into which the spectator looks, to find an illusionistic space for the drama. Key elements: scene painting, linear perspective, props, actors to create a space that believable reality.
Later in the century, film makers will adapt the conventions of fourth wall to locate the camera (during shooting) and the projection screen (during playback)"
Thanks to Professor William Warner
director
pillola di regia

Cari Attori...
Libertà, Paura, Limiti, Risorse, Confini, Rischio, Coraggio…almeno tentativo.
Se l’attore non entra nella esplorazione di queste categorie del sentire, muovere, ricevere e dare, non è un attore. L’uomo comune può permettersi di impigrirsi nei riti della sua quotidianità. L’attore no! La polvere del consueto, ovvio, sicuro, prevedibile si attaccherà ai suoi passi, ai suoi gesti, alla sua voce. La sua anima diverrà un insicuro traghetto per un viaggio promesso nel teatro. Non serve essere visti. “Peccati ed Omissioni”, “Ricerca e Sforzi ” sono innumerevoli pelli, che aiutano o tirano indietro. E’ questo che voi state sperimentando nell'Atelier; una quarta parete che diventa circolare e dialoga perfino dentro voi stessi.

sabato 29 maggio 2010

Drammaterapia: l'Universo che applaude!

@ Director

Desidero tornare a discutere con voi su quelle "macchine da applauso" a cui si è alluso qualche post fa, per fare riferimento al modo in cui lavora il processo drammaterapico e, nello specifico, come lo si vuole far lavoare nel nostro tipo di teatro (In-Out Theatre). Chiariamoci subito sul fatto che qualsiasi relazione, che sia svolta nell'ambito del luogo comune della realtà (quello che abitiamo ogni giorno) od in quello della rappresentazione, dunque del teatro, si svolge nel contesto di imput ed output di dati che non sempre sono disponibili alla coscienza, in poche parole di cui si è consapevoli. Variabili interne all'individuo, come le esperienze pregresse ed i ricordi, stati umorali e fisici ci influenzano e spesso determinano alla stessa stregua di variabili culturali e dinamiche relazionali. La nostra condotta, quindi, è il risultato di un algoritmo molto complesso, dove la matematica e l'algebra poco potrebbero arrivare a definire; mentre, d'altra parte, esistono modelli di comportamento assimilati dalla specie (quella umana nello specifico), trasmessi geneticamente o attraverso processi imitativi che gli individui attuano ed individuati dalla ricerca etologia e psicologica. Quest'ultimo elemento, l'aspetto imitativo (anch'esso dettato dagli istinti) è poi fondamentale per la specie umana, dove l'individuo, corredo genetico a parte, nasce assolutamente privo per diversi mesi di quel know-how, come invece avviene per tutti gli altri animali, e che, se non istruito dalle figure parentali e dal gruppo, finirebbe con il farci ben poco dei geni e degli istinti. La nostra storia evolutiva è tutta una cosa a parte, rispetto al mondo animale, anche se in quello si insertisce, fatto che comporta, ad esempio, che sopravviva l'individuo più "fortunato", piuttosto che il più dotato, spesso quello meno "etico" e non quello che esprima socialmente un sano istinto di difesa della specie. L'evoluzione, con la comparsa dell'autocoscienza, ha radicalmente cambiato le regole dell'adattamento. Ma fermiamoci qui, tanto è bastato per chiarire che viviamo costantemente immersi un un universo di messaggi e condizionamenti che poco hanno a che fare con quanto l'universo fisico aveva contemplato prima della nostra nascita (a parte la storia probabile di altri, infiniti universi nati e scomparsi prima di questo, forse contemporanei?).
Se nella realtà ci orizzontiamo, male o bene, costruendo le vicende della nostra vita (spesso quelle della vita degli altri, senza diventare mai soggetti, altre volte erigendoci a interpreti di quella altri), il teatro costituisce quella "meditazione" della vita che non può assolutamente tradire il senso che le diamo; può perfino "tradire" la sua rappresentazione esatta, ma questo deve avvenire sempre nella ricerca di senso che appunto definisco, in questo aspetto, "etica". Se lì, nel luogo della performance, "sta avvenendo qualcosa" che in realtà  non sta avvenendo (!), a dispetto di movimenti, parole, emozioni di un attore e di uno spettatore, questo non può non riconoscere in sè una responsabilità particolare: quella che rimanda alla possibilità insita che, nel "riprodurre", qualcosa cambi, possa prendere una strada diversa, un differente esito, o venga consumata l'energia conflittuale di una vicenda appena occorsa o di una tematica prennemente presente (abiurare la morte). Lo sa il drammaturgo che ha scritto il testo, lo conosce l'attore che ne sta interpretando la storia. In tale dinamica il teatro riscopre le ragioni profonde ed antiche per cui è nato, l'esigenza di "riprodurre" per eleborare nella coscienza che si dimena tra speranza e scoramento, paura ed gratificazione, quanto già accaduto, previsto, scongiurabile.
Se è questo che il teatro ripropone costantemente alla coscienza dell'uomo, allora comprendiamo meglio l'"atto di autopenetrazione" che Grotowsky "prescrive" all'attore; il dono di amore del se che si rappresenta al pubblico, la essenziale unicità di significato del luogo dove sono attore e spettatore insieme: l'ascolto e la visione del pensiero dell'uomo. E quanto può esservi di più sacro di questo, in mezzo a "crudeli" montagne che scivolano, che eruttano, altre che sprofondano, molte innevate, lussureggianti e "benevole", se è solo il nostro occho ad "osservarle" consapevole. E' mirabile pensare che l'universo sia riuscito a crearsi degli occhi con cui osservarsi, ma altrettanto terribile  riconoscere che esso non ne ha poi bisogno. Se quello dell'attore è anche un "sacerdozio" e la sua rappresentazione avviene nella celebrazione di una speciale "messa" (Grotowsky), il teatro è appunto "sacro".
Attore che, deposta la maschera, si presenta
 al pubblico per ricevere l’applauso.
 Frammento di cratere sovraddipinto,
da Taranto, 360-350 a.C.
Museo Archeologico, Taranto
In tale luogo, dove topos e logos si identificano, poichè è la realtà dell'uomo ad essere celebrata, si deve quindi sfuggire alla celebrazione di quel moto d'animo che nell'applauso esprima la parte più convenzionale del sentimento di gratificazione; alludo alla posizione narcisistica ed istrionica del porsi al centro dello spettacolo, quasi credendo che il teatro possa vivere grazie alla tua interpretazione. E' il teatro che, in quell'aspetto del comportamento umano (la rappresentazione), fa vivere te e la tua gratitudine è un applauso al pubblico che ti ha prestato i suoi sensi e quel senso ineffabile e misterioso che è l'ascolto della propria anima. Ed allora vengano gli "applausi",  essenziale rito di uscita dalla "finzione", di passaggio tra l'immaginario e lo svegliarsi al qui è ora dell'essere seduto (lo spettatore) ed in piedi, denudato e vulnerabile, ma commosso, dell'attore. Nessuna macchina di applausi, dentro di noi e fuori di noi. Essa altrimenti spegnerebbe i fertili esiti di quel processo "In-Out" che trasmette costantemente immagini e suoni tra il nostro inconscio e la parte cosciente, ancorchè renderli intellegibili.La "drammaterapia" prende tutto questo e lo pone in un setting specifico che sposta dalla funzione sociale a quella individuale e del gruppo la sua potenza, per questo può sentire mortificata la sua possibilità "estetica", quella dell'allestimento e del costume, dell'apparato scenico. L'alito di un dio, in questo teatro scende sempre, anche al di fuori del "deus ex machina", se si è autentici e consapevoli di questo.

"Perciò è chiaro che l’uomo è un animale più socievole di qualsiasi ape e di qualsiasi altro animale che vive in greggi. Infatti, secondo quanto sosteniamo, la natura non fa nulla invano, e l’uomo è l’unico animale che abbia la favella: la voce è segno del piacere e del dolore e perciò l’hanno anche gli altri animali, in quanto la loro natura giunge fino ad avere e a significare agli altri la sensazione del piacere e del dolore; invece la parola serve a indicare l’utile e il dannoso, e perciò anche il giusto e l’ingiusto. E questo è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali: esser l’unico ad aver nozione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e così via."
(Aristotele, Politica, in Politica e Costituzione di Atene di Aristotele, U.T.E.T., Torino, 1995, pp. 66-67)

giovedì 27 maggio 2010

Drammaterapia: e vissero felici e contenti...

@ Astra

Cari amici, ho visto i video, (certamente anche voi). E' stato bello rivederci tutti sorridenti e allegri, ma anche pieni di timore, me per prima, e ho pensato che questi nostri incontri ci stanno"cambiando" veramente in meglio. Riguardandoci, in quella girandola di emozioni dove realtà e fantasia si fondono insieme, ho sentito una energia nuova viva, scintillante, come dei fuochi d'artificio (quelli di cui parlo spesso) che squarciano il cielo in una notte buia, "modificandolo"; facendolo scoppiare di colori, quelli che possono tingere la nostra vita, se accettiamocerti cambiamenti che cozzano forse contro schemi che ci siamo costruiti strada facendo.Mettendoci una buona dose di determinazione e coraggio, questo cammino, anche con i suoi intoppi, ci farà sentire finalmente liberi, e come nelle favole, per usare una metafora, vivere forse "felici e contenti".
Fine.

Drammaterapia: il sogno dei pensieri...



Lasciamo riposare i nostri pensieri, mentre scrivono silenziosamente dentro di noi...

Music: Thaïs, Jules Massenet, 1894 

Drammaterapia: c'era una volta...

@ Sole

E' passata una settimana dall'incontro di venerdì e io nel frattempo ho resettato tutto, per un motivo che sto ancora elaborando, non volevo pensare a quella serata. Che dire di voi, tutti molto bravi alcuni più disinvolti, altri meno, e il nostro Director che ha sciolto ogni imbarazzo, intervenendo al momento giusto e travolgendo ogni regola, sorprendendoci.
E' questa la morale che io vedo; le regole vanno sovvertite per lasciare spazio agli imprevisti, che non sempre possono essere negativi; la fantasia può regalarci momenti di gioia, di ilarità, che invece ci neghiamo per non essere li, in quel preciso momento. E' stato divertente vedervi nel video e le emozioni di cui parlate nei vostri post, lo confermano.

Ma Sole dov'era? Non splendeva di luce propria, questo ho visto osservando "l' altra me", la sensazione di vedere una persona che non conosco, che non mi piace, ma forse il processo inizia proprio da qui, o chissà è già iniziato, ne dovrò fare ancora di strada. Alla prossima puntata di storytelling, ragazzi!

@ director

Sole dove era? Sole era anche quella, Sole è lì, Sole è qui. Sole ci è cara con il suo "imbarazzo" che ci fa raccogliere senza pietà il nostro e ci è cara mentre pensa e vuole essere sicura di dire cose che abbiano un senso e poi, finalmente, quando il "senso" se lo getta dietro le spalle (lì dove si sono formati tanti inutili pregiudizi) e si coglie nuova! Forse smarrita? C'era una volta...Nuova...come dovresti vedere una cosa che non è solo più quella, cara Sole?! Come potresti riconoscere, senza il rischio di ri-vedere sempre le stesse cose.
A volte i segnali di cambiamento o, se la parola ti sembra troppo grande, di evoluzione (per me quest'ultima è ancora più grande, anzi magnifica), non danno segno univoco ed assolutamente non sempre "piacevole".
Chi dice che dovrebbero essere paggi e maggiordomi in livrea con tanto di annuncio dell'annuncio dell'annuncio dell'annuncio...ad annunciare il banchetto della nuova nostra coorte?! Nelle favole è così, ma qui "la novità" può serpeggiare travestita da sintomo, come un rè che prenda su di se abiti laceri e sporchi per osservare "da vicino" il proprio reame. Ed infatti, è così che spesso questi segnali, quantomeno "inopportuni", fanno abortire lo sviluppo di percorsi diversi.

Non sempre avviene ciò che sarebbe auspicabile possa accadere. Serve la curiosità, la determinazione della quale parlavo oggi prendendo un caffè con Astra. Serve "voler leggere" e qualche volta trovare i "sensi", non uno, tanti, di questa finction di LOST, dove non vi è mai un'ultima puntata!. Ciao, Sole.

Drammaterapia & le Macchine da Applauso. Sottotitolo: Viva l'Ansia!


 Azzurra

Sono trasportata dall'onda del cambiamento, che mi sballotta, mi irretisce, mi affascina e mi spaventa. Il mio solito tema...la paura...Questo cambiamento tanto desiderato mi trova, come sempre, impaurita di non saperlo affrontare adeguatamente. Ma se guardo bene, se mi connetto con la mia essenza, colgo che forse non è esattamente paura quella che mi invade...è emozione! Il director mi ha dato un grande aiuto a capire la differenza tra paura ed emozione e la mia è pura emozione! Colgo la reale cifra di quel che provo anche guardando ai fatti: la paura atterrisce, immobilizza, io invece mi sento vitale più che mai!

Le esperienze che sto vivendo mi stanno trasmettendo un messaggio potentissimo, che percepisco intimamente e il messaggio è che, qualunque strada intraprenda è sempre e soltanto una delle tante possibilità, non l'unica.
E lo stesso messaggio l'ho raccolto nel nostro ultimo incontro: ci sono stati affidati dei ruoli, assegnati dei compiti da svolgere, e con serio intento ci siamo messi al lavoro. Ma lentamente la fantasia, l'imprevisto, il mistero si sono insinuati nella nostra ragione, ci hanno obbligati a stravolgere le regole.
Abbiamo dovuto essere degli improbabili astanti dormienti e russanti, dei cafoni urlatori dissenzienti, delle macchine da applauso che seguivano delle regole folli.
E siamo stati i personaggi di una favola dominata dalla magia, e con una morale meravigliosa: è nell'insospettabile, nell'inconcepibile, nel ridicolo, addirittura nel folle...che risiede la gioia, la liberazione delle energie dell'amore per se stessi e per il prossimo.
Un abbraccio a tutti voi e a presto.
@ director

Non scrivo quasi mai in calce ai vostri interventi e, in generale, io stesso intervengo strategicamente senza abbondare e per un semplice motivo. Il conduttore di un gruppo ha l'importante responsabilità di gestire dinamiche gruppali ed individuali all'interno di una situazione di "affidamento"  che gli conferisce un "potere"che va oltre il suo know-how e le sue competenze, un prestigio che va amministrato, piuttosto che usato, gestito, anzichè esasperato. E la creatività di un gruppo non può essere diretta, ma solo sollecitata. Diceva Erickson a proposito dell'aiuto del genitore al figlio, del terapeuta al paziente e del...conduttore al gruppo (aggiungo io): l'aiuto deve poter essere presente e disponibile e dato solo nella misura in cui chi lo riceve, lo ha richiesto. E' questa condizione di disponibilità ed accoglienza a favorire la crescita di un rapporto, come la scoperta di un'abilità...
Ma ora intervengo...perchè Azzurra ha detto alcune cose che hanno un preciso significato rispetto alla dinamica che desideriamo far crescere: quella sollecitazione delle risorse che si sviluppa tra incredulità, stupore ed infine meraviglia, con il condimento della paura, dell'ansia che a quella è correlata, dell'emozione. E, guarda caso, il post di Azzurra viene poprio dopo quello di Blue, che del coraggio e dell'emozione della crescita ha discusso brevemente, ma con tanto entusiasmo e credibilità (conosciamo che dice sempre il vero!).
Ecco perchè il sottotitolo provocatorio di questo post ...ed ecco perchè queste foto assolutamente assurde, che descrivono, schematizzandolo, il percorso dell'ansia, mentre Azzurra ci parla dell'emozione di un'anima. L'effetto è volutamente paradossale! Quello che gli altri descrivono di noi, non è esattamente quello che noi sperimentiamo. Perfino quello che raccontiamo ad un terapeuta non è quello che ci sta capitando esattamente. Ciò che salva è la relazione tra le persone, che nell'aspetto dell'empatia, fa lo sconto alla pedissequa esigenza del "controllo", della "conoscenza", della "verità".
"Macchine da Applauso", verso noi stessi , come verso gli altri. Accidenti, Azzura, come stai anticipando alla grande quanto di Cortazar ho intenzione di esplorare con voi, nel viaggio del "possesso" della vita e della vita che ci "possiede" (badate nessuna delle due posizioni è univocamente "giusta")!
Alla prossima, perchè i sortilegi (vedi la favola) non abbiano sempre bisogno dell'altro (ma della consapevolezza dell'esserci, con l'altro) per evaporare con le nostre paure.

martedì 25 maggio 2010

Drammaterapia: Preferisco Ridere....

@ Bleu

Ma chi è quella principessa, vestita di bianco come una silfide ma che ride come un camionista cui hanno appena raccontato una barzelletta oscena? Sono proprio io?
Sarà stata l’adrenalina in circolo dal giorno prima dopo l’arrampicata, sarà stata l’aria fresca del dopo temporale, ma quella macchia bianca e luminosa nel video sono io, che bello!
Ma quanto bisogno ho di ridere, di ridere con la pancia e non con la bocca, di ridere con il cuore e non con la ragione, se è vero ciò che vedo nelle immagini?
Uh, non voglio aspettare di incontrare un cigno magico (sia pure leggiadro e pieno di grazia, come Beatrice) per brillare così! Non ho bisogno di una fiaba per riconoscere il lato contento della vita, per cogliere il ridicolo nelle pance dei funzionari, nella magrezza segaligna delle loro mogli, nella faccia nera degli spazzacamini e nei panciotti a pois dei pagliacci.
Voglio vivere ancora quel momento magico in cui si spezzano le tensioni e la principessa ride, il pagliaccio salta, lo spazzacamino diventa dignitoso nonostante il suo faccino nero, Caterina balla , il manovale pure, il funzionario si sorprende e sua moglie brilla. E sotto c’è la musica.
Voglio ridere a crepapelle insieme a mio padre. Voglio una “vecchina”saggia che mi dica : “Tertium datur! C’è un’altra possibilità per te…”
Uh, non può essere solo una fiaba, voglio che sia sempre così. E spero che non ci sia bisogno di un incantesimo, di dire “Cigno, appiccica!”.

Drammaterapia: improvvisazione della verità!


@ Corracero

Un corso di drammaterapia…buu...ho detto la prima volta che Mareliz mi ha parlato dell’ idea di venire all'Atelier. Ma questa cosa pensa...che forse ho bisogno di una terapia?! Quuesta sta matta, dicevo a me stessoo. Allla fine ho deciso di partecipare alcorso sulle risorse, grazie all’insistente richiamo di Mareliz.
Non posso dire che quella decisione potrá cambiare la mia vita o forma il moo modo di pensare, pero sta cambiando la cosa piu importante che io ho in questo momento: “il presente”. E questo perchè sto faccendo una cosa che mai ho fatto prima, conoscere me stesso e agli altri cari attori Non posso dire che noi non indossiamo maschere quando parliamo tra di noi nel corso, ma quando stiamo avanti a fare le improvvisazioni, là siamo noi stessi.
Guardare veramente come siamo, é bello ma non nella solita forma di sempre; perchè non é bello di parola, é bello di cuore, nell'essenza, nella dolcezza di rivedere come siamo cresciuti, come siamo veramente senza maschere, nè nubi.
La fabia ascoltata venerdì esprime questo secondo me. ma in una forma metaforica.
Quando una persona comincia a essere veramente quello che è, a seguire i suoi sogni, i suoi desideri, trova gente insieme a lui, trova l’amore, ma sopratutto felicitá perchè stará seguendo la scelta che ha preso. Ma tutto questo accadrá, solo se egli lo vuole. P.D: Scusatemi per mi italiano. XD XD :P

Un curso de dramaterapia…. buuu…. le dije a Mareliz cuando me hablo por primera vez de la idea de ir al taller, pero que piensa que necesito de una terapia esta loca, me decía en mis adentros. Al final decidí de ir al curso, gracias a la insistente petición de Mareliz. No puedo decir que esa decisión cambiara mi vida o mi forma de pensar pero está cambiando la cosa más importante que yo poseo en este momento “el presente”, porque estoy haciendo una cosa que nunca antes la había hecho , conocerme a mi mismo y a los queridos actores, no puedo decir que nosotros no estamos con mascaras cuando dialogamos entre nosotros en el curso pero cuando estamos adelante realizando las improvisaciones, haya, somos nosotros mismos. Observar como realmente como realmente somos, es hermoso pero no de la forma habitual de siempre por que no es hermoso de palabra es hermoso de corazón, en la esencia, en la dulzura de volver a ver como hemos crecido como somos realmente sin mascaras ni nubes.
La fabula del el viernes exprime esto según mi opinión pero de una forma metafórica.
Cuando una persona comienza a ser verdaderamente eso que es, a seguir sus sueños, sus deseos, encontrara gente a su lado, encontrara el amor pero sobre todas las cosas la felicidad por qué está siguiendo la decisión que él ha tomado. Pero todo esto solo sucederá si él lo quiere.

Drammaterapia: Vertigine all'Incontrario

@ Blue

Sto leggendo “Casa Howard” (E. Morgan Forster) in questi giorni; il sottotitolo dell’opera è “Solo connettere..”
Non credo sia un caso o un evento a sé stante quello che sto per raccontarvi; sono sicura che è connesso al nostro lavoro di Atelier, a questo “nostro” percorso di ricerca e di scoperta delle risorse dentro di noi e attraverso di noi.
Le mie vertigini sono notorie. Ho capogiri anche se salgo al piano di sopra o se mi sporgo dalla finestra del mio ufficio al secondo piano, tanto per rendere l’idea.
In questa foto, scattata tre giorni fa, sto penzolando a settanta metri sul livello del mare; ai miei piedi c’è la spiaggia di Sant’Agostino, vicino Sperlonga!
Sono connessa, attraverso l’imbragatura, all’istruttore, Tonino, che, all’inizio dell’avventura, mi ha raccomandato di fidarmi di lui, anche se lo vedevo per la prima volta. Fidarmi? Io, che non saprei nemmeno dire quante volte ho investito male la mia fiducia?

Eppure, il corpo sa tutto e, se lo si ascolta e lo si rispetta, indica la strada da percorrere, sempre e comunque, anche nelle condizioni più critiche.
Con un mix di istinto personale e di indicazioni professionali sono arrivata alla vetta e lì mi sono trovata a parlare dei massimi sistemi davanti al Mar Tirreno e alle Isole Pontine.
Se potessi avanzare delle metafore ardite, ho imparato che i piccoli passi, come quelli che si fanno per trovare i giusti appigli per i piedi nell’arrampicata, sono quelli più efficaci per il cammino, che le apparentemente insignificanti sporgenze nella roccia aiutano quanto una mano tesa, ma a volte questi aiuti si possono stupidamente ignorare.
Non so cosa mi ha spinto a fare questo. Una piccola risposta è in una citazione, uscita in una dei nostri ultimi incontri (la vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare, lalalala…).

MI Fido di Te
(Lorenzo Jovanotti)
Case di pane, riunioni di rane
vecchie che ballano nelle chadillac
muscoli d'oro, corone d'alloro
canzoni d'amore per bimbi col frack
musica seria, luce che varia
pioggia che cade, vita che scorre
cani randagi, cammelli e re magi
forse fa male eppure mi va
di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare
mi fido di te
mi fido di te
mi fido di te
mi fido di te
io mi fido di te
ehi mi fido di te
cosa sei disposto a perdere

Lampi di luce, al collo una croce
la dea dell'amore si muove nei jeans
culi e catene, assassini per bene
la radio si accende su un pezzo funky
teste fasciate, ferite curate
l'affitto del sole si paga in anticipo prego
arcobaleno, più per meno meno
refrain...
rabbia stupore la parte l'attore
dottore che sintomi ha la felicità
evoluzione il cielo in prigione
questa non è un'esercitazione
forza e coraggio
la sete il miraggio
la luna nell'altra metà
lupi in agguato il peggio è passato

mi fido di te ...
cosa sei disposto a perdere.

lunedì 24 maggio 2010

Drammaterapia & Storytelling, Atelier Liberamente 2010: Cigno, Appiccica! Parte Seconda

Tecnica dell'Improvvisazione
CIGNO, APPICCICA!


Movie: Cigno, Appiccica!, seconda parte, Laboratorio di Storytelling, Atelier LiberaMente, maggio 2010

domenica 23 maggio 2010

Drammaterapia & Storytelling, Atelier Liberamente 2010: Cigno, Appiccica! Parte Prima

Tecniche d'Improvvisazione
CIGNO, APPICCICA!




Movie: Cigno Appiccica, Laboratorio di Storytelling, parte prima, Atelier LiberaMente, 21 maggio 2010

Drammaterapia: Brutto Anatroccolo o Cigno? Questione di punti di vista...

@ Nero

“Secondo me, illustri colleghi, graditi ospiti, il Cigno Appiccica rappresenta l’insieme dei rapporti umani, che volontariamente e non, lega le persone e le costringe a percorrere le stesse strade, a vivere situazioni conflittuali, mentre la bacchetta magica potrebbe rappresentare l’autocoscienza, che scioglie tutti e li fa vivere in maniera più libera, nel senso lato del termine… E l’amore poi, quello trionfa sempre. Perché è il sogno, l’ancora di salvezza di una principessa triste e un re infelice, rappresentanti di quelle persone che posseggono tutto e non hanno niente, come tante persone ricche e di successo che si massacrano alla ricerca di qualcosa che forse non troveranno mai…”
Questo avrei detto nel mio intervento, all’immaginario seminario sulle fiabe ma…
Avvertivo una correlazione tra ciò che stavamo facendo e ciò che era già stato fatto; ho avvertito una analogia con il passato nel C.D.I.O.T., la recitazione che prendeva il sopravvento sull’attore, l’attore che si presta al personaggio e il personaggio che sfugge all’attore infischiandosene del canovaccio e fa tutt’altro.
Quante volte nella vita le cose non vanno come vorremmo, e noi ce ne lamentiamo, senza accorgerci che forse sono andate meglio, ma vanno lette in maniera diversa.
Come un ruminante ho ripreso a masticare qualcosa che era già dentro, che mi ha portato a capire -forse non ancora ad accettare- che solo approcciando il mondo che ci circonda con mente aperta e disponibile, riusciamo a vivere con serenità e gioia ogni cosa.
Abbiamo giocato con la fiaba, abbiamo cercato di darle un significato e una morale, ci siamo apprestati a fingerci professori, docenti, luminari della nostra visione della cosa… Insomma, ci hanno assegnato un compito e abbiamo cercato di farlo al meglio.
Tutto si è trasformato in un gioco, spiazzandoci, divertendoci, sciogliendo in noi “l’ansia da prestazione” del doverlo portare a termine “presto e bene”.
Eppure le nostre idee sono rimaste le stesse, i nostri pensieri e l’interpretazione del racconto rappresentato, sono rimasti gli stessi, il racconto…ce lo siamo raccontatoooo!!
Non sia mai detto che il sottoscritto predica una vita senza mete o obiettivi.. Figuriamoci…
Penso soltanto che i grossi pesi che ci opprimono sono spesso proiezioni e paure e la realtà è veramente un’altra. Basta volerla vedere.

sabato 22 maggio 2010

Drammaterapia: They Told You... Life is Hard

Ieri abbiamo giocato la nostra "favola" dentro quelle di un catastorie su mp3. Probabilmente avvertito in profondità -se non compreso- che la "comunicazione"  non dice nulla, se non in riferimento al contesto; che essa è fatta soprattutto delle persone, dello loro aspettative e ricordi, dei loro timori e desideri. Si desidera una cosa (accarezzare un cigno), mentre si sorride di un catena umana intrappolata dentro un sortilegio e, subito dopo, a lamentarci della nostra cattiva sorte, che ha schiacciato la nostra libertà!
"CIGNO, APPICCICA!" è una leggera metafora di quanto si trasforma quello che desideriamo nelle nostre stesse mani, se cambia il nostro approccio alle cose, miserevole pianto, intelligente divertimento? Una buona dose di ironia deve poter andare a braccetto con un pò di riflessione..ed allora nessun conflitto tra la libertà ed il destino.
Alla trilogia su Destino & Libertà dove, negli ultimi tre inserimenti, ci hanno accompagnato i brani di Natalie Merchant, aggiungo questo, Life is Sweet. Lo abbiamo già ospitato nella pagine del Creative Drama & In-Out Theatre (febbraio 2009) e vi riporto quello che scrissi puntualmente allora. Alcuni pensieri, nella nostra personale storia e poi in quella del mondo, spesso restano sempre estremamente validi -cioè che servono, diverso da "sono veri". Alcuni di voi erano gà nel gruppo, altri si sarebbero aggiunti lungo la strada...



It's a pity, it's a crying shame...
Life is sweet It's a pity/ It's a crying shame/ He pulled you down again/ How painful it must be/
To bruise so easily/Inside/It's a pity/ It's a downright crime/ It happens all the time/

You want to stay little daddy's girl/ You want to hide from a vicious world/ Outside/
Don't cry/ You know the tears will do no good/ So dry your eyes/Oh, your daddy/ He's the iron man/ Battleship wrecked on dry land/Your mamma/ She's a bitter bride/ She'll never be satisfied/ Do you know?/And that's not right/But don't cry…/Oh, they told you life is hard/ Misery from the start/ It's dull/ It's slow/ It's painful/But, I'll tell you life is sweet/Inspite of the misery/ There's so much more to be grateful/Well, who do you believe?/Who will you listen to?/ Who will it be?/ 'Cause it's high time that you decide/In your own mind/I've tried to comfort you/ I've tried to tell you to be patient/
They are blind/And they can't see/Fortune gonna come one day/ They're all gonna fade away/ Your daddy, the war machine/and Your momma, the long and suffering/ Prisioner of what she can not see/
For they told you life is hard/ Misery from the start/ It's dull/ It's slow/It's painful But, I'll tell you life is sweet/ Inspite of the misery/There's so much more to be grateful/So, who will you believe?/ Who will you listen to?/Who will it be?/ Because it's high time that you decide/It's time to make up your own/
your own state of mind/Oh, they told you that life is long/ Be thankful when it's done/
Don't ask for more/ be grateful/but, I'll tell you life is short/ Be thankful/Because before you know/ It will be over/ 'Cause life is sweet/Life is, oh, so very short/Life is sweet/ And life is, oh, so very short/ Life is sweet


"Negli ultimi inserimenti del blog, in questa palestra delle “emozioni” -come qualcuno di voi ha definito l’Atelier-, si è discusso di paura, d’impotenza a superare ostacoli invisibili o dell'essere irretiti da quelli grandi che le giornate apparecchiano e sparecchiano, come la vita fosse un elfo maligno e capriccioso, capace di spolverare fortuna e sfortuna a suo piacimento. Il “filo rosso” di Langs ci ha “scusati”, per quella traccia contaminata –ho visto recentemente Wall-e- che unisce le nostre vicende ad altre memorie e le prime investe con il “tragico” del passato.
Ma poi basta?
Basta a spiegare questa sorta di inerte accondiscendenza al “destino”, oppure la scommessa è smascherare una volta per tutte la nostra collusiva appartenenza alla nostra storia?
So, who will you believe?/ Who will you listen to?/ Who will it be?/ Because it's high time that you decide/ It's time to make up your own/ your own state of mind
Tempo di decidere! Senza lasciare che il “drama” si svolga solo lì rappresentato per noi su un palcoscenico al quale ci affacciamo inesausti di voglia di capire, alibi pericoloso al combiamento. E’ la nostra vita che si sta svolgendo lì! Un rotolo, corto, lungo.
Ma perché deve essere il timore di essere noi stessi timone, di scandirne la lettura!
It's a pity/ It's a downright crime/ It happens all the time/ You want to stay little daddy's girl/ You want to hide from a vicious world/ Outside
D’accordo, può essere stato che tutto non ci sia stato detto….Che fosse persino limitato da storie prima di noi quel racconto sulla vita e che per questo, forse, ci ritroviamo ad interrogare dentro persone che più non sono, o che più non sono quelle…
Irrompiamo sul palco e raccontiamo con vera passione la nostra storia e mentre questo accade abbiamo cura di svolgerla con attenzione!
Che sia sgualcita, che passi inosservata…può andare! Ma non che diventi lo specchio di avventure di altri.
Se allargheremo le braccia troveremo che invisibili fili si sono ramificati come una tela a sorreggere sguardi, movimenti; a dirigere occhi e tracciare le direzioni. E' la nostra mappa? Ci diranno che certo quello è il teritorio. Non è lo stesso. Non serve per credervi trovare un gigantesco ragno, perché proprio in quel momento gli daremmo la saggezza che invece ci appartiene. Sono le scie, piuttosto, di tutte le volte che abbiamo lasciato fare, abbiamo messo a posto i barattoli, senza controllarne il contenuto, soddisfatti di un ordine formale che schiaccia, sino a soffocare, l’essenza del nostro desiderio-destino.
Desiderio... Natalie Merchant, nel suo bellissimo brano,lo esprime con l’aggettivo “dolce”. Lasceremo all’inconscio l’istinto di morte o all'esperto; in quel posto deve essere pure andato a finire per qualche ragione che ci riguarda. Ma quella è la storia dell’umanità, non sempre la Tua.
Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Aldo Carotenuto. Una una cosa che ho capito bene dentro al suo pensiero è che il Mito ci rivela la nostra forza e le nostre fragilità. Possiamo attingere a questo serbatoio archetipale, ci dà il conforto di "non essere soli". Con quello poi, però, inizia la nostra costruzione individuale. Dobbiamo ri-credere nell’individuale; abbiamo dato una delega troppo forte ad un sociale, nutrice ora fertile, ora maligna; al senso comune, ora saggio, ora vacuo di tutto. Non è stato più il re a trovasi denudato, ma noi!
Il brano di Natalie, stamane, mi ha fatto fare il pieno di carburante! L’ho sentito nel motore, senza pistoni e valvole, ma sangue e nervi, che possiedo. Vibravano. Si chiamano emozioni".

Movie: Life is sweet, by Natalie Merchant, dall'album Ophelia, 1998

E tornando a ieri, con il pieno di quel carburante a cui spesso accenno -emozioni- sono certo che sperimentare. anche solo per un istante il potere di mandare le £favole" per la strada che volgiamo, a costo di stravolgere le sue "morali" faccia bene, perchè...vedete...la libertà è un "processo", diventa un fine solo c'è qualcuno che ce lo vieta!
Astra si lascerà capovolgere dai cavalloni di un mare sicuro, non più temuto; Azzurra diventerà sicura dispensatrice di "potere" nella vita; Beatrice creerà un saggio spartiacque tra il sogno e la realtà; Blue regalerà il proprio sorriso solo ai più meritevoli, continuando a sorridere, senza sconto, per se stessa; Corracero penserà meno da solo e recupererà il tempo in cui giocava di più; il director masticherà meglio un pò dei suoi disappunti; Faber non si sentirà più tanto spesso sul palcoscenico delle prove, ma in quelle avventurose vere ed importanti della vita; Fenice82, eventualmente, sceglierà di fare il clown, ma, in quel caso, il più abile del pianeta; Libertà abbandonerà definitivamente i tenzoni silenziosi della propria Quintana mediovale; Mareliz non tramuterà i rospi in principi, perchè... non riesce quasi mai; Nero imparerà a fare le cose più inutili della vita; Romeo cambierà ad ogni stagione la propria pelle, "sgusciando" di allegria; Sole...beh Sole sarà consapevolmente felice dei suoi raggi, lascindosi dondolare con fiducia anche...dagli scossoni della vita. E se tutti faremo cose che nenache io ho saputo immaginare...accidenti che  l i b e r t a!
There's so much more to be grateful...

Movie: Life Is Sweet,  Natalie Merchant, tratto da Ophelia, 1998

giovedì 20 maggio 2010

Drammaterapia e l'epopea perenne:Now no matter, child, the name

"Now no matter, child, the name;
Sorrow's springs are the same

Epica è la crescita di questo uomo stracciato dagli eventi e sempre pronto a ricominciare! Non solo le gesta degli dei e degli eroi.
Eroico quel pezzo di strada che sollevava il peso di un uomo che sollevava il peso di una pietra che sollevava verso il cielo la piramide o il trionfo di un re. Si può godere della gloria di qualcun altro sino a vederci la nostra! Non è questo quell'acquiescente abbassare le corna del cervo sconfitto che accetta che l'altro sia vincitore nella sfida nella e per la vita e si mette nel suo posto piccolo e limitato a guardare. Proprio così un "regola" funzionale all'adattamento, nella cultura ci ha regalato in prestito lo "spostamento", la "proiezione", la "negazione" perfino. Nessuna ribellione per lo schiavo, adattato o meno; ma il re o il leader -giacchè intrattiene anche inconsapevole i sogni e l'invida degli altri- non dovrà mai vacillare, altrimenti, "nudo", offrirà, pur senza volerlo, le sue carni in pasto ai suoi devoti sudditi od avversari. Accadde a Savonarola, principe della predica eretica, avere i suoi proseliti quali accaniti dispensatori della sua morte; a Robespierre... Spesso la libertà può esistere solo come sogno, mai come legge, perchè se trova la sua essenza nel diritto, automaticamente entra nella contraddizione dei termini...

Il sogno invece è per sua natura libero, di esaltare ed abbattere, senza la retorica conciliazione degli opposti. Che la rivoluzione sia rivoluzione e la restaurazione sia restaurazione, se le leggiamo nella profonda realtà dei bisogni e timori umani.
Ma intanto quest'uomo deve crescere per avere la propria voce, cioè la propia esperienza. Anche l'Atelier ha la sua crescita: con abbandoni di leaves lungo il percorso, il silenzioso e rassicurante suono della linfa dalla terra sino alle foglie giovani della primavera ed al concerto di vento e rami nudi ad autunno, poi, nell'inverno, la scintillante finzione di ghiaccioli che hanno addormentato la sua vita.
Crescere, senza smettere mai di farlo, sbagliare senza mai smettere di farlo, milgiorare senza mai smettere di farlo, fuori di questo, ci dice Cortazar...tutto è troppo orribilmente ripetuto, risaputo e narrato: la stessa mano sulla pelle di Cleopatra ed il solito saluto.
Natalie Merchant ci dà ancora una sensibile suggestione su quanto cresce e matura silenziosamente in noi. Lirica e piena di armonia. No, non direi pessimistica. Solo vera, senza l'allucinazione della realtà travestita dei sogni di altri. Ma poi, mi chiedo, mi seguite...od io seguo voi? Dimenticavo è un girotondo!

Spring and Fall: to a young childNatalie Merchant

Margaret, are you grieving
Over goldengrove unleaving?
Leaves,like the things of man, you
With your fresh thoughts care for, can you?
Ah!as the heart grows older
It will come to such sights colder
By and by,nor spare a sigh
Through worlds of wanwood leafmeal lie;
And yet you will weep and know why.
Now no matter, child, the name;
Sorrow's springs are the same
Nor mouth had,no nor mind, expressed
What heart heard ofghost guessed:
It is the blight man was born for,
It is Margaret you mourn for.

mercoledì 19 maggio 2010

Dramatherapy: Chance, Choice, Change



Una carezza può far male, se ne risveglia una assenza troppo lunga o esistita da sempre. Eppure, non vi è strada di mezzo; la strada avanti chiede di essere percorsa, con affanno, incertezza, ma non a ritroso. Persino l'inconscio, così incline sul lettino dell'analista ad avere il suo "momento di gloria", parlando del passato, si esprime al presente e di quest'ultimo, in fondo, terrifica le vicende già vissute.
Chi dice che non si deve avere paura, afferma il falso. E chi afferma che il dolore non serva, oppure che serva troppo e sia assolutamente necessario...beh entrambi si sbagliano. Chi, troppo convinto, si "gratta le palle", rinuncia per qualche istante all'anulare, al medio ed al pollice nel segno di scongiuro che nulla scongiura, chi ti manda "in bocca  ad un lupo", "in culo a una balena", solo per tingere di falsa umiltà la voglia del successo, accetta che la cultura giochi con la sua vita e le sue tante possibilità.
Proviamo ad analizzare tre vocaboli che in inglese appaiono in qualche modo simili almeno per una "c" iniziale! Chance,ChoiceChange....

I concetti che racchiudono, oltre la descrizione più immediata, possiedono un potenza vertiginosa...e diciamo subito che il mondo, male o bebe, comunque sia, è evoluto sino a qui proprio grazie all'uso di questi.
Scorgere una possibilità, sceglierla, comporta spesso un cambiamento che nulla dice di quel contesto primitivo di opzioni che ci disorientava inizialmente. Milton Erickson affermava che il cambiamento avviene sempre attraverso tre passi fondamentali: pensare a quella conquista come una fantasia, poi come un possibilità, quindi il provare a praticarla. E' così che l'immaginazione ha il ruolo potente di un motore, come la suggestione che l'accompagna, che ci avvicina con il desiderio alle cose che vorremmo raggiungere.
Il lirismo del brano di Natalie Merchant che vi propongo è molto intenso, come un sentimento troppo vivo per posarsi da qualche parte; è spinto ora dalla musica, ora dal testo e ci soffia dentro l'analogia con la nostra vita, così spesso devastata dalla delusione e da "danni" che crediamo irreparabili. E, credetemi, un danno così "praticato" è assolutamente vero, nessuna differenza tra traumi subiti o creduti.
Perchè vi "obbligo" a fare smorfie sul vostro viso, a ripetere sino alla noia un saluto formale allo sconosciuto (non sconosciuto) che incontrate nella pista di una stanza dove camminate "inutilmente" in cerca di cose nuove tra cose vecchie? Nessuna sensazione od emozione può congelarsi troppo a lungo o fare male, se obblighiamo il nostro corpo e la nostra mente a provare cose diverse od uguali, cambiando luce, sfondo, interpreti, luogo e tempo. Salvo ad avere nostalgia del dolore e della sconfitta a volerli compagni, nonostante ogni cellula del nostro corpo -o quasi- cambi, in tempi diversi e comunque si trasformi. Nonostante  si invecchi, segno inequivocabile che si hanno altre possibilità (almeno sino ad un certo punto)!

Untouchable...recita il testo. Non è vero, anche se lo si pensa e bisogna solo mettere d'accordo i due fatti. Si può sentire qualcosa, ma forse non negare possibilità di cambiamento.
Pensate all'emozione di Cristoforo Colombo che scopriva qualcosa che già credeva vera prima di scoprirla e che poi, in fondo esisteva vera prima di essere creduta, anche da lui!
Tutte e tre le cose insieme, incredulità (degli altri), fede (la sua), esistenza (realtà) fuse nel suo sentimento al grido "Terra".
E noi...quel grido quando vogliamo farlo? Senza pemesso si nasce e senza pemesso si muore, per questo questa tediosa abitudine a "scongiurare" gli eventi anche favorevoli, chiedendo sempre permesso per la nostra esistenza. Dimenticando che possiamo non farlo. Untouchable? director

Movie: My Skin, tratto da Ophelia, di Natalie Merchant, 1999

martedì 18 maggio 2010

Drammaterapia: Man in Wilderness


Fiaccato, senza idee, facile preda di chi lo vuole comprare o vendere al proprio prezzo. Comunque la sua storia non può essere ceduta ed è al centro, se la osservi ancora.
Si è trovato solo, ma non lo lascerai solo. Sceglierà l'arma spuntata del proprio coraggio di uomo a volte, come una bussola tu gli indicherai come tornare e poi andare ancora, molte volte. Sarà perso tra le dune degli anni, sopra la spuma delle onde nuove e dei ricordi accumulati, vendendo pezzi della propria anima sulla strada. Ma non lo lascerai solo. Reduce o combattente, egli sarà sempre al centro. He's "a man with emotion"...
Questo mi hanno fatto pensare le vostre considerazioni, attori, mentre ascoltavo il brano che vi allego sotto. Questo "uomo" va sostenuto, non "salvato".
Un grande testo per un grandissima interprete. director

Man In The Wilderness
Songwriters: Shaw, Tommy

Another year has passed me by
Still I look at myself and cry
What kind of man have I become?

All of the years I've spent in search of myself
And I'm still in the dark
'Cause I can't seem to find the light alone

Sometimes I feel like a man in the wilderness
I'm a lonely soldier off to war
Sent away to die, never quite knowing why
Sometimes it makes no sense at all
Makes no sense at all

Ten thousand people look my way
But they can't see the way that I feel
Nobody even cares to try
I spend my life and sell my soul on the road
And I'm still in the dark
'Cause I can't seem to find the light alone

Sometimes I feel like a man in the wilderness
I'm a lonely sailor lost at sea
Drifting with the tide, never quite knowing why
Sometimes it makes no sense at all

(I'm alive)
Looking for love, I'm a man with emotion
(And my heart's on fire)
I'm dying of thirst in the middle of the ocean
(I'm alive)
Sometimes I feel like a man in the wilderness
I'm a lonely soldier off to war
Sent away to die, never quite knowing why
Sometimes it makes no sense

Sometimes it makes no sense
Sometimes it makes no sense at all
Makes no sense at all, at all
Can't find the meaning of it all

Can't find a ...

Movie: Man In The Wilderness, in Leave your sleep, 2010, NATALIEMERCHANT.COM & NONESUCH RECORDS © MMX

Drammaterapia: lavorare con la nostra storia evolutiva


@ Bleu

Secondo il Mito, Prometeo rubò agli Dei il fuoco sacro per donarlo agli uomini e per questo fu punito orribilmente: incatenato sulle montagne del Caucaso, un’aquila di giorno gli divorava il fegato, che ricresceva di notte. Solo Eracle, l’Ercole romano, lo liberò dal supplizio.
Le Scritture giudaico -cristiane raccontano della cacciata di Adamo ed Eva dalle delizie dell’Eden dopo aver addentato la mela proibita.
La religione e il mito hanno sottolineato come, per la specie umana, la conoscenza e la sua diffusione siano state un’acquisizione che ha portato con sé anche una diversa consapevolezza del senso del dolore, della percezione della realtà e una visione più complessa della vita di relazione. Potrei parlare di “peccato di evoluzione”. Darwin ha largamente dimostrato che la natura percorre la propria strada senza un disegno preordinato, senza un obiettivo fisso. Io continuo a credere in Darwin e rifiuto le teorie creazioniste, ma questo è un punto di vista. E credo che ci sia più Etica, persino più spiritualità, nella teoria evoluzionistica che in molte religioni e filosofie. Vince il più adatto, non il più forte: basti pensare che il potente leone e la mite gazzella sono ancora oggi presenti sul pianeta, (nonostante l’uomo).
Se l’Uomo ascolta la ragionevolezza del suo cervello “rettile”, quello che gli suggerisce le azioni più coerenti con lo stato di natura, io credo che, in tal caso, l’Uomo sia buono.
La crudeltà gratuita è un lusso che gli animali non possono concedersi, è uno spreco di energia, energia che potrebbe essere più vantaggiosamente utilizzata per procurarsi il cibo, per la riproduzione, per la cura della prole, per la sopravvivenza del gruppo, obiettivi “positivi” anche per la società umana. Il desiderio di vendetta, il rancore, il risentimento, il desiderio di affermazione attraverso mezzi esterni e non attraverso le proprie risorse possono mai essere compatibili con i meccanismi di relazione degli animali?
Forse l’evoluzione delle capacità cognitive e relazionali degli animali ci ha tolto la semplicità della nostra vita da scimmie nude e il mito di Prometeo incarna questa punizione esistenziale.
Ma se consideriamo anche il linguaggio, l’espressione creativa, la complessità del pensiero, la capacità di risolvere problemi, come strumenti evolutivi in senso darwiniano, allora possiamo ritrovare anche il senso del nostro ruolo di fronte all’Universo, alla complessità del “fuori”.
Non più una Natura ostile, non più un capriccioso destino da sopportare, non più una giungla dove sopravvivere, non più cioè un avversario da fronteggiare, da vincere o da sopportare, bensì una danza infinita i cui entrare a far parte che offre mille occasioni di esperienza.
I mistici orientali hanno ben teorizzato questo aspetto: c’è un senso di vita che anima il mondo e noi ne siamo una manifestazione. L’individuo non è solo, deve riconoscere in sè il legame con la natura e gli altri esseri, e se viene meno questa percezione, si cade allora nel peccato più grave: la disarmonia con il cosmo, punizione peggiore del supplizio di Prometeo.

Drammaterapia: tra vivere e governare la vita


@ Nero

Libertà, leggerezza di piuma, pesantezza dell’essere.
Caro director, come posso non apprezzare i tuoi scritti, che cercano di dar luce alle ombre della nostra esistenza, facendo considerazioni giuste, anche se a volte, dure da accettare.

Già, è duro condividere il pensiero di chi, in un certo qual modo, sovverte le regole e ribalta il tavolo zoppicante per andare alla ricerca di un tavolo nuovo; magari più piccolo ma più solido e stabile. In fondo alla condizione di "peccatori" ci eravamo abituati, come ci siamo adattati alla condizione di animali che agiscono in un istinto di sopravvivenza, sottomessi all’ineluttabile volontà di un destino volatile e capriccioso, malvagio o gioioso.

Accettando la tua interpretazione dell’esistenza legata ad un’autocoscienza che ci pone sempre e comunque di fronte alle nostre responsabilità, ci si deve far carico delle proprie scelte, si devono accettare i propri errori, si deve, per farla breve, accettare la necessità di VIVERE. Parola stupenda e spaventosamente grande, perché racchiude un insieme tale di altri verbi, aggettivi e sostantivi, da poterci scrivere un libro, e perché una delle domande a cui l’uomo forse non troverà mai risposta è proprio questa. Perché viviamo? In fondo il senso che diamo alla vita è si legato a ciò che facciamo dal momento della nascita in poi, ma  anche alla fine della stessa e alla paura di morire…
Ed ecco affacciarsi il bisogno irrazionale di delegare a qualcun altro il nostro destino, il bisogno di religiosità, aver fede, credere in qualcosa di soprannaturale, salvifico e buono, giudice e castigatore. In nessuna cultura, razza, etnia, società civile o allo stato primordiale, in nessun luogo sul pianeta che abitiamo, esiste un popolo, una tribù, un nucleo di persone che non adorano, venerano, si prostrano, si sacrificano in nome di uno o più dei e di una fede. Vorrà pur dire qualcosa? Ed allora la libertà, nel senso lato del termine, quella intesa come ricerca di un’autocoscienza, come presa di posizione consapevole verso la vita e il mondo che ci circonda, può diventare un peso, se non abbiamo gli strumenti per supportarla.
Arrivano ad aiutarci i comportamenti eccessivi rivolti a tamponare e nascondere i nostri difetti, e a farci credere di essere liberi, ma prigionieri delle nostre paure. Sono libero di prendere e fare ciò che voglio, comprare, viaggiare, ecc.. dotandomi del denaro necessario. Mi assumo responsabilità legate al quotidiano, perché necessarie all’obbiettivo, ma rinnego i sentimenti e le mie necessità interiori. Oppure sono libero di muovermi senza tener conto degli altri e del loro pensiero, i miei rapporti cambiano ed evolvono secondo le mie personali necessità, e non mi assumo responsabilità legate ai rapporti che ho con loro e con il quotidiano.
In altri casi rifiuto la realtà e mi rifugio in un ideale mondo fatto di sogni. E ancora per paura di muovermi e far danni mi rifugio in un immobilismo che rende la mia vita una prigione a cui io stesso ho messo le sbarre. In ogni caso il peso dell’autocoscienza ci condiziona e ci “zavorra” l’esistenza. Che dire della nostra società relativista, in cui tutto ha un prezzo, e in cui gli scandali ormai all’ordine del giorno fanno gridare “vergogna”! Scandali che coinvolgono uomini politici, religiosi, gente di spettacolo, malavitosi, in un mix indistricabile di rapporti governati dall’unico obiettivo di avere denaro e potere a dismisura.

In questa società, dicevamo, le sette religiose prolificano, ai maghi si rivolge il 30% della popolazione dai 18 anni in poi, si gioca e ci si rovina economicamente cercando il bacio della Dea Bendata mentre lo Stato lucra.Questo bisogno di soprannaturale è forse l’altra faccia del materialismo?
E’ una visione delle cose del tutto personale.. Mi sta bene così, forse perché sto cercando di capire cosa è veramente importante per vivere.

lunedì 17 maggio 2010

Drammaterapia: l'Inganno della Libertà (parte seconda)

Atelier LiberaMente, Modulo Danza-Movimento, Aprile 2010
@ director

Abbiamo detto che l'autocoscienza, questa consapevolezza dell'esserci (ma il distinguo sarebbe ancora più complesso), è l'elemento che nella nostra esistenza ci rende fragili. Ma analizzando bene, noi siamo "fragili", "forti", "coraggiosi", "prudenti", come qualsiasi altro animale su questo pianeta, perchè "parentesi vitali" in un discorso dove i "puntini" prima e quelli "dopo" appartengono ad un universo fisico che "se ne sbatte di noi" -scusate l'espressione-, come l'amico, la compagna, il professore, il datore di lavoro, il venditore e l'acquirente, ecc. ecc. Proprio in tutti questi rapporti invece vorremmo dimostrare che  il senso che noi diamo alle cose, trascende le stesse ed esiste di per sè. Etica, Filosofia, Religione, Fede e Scinenza confortano l'uomo in questa dinamica, anche se abbiamo inscritto in noi il "peccato originale" dell'essere pensanti, della conoscenza. E quando questo ci viene ricordato da qualcuno, che "ci fa male", Sole, come non pensare che il mondo ci rovina la vita? E, d'altra parte, quando io stesso mi trovo impotente a fronteggiare una difficoltà, come non pensare che sia proprio io quello "sbaglio" vagante in cerca del colpevole?
A volte, il nostro percorso di vita ci ritrova fragili e stanchi, vulnerabili ed è facile che tutto diventi potenzialmente "persecutorio" -la lontana traccia di quel primitivo peccato da scontare, la scintilla dell'"IO SONO". Che sia il destino o l'interlocutore davanti a noi. Anzi, vi è spesso proprio il bisogno di eleggerla a "nemico", dentro o fuori, quella ragione dei nostri bisticci con la realtà.
Dissolversi come una nuvola nel cielo e diventare poi quello, è un tentativo di "amicizia" con la realtà. Nei nostri incontri, più volte insisto sulla preziosa possibilità che abbiamo -solo a rendercene consapevoli- che a questo punto dell'evoluzione, non si può tornare indietro certamente allo stato di felice esistenza della natura di Rosseau, nè bisticciare, come bambini ingenui, sulla natura "buona" o cattiva dell'uomo. Scientology lo pensa fondamentalmente "buono" quest'uomo, le religioni ce lo predicano potenzialmente "peccatore", la morale...ecco la morale può aggiungere qualcosa. Dovremmo provare a vederla, senza il positivista primato dell'uomo sulla natura che ancora e sempre avrà la sua audience, quale "riscoperta" di quanto abbiamo già scritto dentro in un cervello antico che ci "governa" più di quanto pensiamo, quello "rettile" e che tuttavia funziona compreso del fatto che non sono l'unico "serpente" sul pianeta, che ho un istinto di sopravvivenza, di gruppo, di specie, di morte...con l'"avvento" della coscienza. L'avvento dello "spirito", quello della autoconsapevolezza, i due temi sono cresciuti insieme e cercano un adattamento nuovo. Intanto la realà si è complicata, perchè parcellizzata in un relativismo che nulla concede al "pensiero", se non è legato al "possesso" di essa.
Il viaggio che promette la drammaterapia, per nulla schivo del "rito" con gli altri, della paura e del coraggio sperimentate, può far riepilogare i nostri atti passati e quelle che presentifichiamo sempre, nella dimensione del gruppo, e quella della cultura, senza passarli al setaccio di un lettino psicanalitico, senza addormentarli (semmai questo avviene) nel fanatismo di un'idea e forse; a volte anche facendoci volare, come dice Astra, Azzurra e Beatrice come una "innocente" piuma.

domenica 16 maggio 2010

Drammaterapia, Fondazione del Gruppo

Atelier LiberaMente
Aprile 2010

Drammaterapia: quando non è questione di tecnica...


@ Azzurra

Carissimi tutti, il director nel nostro ultimo incontro ha detto una cosa che mi ha fatto riflettere molto, e che suona più o meno così: “...potrete anche fallire, perdere il lavoro, essere isolati e abbandonati, ecc…ma questo non vi distruggerà, non vi piegherà più”.
Io sono sempre stata dominata dalla paura, paura di perdere le sicurezze faticosamente conquistate, e paradossalmente, più ne conquistavo più paura avevo. E ho sempre cercato di superare queste paure razionalizzandole, dicendomi “è davvero una catastrofe se accadesse quello che temo mi accada?”. Questa tecnica funzionava; infatti fra alti e bassi, sono arrivata ad oggi con la consapevolezza di aver fatto, comunque, un cammino di crescita.

Ma ancor prima di arrivare all’atelier, sospettavo che ci fosse una strada più semplice, più vera e magari anche più piacevole, per affrontare i problemi quotidiani. Questo sospetto ha avuto conferma con voi e con il director. Abbandonando il controllo, sciogliendo l’imposizione, lasciando fluire le emozioni e la fantasia, ho sentito venir fuori possibilità sconosciute, risorse insospettabili, ed ecco che, senza fatica, la stessa situazione che ieri mi spaventava oggi la sento più confortevole. La vivo da una posizione diversa, sentendomi meno minacciata e più curiosa. Immergendomi nello stupore di una chiave di lettura diversa, di un ruolo a me non familiare, ma proprio per questo più stimolante.
Voglio continuare questo cammino, senza stare nemmeno troppo a definirlo. Essere piuma, nuvola…sifone! Che sia! Dopo aver superato lo shok del senso del ridicolo, dopo aver macinato il cattivo pensiero che una volontà superiore stia godendo del tuo sentirti ridicolo, dopo aver esaurito anche il tremore e il sudore che proviene dalla famosa ansia da prestazione, resta qualcosa di magico: una possibilità in più, fino a quel momento sconosciuta. Fino a ieri non sapevo cosa si provasse ad essere una piuma, ora si. E questa consapevolezza comporta delle conseguenze: intanto potrò di nuovo essere una nuvola ogni volta che vorrò. E poi, con la stessa facilità, decidere di trasformarmi in cielo, o perché no, in fiume. E questo essere “altro”, oltre a quello che ho sempre pensato di essere, mi fa sentire più forte, meglio equipaggiata nelle varie situazioni che mi si presentano nella vita di tutti i giorni. Un abbraccio a tutti voi, al cuore e alla determinazione che state mettendo in questa ricerca, che contribuisce ad arricchire anche il mondo. Grazie Director!