L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







lunedì 3 maggio 2010

TEATRO-LABORATORIO DI DRAMMATERAPIA: ''L’APPORTO DI GROTOWSKY ALLA DRAMMATERAPIA'', CONDUCE E. GIOACCHINI

Roma, 7 maggio 2010, h. 20.30
Teatro Laboratorio per gli allievi 1 anno Atelier Liberamente, aperto al pubblico

In questo seminario-laboratorio teatrale, attraverso l'analisi del contributo del “teatro povero” di Grotowsky alla drammaterapia, lo psicoterapeuta e direttore dell'Atelier "Liberamente" E. Gioacchini analizza e sperimenta con il pubblico la duttilità dello spazio scenico, la sua pericolosa estensione, il contenimento finale di un processo che non scopre ma rivela. “Eliminando gradualmente tutto ciò che è superfluo, scopriamo che il teatro può esistere senza trucco, costumi e scenografie appositi, senza uno spazio scenico separato -il palcoscenico-, senza gli effetti di luce e suono, etc. Non può esistere senza la relazione con lo spettatore in una comunione percettiva, diretta. Questa è un'antica verità teoretica, ovviamente. Mette alla prova la nozione di teatro come sintesi di disparate discipline creative; la letteratura, la cultura, la pittura, l’architettura, l'illuminazione, la recitazione” (Jerzy Grotowski). Lezione difficile, ma proprio per questo entusiasmante, quella di Grotowsky; riflessione profonda questa del “Teatro Povero” del grande regista verso l’autenticità per l’uomo di teatro, che sia attore, regista e perfino autore; uno stimolo indiscutibile al lavoro con se stessi, oltre l’aspetto performativo, nel caso della drammaterapia. Con la nozione di “teatro povero” Grotowsky intendeva un teatro in cui la preoccupazione fondamentale fosse il lavoro dell'attore con il pubblico, non l'allestimento scenico, i costumi, le luci o gli effetti speciali. Nella sua ottica questi ultimi potevano pericolosamente costituire delle trappole che, se capaci di intensificare l'esperienza teatrale, non erano però necessari ai fini del nucleo del messaggio che il teatro deve generare. 'Povero' significa eliminazione di tutto ciò che non era necessario e che lascia l'attore 'spogliato' e vulnerabile.

Vi è qualcosa di incomparabilmente intimo e fruttuoso nel lavoro che svolgo con l’attore che mi è affidato. Egli deve essere attento, confidente e libero, poiché il nostro lavoro consiste nell’esplorazione delle sue possibilità estreme. La sua evoluzione è seguita con attenzione, stupore e desiderio di collaborazione: la mia evoluzione è proiettata in lui, o meglio, è scoperta in lui, e la nostra comune evoluzione diventa rivelazione [...]. Un attore nasce di nuovo - non solo come attore ma come uomo - e con lui io rinasco. E’ un modo goffo di esprimerlo ma quello che si ottiene è l’accettazione totale di un essere umano da parte di un altro“.

Ed ecco allora il salto vertiginoso, ma insieme, responsabile che dal rapporto con se stessi, attraverso l’autenticità, passa a quello proprio della relazione con il mondo, il pubblico nel teatro, la realtà così come concepita e reinvestita nel “fuori”, nel caso dell’attore che reciti in drammaterapia. Contro ogni inerzia, abbandono pigro dell’energia e del rischio, Grotowsky spinge alla responsabilità del proprio ruolo e di quello del personaggio che vive e convive nell'interprete, della persona capace di mettersi in gioco. Direi impudicamente; perché neanche più coperta dall’alibi della mimesi psicologica con il carattere, come suggerisce Stanislavskij, ma tuttavia scevra dell’istrionismo isterico che opprimerebbe ogni autenticità.

Povero il teatro ed in bilico l’equilibrio dell’espressione artistica, così condivisa tra spontaneità del proprio essere e accorta disciplina del proprio lavoro di attore. “Grotowski mi disse che quando Stanislavskij aveva analizzato questo pericolo, si era accorto che quando un attore conosce bene la sua partitura di azioni fisiche, per impedire di decadere, col passare del tempo deve frazionare la stessa in azioni più piccole facendola divenire più complessa. L'attore non deve cambiare la sua linea di azioni, piuttosto deve scoprire all'interno della stessa gli elementi più piccoli, cosicchè la linea di azione originale Eravamo di fronte alla nostra comune umana debolezza: la discesa dovuta alla pigrizia interiore. Per padroneggiare un qualunque mestiere si deve sviluppare la capacità di superare e sfondare questa pigrizia interiore. Grotowski mi disse che quando Stanislavskij aveva analizzato questo pericolo, si era accorto che quando un attore conosce bene la sua partitura di azioni fisiche, per impedire di decadere, col passare del tempo deve frazionare la stessa in azioni più piccole facendola divenire più complessa. L'attore non deve cambiare la sua linea di azioni, piuttosto deve scoprire all'interno della stessa gli elementi più piccoli, cosicchè la linea di azione originale diventi più dettagliata" (Thomas Richards). Commento più che pertinente nelle parole di Thomas Richards al modo di lavorare del regista polacco. L’atto di recitazione, che avvenga nella minuziosa analisi del gesto, con la dolorosa coscienza del processo di “restituzione” al pubblico di quel “personaggio” che ti ha dato la possibilità “altra” da te di essere te stesso o nello speciale stato di trance creativa che Grotowsky sottolinea, comunque è sfida di un limite e contemporanea coscienza della sua esistenza. E’ qui che il “come se” del teatro Grotowskiano significa in modo fondamentale il lavoro del processo drammaterapico. La coscienza di maschere obbligate, responsabilmente reindossate o sostituite, che si offrono a disvelamenti nello spazio significativo con l’altro.

Il laboratorio è aperto agli allievi dei corsi, ma anche al pubblico interessato. Informazioni e prenotazioni per l'ingresso gratuito a info.atelier@dramatherapy.it o telefonando al 3403448785

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