L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







mercoledì 30 giugno 2010

Drammaterapia: Restituzione d'Amore

Madre (Astra), Figlia-Madre (Sole), Figlia (Azzurra) nella Breve Piece
Drammaterapica Il Doppio Volto delle Storie, 25 Giugno 2010
@ Sole

E' sorprendente come il passato e presente si fondono e, mentre tutto scorre, i ruoli si alternano, la bambina curiosa della vita si tramuta in madre e resta figlia, mentre quella parte di bambina giocosa, è rimasta addormentata tra le pieghe di un abito troppo corto per poter essere indossato. Quante occasioni perse per cose non avute, nè date, perché non recepite o forse, semplicemente non colte, quando il tempo poteva essere fermato nell'immagine di momenti preziosi da ricordare. Puoi restituire amore nella misura in cui ti è stato dato, oppure attingere dal profondo del cuore e dare incondizionatamente, come è giusto che sia. Non sono più la bambina di un tempo lontano, come lontani sono i ricordi spensierati. La figlia è doppiamente madre, non c'è spazio per lei se non quando qualcuno dice "tempo scaduto", allora viene in aiuto il sogno per riabbracciare una madre e poterle dire "ti voglio bene".
Grazie Astra, madre amorevole e grazie Azzurra, figlia dolcissima.

martedì 29 giugno 2010

Drammaterapia: La Danza delle Ore

















@ director

La Danza delle Ore di Amilcare Ponchielli (1834 -1886) è il sogno ad occhi aperti che mi ha suggerito la vostra “Danza Generazionale” nell’ultimo incontro. Nella vostra piece drammaterapica breve, tre donne a percorrere la staffetta della vita, senza la fretta di una gara, ma piuttosto quella del tempo che scandisce le stagioni di una generazione, passando il comando alla successiva. I “passaggi” cesellati dal gioco delle mani di una madre sulla figlia e poi di quest’ultima sulla bambina che l’ha resa madre e che vedrà ripetere tutto all’infinito. Esattamente come nella Danza delle Ore, dove queste preparano giocando quelle successive, dall’Aurora, al Giorno, al tempo del Vespro, a quello della notte. Lì il mistero.

Era il 1960. Ancora c’era il Papa Buono, John Fitzgerald Kennedy ed anche Marylin Monroe era viva. Per la mia Prima Comunione avevo ricevuto in regalo da due mie cuginette, più grandi di me, un “mangiadischi”, e tre, quattro dischi 45 giri in vinile: Storie del Bosco Viennese, Sul Bel Danubio Blù, La Danza delle Ore, e si…certo anche Da Da Umpa e, sul retro”, “La Notte E’ Piccola Per Noi”. Probabilmente proprio queste prime infantili suggestioni, ad otto anni, mi avrebbero fatto amare la musica classica (a parte il mio successivo percorso di rocchettaro con la mia Band!). Si, le suggestioni dei nostri primi anni possono molto, persino dirigere, se è vero che due anni dopo nelle campagne dei miei nonni, alla periferia di Roma, passavo il tempo a recitare in solitaria il Testamento di Cesare di Marco Antonio. E quali sono quelle di una madre che passa silenziose consegne alla figlia, quali quelle che ancora andranno avanti in un silenziosa rincorsa e complicità tra biologico e culturale? Mani e sguardi per la consegna del “mondo” sono disposto a scommettere io e poi questa consegna a confortare quest’uomo, che sia maschio o femmina poco importa, perché tuttavia qualcosa porta avanti il “sogno” dell’altro. Ecco, la vostra "danza delle ore", nel tempo del giorno e della notte di ciascuna anima, quando lascia in eredità il mondo al proprio figlio, che sia proprio o sia, come dice il saggio Jono, “di tutti”. Appena iI tempo di un sogno, grazie a questa incredibile e così reale illusione che è la nostra vita.

Siete state delicate, Astra, Sole ed Azzurra, sulle note di Crystal Ambience, mentre tempo e gesti scorrevano. Dialogo...poco, a meno che non si parli di sguardi, del gioco delle bambine sulla propria bambola, della presenza dell'amore che non chiede racconto per esistere.

lunedì 28 giugno 2010

Drammaterapia: mentre fingiamo la vita, ritagliamoci uno spazio di autentico sogno!

@ director

Gianni ci scrive del "tempo"...Il tempo "dentro", teoricamente, non ha la scadenza del tempo "fuori" e proprio per questo (per il più esperti del nostro CDIOT) nascono i problemi e le fortune nel processo In-Out del teatro che usiamo! La coscienza dell'Io, da una parte, ci pemetterebbe di gestire le situazioni quando i nostri tempi sono sfalsati tra desiderio e rinuncia, ad esempio; ma poi, quella meravigliosa macchina pensante che noi siamo ha anche un inconscio che spesso non ci sta alle decisioni che si prendono, che rigurgita "fantasmi", ma altrettanto spesso anche "sorprese", che confonde sogni e realtà. Se noi prendiamo atto delle nostre difficoltà, allora il "tempo scaduto" non ti tirerà verso la deriva del "perso per sempre", abbandonato, ferito, rapito...e tutto sarà ancora possibile. Forse in modo differente, ma possibile. La tua interpretazione di venerdì, Gianni, mi ha commosso nella sua bellezza, eri nudo, povero di prove, anzi privato di ogni preparazione e tuttavia hai "abitato", riempendolo, quello spazio da "vero" attore.  Ecco la giusta situazione (perchè in drammaterapia) dove portare la propria "storia", stralci impensabili di essa, senza strumentalizzazione ai fini della performance, ne enfatizzazioni recitative che parlano troppo di noi -Landy la chiama distanza estetica. Anzi, mi hai anche confortato dall'emozione negativa sperimentata poco prima in altra situazione. Ma la vita è così. Hai dimostrato a tutti ed a me che il processo drammaterapico lavora e te ne sono grato con gli altri. Ti rivedrai presto nel video, con i tuoi carissimi compagni di lavoro, bravi anche loro; tu hai mostrato di essere cresciuto nella tua bellissima imperfezione! Quale paradosso, questo rimando costante a quanto può essere colmato, senza la presunzione di "riempire". Ebbene...che si continui così!

Drammaterapia: Tempo Scaduto o Meno

In primo piano, Gianni D Angelis nella parte del Kamikaze, dalla omonima piece
drammaterapica, soggetto di F. Covelli, Arrangiamento e Regia di E. Gioacchini,
11 Aprile 2010
@ Nero

Sogno una realtà diversa, sogno un incontro o il raggiungimento di un obiettivo.
Sogno e mi procuro una spinta che alleggerisce il peso della vita, o semplicemente la arricchisco di desideri, speranze e, a volte, stravaganze. Sogni appunto.
Sogno come espressione onirica dell’inconscio, come depuratore notturno del carico accumulato nel quotidiano, o semplicemente sogno come fuga.
A complicare tutto ciò, l’ipnosi; visione reale, partecipazione tangibile di noi che viviamo una realtà immaginata, staccata dalla vita reale ma comunque vera e partecipativa del nostro corpo e dei sensi che ci agganciano alla vita, ma comunque travasati fuori di noi stessi e guidati dal nostro inconscio.
In tutti i casi il confine tra l’immaginario e il reale è così sottile che sembra di assistere all’incrociarsi di due sinusoidi –una rappresentante il sogno, l’altra la vita reale- il cui percorso a volte, può essere confuso.
Maria, Adelaide, Lucia, Francesca, Liliana, Tatiana… Porca p…!
Sogno o immagino donne che parlano, agiscono, si comportano come la mia…
Si preoccupano e si agitano come nella realtà, mi piacciono e mi infastidiscono come nella vita di ogni giorno
Ma la cosa stupefacente è che la mia attuale compagna le contiene tutte, solo che per una serie di umane alchimie, lei non le vuole mostrare, io ho paura di scoprirle, e il sogno viene in mio soccorso. E nella mia mente, la voce femminile fuori campo risulta così naturalmente familiare che le risposte che escono sono l’espressione più veritiera del mio essere.
Ma allora qual è la verità? Quanto tempo ho per scoprirlo?
Fortunatamente non c’è nessuno che mi dice: "Tempo Scaduto"!

sabato 26 giugno 2010

Drammaterapia & la Danza delle Generazioni

Cari "miei, vostri" attori dell'Atelier Liberamente e del CDIOT,

mentre mi accingo a riversare video-riprese, e ultimare la preparazione del prossimo laboratorio (importante perchè giocherete quanto dell'ipnosi appreso, insieme alla capacità di improvvisazione ed espressione recitativa guidata), desidero congratularmi per il lavoro, assolutamente imperfetto -lo sappiamo, come non poteva che essere-, ma sincero che avete fatto ieri. In tutti i "recitanti" ho colto spunti di importante performance. Con Azzurra -mi era seduta vicina- abbiamo trattenuto all'unisono la tentazione di applaudire ad alcuni passaggi "gloriosi" di Nero, limitandoci al gesto contratto. Blue è stata superba nella parte della voce fuori campo che dialoga con il personaggio allo specchio. Astra e Sole hanno profuso di dolcezza e malinconia insieme noi che cercavamo di capire cosa stesse avvenendo nel passaggio breve, ma così lungo, da una poltrona allo spiazzo dei giochi a terra della bambina. Azzurra, attrice oltre ogni sua aspettativa credo -ma certamente oltre le mie-, con una intensa improvvisazione -è vero, punita amaramente-, davvero bella e che il video di stamane mi ha ridato sconvolgente nel suo verismo -gioco mimico-espressivo direi inimitabile, brava! E bravi gli spettatori, sempre generosi a prodigare di applausi e partecipazione nella danza finale tra i fili d'oro "generazionali", della Madre, Figlia-Madre e Figlia. E "bravo" se lo prende da solo, anche il director, che, dimentico di una frattura recente alla caviglia, ancora in riabilitazione, ha fatto "finta" di danzare con la finta-folle, perchè il suo delirio fosse accettato, finalmente e non escluso o messo alla porta. Andrea, buone anche le tue serene e professionali riprese video. Momento di decantazione del tutto ora. Riposte bambola, cerchio, fili d'oro, a ricordarci che la vita è quella di fuori, anche se a volte prendiamo il microscopio, avvicinandoci, od usiamo il telescopio, dopo esserci allontanati, per vedere meglio... quello che accade dentro ed indietro noi. Grazie, director

venerdì 25 giugno 2010

giovedì 24 giugno 2010

Drammaterapia: Psicosomatica di scena!

Director e Nero, Foto di scena da "il Kamikaze", 11 aprile 2010
@ director

Domani, di Psicosomatica si parlerà attraverso corpo & anima di voi attori, giacchè è psicosomatico a volte un sintomo fisico, sono tutte psicosomatiche le nostre emozioni espresse attraverso il corpo. Forse fa eccezione lo sbadiglio; ma non quello da contagio, ad esempio, trasmesso da chi ci è vicino, mentre lo “esegue”, perché, in quel caso, la riproduzione del gesto dell’altro passa per la nostra percezione e riflesso psichico.

Il corpo dell’attore non è un contenitore di emozioni, né quest’ultime possono ovviamente esistere senza il suo corpo. L’attore che recita è dunque l’espressione figurata (ma sensibile e vivente) di quanto la realtà psicosomatica sottenda l’intimo collante tra il nostro gesto ed il “significante”. Egli è simulacro dell’esperienza umana; un cristallo che si offre specchio alla nostra presenza, che fa potenzialmente vibrare allunisono chi assiste, come un cristallo. Ciò a cui si assiste, in effetti, è lo “spettacolo” del teatro, quell’incontro assolutamente partecipativo tra recitante e spettatore (Grotowsky), incontro “costitutivo” intendo dire.
Per questo ho scelto di parlare di psicosomatica e attraverso due brevi pieces, estemporanee, se si valuta che le ho scritte negli ultimi tre giorni, ma significative se descrivono intimamente il punto di arrivo ed insieme partenza di alcune tematiche venute allo scoperto nel nostro lavoro con la dramma terapia. Il processo drammaterapico scava, esplora e porta alla luce attraverso passaggi e percorsi che sono psichici e fisici e relazionali. Lo spazio delle significazioni, allora, si estende oltre l’anima ed il corpo del soggetto, permeando e modulandosi nell’esperienza con l’altro. Anche questo spazio-tempo più dilatato diventa psicosomatico, alla stessa stregua di quanto lo è, per un soggetto allergico alla lattuga, leggere la parola “lattuga” su una rivista. Le nostre crisi allergiche, nel lavoro della drammaterapia, ci parlano di noi separati o negati, inespressi. Guai a dare un antistaminico, come rimedio, peggio che mai il cortisone! Questo aiuterebbe perversamente a sopportare per sempre il compromesso delle malattie dell’anima.
Perché la psichiatria organicista, quella che impiega i farmaci per intenderci, utilissimi, anzi in alcuni casi indispensabili per alleviare le condizioni di chi soffre, non ascolta con una certa continuità e frequenza le parole che sgorgano dalla sofferenza e che riproducono in modo drammatico le condizioni d'esistenza di ciascuno di noi, e in modo vertiginoso alcuni abissi che solo l'arte, la poesia, la musica, la mistica fanno dischiudere, chiedendo spesso il sacrificio dell'artista, del poeta, del musicista, del mistico?”
Umberto Galimberti. Scoprire Il dolore dell'anima,“"La Repubblica", 12 febbraio 2007

lunedì 21 giugno 2010

Autoipnosi: Natiche e Sogni

Azzurra e il director sollevano Sole, Hypnodrama da "il Kamikaze",
CDIOT Aprile 2010, primo laboratorio Atelier LiberaMente
@ Azzurra

Gioisco con voi per la vostra bella serata, che tanto vi ha dato.Mi dispiace di non esserci stata, ma mi godo il ruolo della spettatrice. Mi mancate, mi manca la possibilità che tutti voi mi date di essere diversa e di emozionarmi a ruota libera.

Nei nostri incontri, mai tutti uguali, ho portato le mie paranoie, la mia paura, le mie fragilità, la mia allegria un pò "isterica", e comunque è sempre uscita una parte di me più lucida, più vera.

Le parole di Faber mi hanno colpito molto, la sua esperienza, per me inimmaginabile, gli ha restituito l'idea della vitalità, dell'esserci in tutta pienezza. E questo messaggio potente mi ha toccata e mi fa desiderare di ripetere ancora, e ancora, i miei esercizi di vita: mangiare, dormire, fare l'amore, correre, piangere, ridere, cantare, ragionare, e ridurre ai minimi termini quel brutto e ahimè molto conosciuto, esercizio del giudicare e del giudicarmi.

Libertà un giorno, chiacchierando, mi ha confidato la sua opinione sulla consapevolezza corporea: si può guardare ma non vedere, bere e non rendersi conto di afferrare il bicchiere e portarselo alla bocca, parlare e non accorgersi di comunicare. Io ad esempio, più penso a quello che faccio e a come lo faccio, più paradossalmente sono "assente" per l'altro (l'altro che è anche la me stessa più profonda, con le sue reali esigenze affettive). Sto scoprendo con voi che abbiamo delle armi di consapevolezza che personalmente finora ho utilizzato pochissimo: l'intuito, l'improvvisazione, il paradosso, la curiosità del nuovo, l'arte, la leggerezza...e si perchè, io sono qui che sviluppo il mio scritto col computer che mi frigge le cosce, e c'è giorgio che mi sta accanto con la panza all'aria. E mica posso non dirvi che lui, ogni tanto si volta, mi guarda e mi dice che ha l'aria nella panza. E ti credo, con tutto il melone che ti sei mangiato,...io ne ho mangiate tre fette, mica poco! Infatti mi domando, ma dov'è andata a finire la mia aria? Forse nei seni...paranasali, che avete capito. L'otorino mi ha detto che li ho gonfi e mi ha segnato due spruzzi al giorno a narice di un cortisone che si espelle. Nel senso che lo spruzzi, fa il suo dovere di cortisone, sgonfia i seni, poi se ne va in uno dei canali di cui disponiamo, linfatico, sanguineo, che ne so, insomma prende una strada e sparisce senza lasciare traccia. Ma il dottore mica me lo ha messo per iscritto che è così che stanno le cose.

E se un atomo di cortisone si legasse a un atomo di adipe della mia natica destra, così tanto per dirne una? E si rifiutasse l'espulsione e facesse la fuitina con lei, la mia potenziale cellulite? Mi toccherebbe ospitarlo, e vedere se anche lui ha qualcosa da dirmi, da insegnarmi. Quindi lo accolglierei, ma porrei come condizione che mettesse da parte quella sua prosopopea da medicinale che cura tutte le malattie. Dopotutto è solo una cellulina piccola e insignificante e mi dovrebbe firmare l'accettazione delle regole della casa: che poi è una regola sola, e cioè "io sono l'insindacabile signora e padrona di tutto il cucuzzaro". E allora dopo la sua firma gli imporrei di usare il preservativo nei suoi amplessi con l'adipuccia innamorata. E se il signorino, nonostante la firma col sangue, violasse la regola e ingravidasse l'adipuccia - già appartenente ad una numerosa famiglia di altre cellule adipose, colonizzatrici di vecchia data delle mie terga - e quest'ultima sfornasse un mezzo milione di altri grassi atomini pronti ad allargare la mia taglia di due misure...con chi me la dovrei prendere? col dottore? Col cortisone disubbidiente? Ma per favore! Con la mia testa! E li che sta tutta l'aria...la mia testa ha voglia di volare come un pallone aerostatico, butto le zavorre e lascio che voli. E dall'alto tutto mi sembra più essenziale, più utile, più saggio! Le invidie, gli sgarbi, le noncuranze non esistono, si vedono le città, i fiumi, i laghi, il mare e tutto ciò che di buono e di cattivo conta ed è reale. Posso vedere anche le persone e sono tante, posso avvicinarmi ad ognuna di loro, entrare nel loro mondo e lasciarle entrare nel mio. E quando questo avvicinamento è più bello degli altri dire a me stessa... speriamo che il tempo regga!!!


Un abbraccio a tutti, e grazie Director!

@ director

Incredibile, da due rive differenti (tu non c'eri e Blue invece ha partecipato), due degli ultimi post spaziano dal macrocosmo dei comportamenti al microcosmo delle cellule che li contengono. Adipe o muscolo, osso o assone nervoso...sembra che anticipiate il viaggio nella psicosomatica del prossimo laboratorio, con due scritti formidabili, in un brainstorming di stimoli ricevuti dagli altri e processati nel migliore dei modi. Credo comprendiate quale forza ha soffermarsi a riflettere sui fenomeni ed allargarli dentro di noi...L'ipnosi ha questo privilegio: di far sposare la nostra anima più antica e primitiva con l'Io razionale, coniugazione che non chiede "profilattici" per proteggersi (sei incredibile Azzurra), ma si meraviglierà sempre delle sue possibilità...anche se androide del 4° tipo (blue)!
E' vero, forse lo hai letto, alcune medicine si coniugano con alcuni enzimi e rallentano i processi metabolici, si può arrivare a misurare anche 180 di natiche, che poi sarebbe il doppio della misura ideale! Eppure, il pensiero può arrivare a sciogliere legami perversi, tra alimenti, medicinali e persone! Oppure fare moltiplicazioni delle energie, senza l'ausilio di alcun calcolatore! Abbasso il cortisone (se non serve) ed evviva la pienezza di cui state discutendo.

Autoipnosi: "...sarei rimasta ancora lì per un pò..."

Sole, Hypnodrama su "il Kamikaze", CDIOT Aprile 2010
@ Sole

La serata di venerdì  scorso ha lasciato spazio alle riflessioni, come sempre accade ... Ho seguito le indicazioni del nostro director che ci dirigeva nelle acque di un mare basso, limpido e cristallino "così io l'ho immaginato", che non poteva preoccupare neanche un bambino, bastava riuscire ad immaginarsi di camminarvi sopra, ma come è difficile ingannare la nostra mente, la razionalità è sempre lì a dirci cosa fare e la paura dell'ignoto ci blocca anche nell'immaginazione. Allora evitiamo i pericoli, gli ostacoli, azzardiamo senza rischiare troppo e perdiamo le cose belle della vita, negandoci delle altre possibilità. Come poi accade dopo queste esperienze, la sensazione che rimane è di assoluto benessere,di leggerezza, la stessa che ho provato lasciandomi scivolare nell'acqua, calda e avvolgente come nel grembo materno. Solo poi rivivendo nel briefing l'esperienza, il director mi ha condotto oltre la barriera corallina, che tanto mi spaventava e di colpo, mi sono ritrovata nell'abisso del mare di un azzurro intenso, bellissimo, amico, con le alghe che mi accarezzavano mentre mi lasciavo ondeggiare dalle correnti marine, sarei rimasta ancora lì per un po, troppo presto il director mi ha riportato in superficie. E' stato tutto molto bello, grazie al director e alla presenza di Nero che mi ha accompagnato in questa avventura. Un abbraccio e un grazie a tutti voi.

Autoipnosi: se si decide di "vedere"...

Blue (Maria Pina Egidi), nella parte de "il Narratore",
da il Kamikaze,  CDIOT, aprile 2010
@ Blue


Il prototipo umanoide, denominato con il codice drammaterapia.bleu, stava immobile sotto il sole di mezzogiorno, nella spiaggia di Perissa, isola di Santorini, Grecia, e guardava davanti a sé un paesaggio affollato da manichini, nascosti sotto il simulacro di ombra che offrivano i consunti ombrelloni di paglia dello stabilimento. Nella testa, stralci di parole abbinate senza senso, brani tratti da libri o da canzoni, riesumati dall’archivio morto della sua caotica coscienza. “Mi fido di te” , “il viaggiatore viaggia solo”, “quel ramo del lago di Como”, “l’essenziale è invisibile agli occhi…”…..Ma forse non erano brandelli di letture rievocate o di brani ascoltati , erano dati immessi nell’operazione di data entry, che completava la realizzazione di androidi perfetti, efficienti ed efficaci, identici, ma non uguali agli esseri umani.
Androide senziente o umano imperfetto? Erano ricordi ed emozioni vere a guidare bleu o erano sofisticati programmi di simulazione esperienziale?
Non ricordava come era arrivata a quella metafora di “ultima spiaggia”, evidentemente c’era stato un salto spazio temporale causato dalla perturbazione magnetica delle tante onde energetiche di altri prototipi. Sapeva cosa doveva fare, e questo la turbava: la logica ferrea dei suoi circuiti neuronali le diceva che non si poteva fare “quella cosa” e questo non la aiutava a sapere se era l’umano o la macchina a deciderlo.
Guardò ancora il mare, e ne rimase delusa; perché spendere energie per raggiungere quei triangoli turchesi, nascosti alla sua vista dai manichini, dagli ombrelloni, dalle passerelle ? Perché affannarsi a raggiungere una patetica laguna , chiusa da scogli all’orizzonte?
Due prove di scatto sul posto la convinsero quasi che non ne valeva la pena, in fondo, sulla spiaggia, tra i manichini si stava benino, e il sole della quarta dimensione non era poi cattivo come quello dello spazio- tempo quotidiano che le lasciava dolorose piaghe sul delicatissimo rivestimento epidermico, frutto di millenni di evoluzione. O era il frutto di un sofisticato programma di progettazione?
Ma la vista di uno spruzzo di spuma e il leggero contatto con le sue gambe agirono da inibitori della suoi percorsi logico – razionali e sentì una larvata voglia di osservare da vicino quei riccioli bianchi che si alzavano dalla superficie dell’acqua.
E all’improvviso decise di “vedere”: vide quindi la spiaggia senza manichini e tutto il mare nella sua grandiosità. Le fu facile e gradito scattare, prendere la rincorsa, correre a passi lunghi sulla nuova spiaggia, tanto che volle riprovarlo ancora e ancora. Era bello sentire le sinapsi lavorare così efficientemente al passaggio dei neurotrasmettitori. Che miracolo la biochimica, pensò!
Miracolo? Pensare? Non sono cose per androidi!
Furono le conseguenze di queste parole a portarla nell’acqua che ora era blu, blu, blu come il suo codice identificativo. Il prototipo e il mare erano quindi sorelle, amiche, complici.
Quanto sono gradite queste parole, tanto a una femmina umana, quanto a un androide, serie cromosomica XX. HI THALASSA, il mare in greco è femmina. In francese, la mer, suona come “la madre”.
Poteva quindi tradirla quella distesa di blu?
Un movimento ascendente, dal basso verso l’alto, si fece sentire all’improvviso sotto i suoi piedi e la sorprese come un abbraccio inaspettato, come una bella notizia, come il risveglio del primo giorno di vacanza (ma che razza di ricordi le avevano instillato nella banca dati, i suoi progettisti? E se era umana, che vita poteva aver vissuto?).
Frugò tra i file più nascosti del suo disco fisso, e in una espansione di memoria, trovò la parola “caramello”. Nooooo, quello che aveva sotto i piedi non era caramello, vischioso e appiccicoso, molle , gelatinoso, schifoso come una medusa. Era una lastra dorata, sottile e resistente, era una enorme caramella di zucchero d’orzo, di quelle che , se ne vuoi sentire tutta l’insolita dolcezza, non puoi spezzarla con la forza bruta dei denti, ma devi lasciarla consumare in bocca.

domenica 20 giugno 2010

Autoipnosi: quando il "fascino" si allea al "timore"

@ Astra

Sono stata distratta, molto, venerdì sera, ho vissuto quell'esperienza non riuscendo completamente a entrarci dentro. Però stavo bene in quella posizione, seduta, sulla battigia (la sto immaginando e ancora è bello), con l'acqua che mi bagnava i piedi, e io calma e intenta, guardavo la grande distesa d'acqua che mi affascinava, ma nello stesso tempo non mi attirava e stupita restavo li, ferma a vivermi quel momento. All'improvviso vestita di bianco, mi sono vista da dietro, in punta di piedi nell'acqua, senza riuscire a muovermi e correre. Forse il timore, la paura ci da la l'illusione di stare bene, così la nostra mente cieca, non ci fa vedere le cose per quelle che sono, e spesso rimaniamo bloccati dove siamo, soli. Grazie Director, nel bene e nel male, sei sempre un grande aiuto.

Autoipnosi: camminare sull'acqua e quello che scegliamo

Faber -Federico Covelli- autore del "il Kamikaze", piece drammaterapica messa
in scena per l'arrangiamento e la regia di E. Gioacchini, 11 aprile 2010.
Momento della trance di Federico, durante l'Hypnodrama finale.
@ Faber
Sull'esperienza di autoipnosi di venerdì 18 giugno 2010

Che bello, che bello! Già... è stato unico come incontro, come unica è stata l'esperienza di tutti noi, irripetibile e impossibile da restituire appieno, ma che restituiamo pienamente a noi stessi, trasformato in un mattone, in un tassello, in un piccolo elemento di una grande costruzione di espierienze. Anche se è solo uno dei tanti che la vita ha da offrirci, ma un sostegno che ad ogni incontro che svolgiamo si acquisisce e va man mano sempre piu a diventare fulcro del nostro "essere migliori".
Ero tutt'uno al mio sogno, tutt'uno alla mia sedia, al tappeto, tutt'uno a tutti voi che, anche se divisi da esperienze e da un sentire diverso, mi accompagnavate in questo viaggio.
I primi affanni nel tentativo di lievitare sopra l'impossibile mi scoraggiavano e imperterriti riempivano di frustrazione per il mancato traguardo. Malgrado ciò, ricordavo del "potere" che mi dava la possibilità di sognare e di esperire in una nuovo modo come affrontare gli ostacoli. Da li ho incominciato veramente a sognare e piu mi divertivo a correre, a saltire, a "fallire" volontariamente -per ricordarmi padrone di qualcosa di eccezionale-; "osavo" sempre di piu fino ad accantonare l'evento fisico e materiale per spostarmi su un qualcosa di piu grande... Quello che provavo dentro.
Il vero traguardo l'avevo raggiunto una volta fermo in mezzo al mare al centro dell'attenzione di 3 universi: il director e la sua approvazione e la sua gioia, il sole che accarezzava e mi riscaldava quasi come per congratularsi di ciò che aveva illuminato , e me medesimo avvolto in un'altra trance di sola gioia, felicità. Ero VIVO VIVO!!!
Come è strana la vita ho pensato, per capirlo veramente ho dovuto fare un miracolo, io stesso.
Non è molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Siamo sempre cosi distratti dal raggiungere obiettivi che finiamo per perderci e scordarci quello che veramente vogliamo. Ostacoli.. sono tanti. Ma come li ho vissuti nel sogno... una volta terminato, mi vergognavo persino di averci pensato!
Spero di avervi dato qualcosa con questo mio scritto e desidero allegare due video. Il Primo, inerente al Miracolo dei piedi sopra l'acqua.
http://www.youtube.com/watch?v=Oe3St1GgoHQ
IL secondo (molto più importante), quello che dovrebbe appartenere a tutti noi; voler vivere senza il rischio dell'ipocrisia.
"Failure is not important. How you overcome it is"
http://www.youtube.com/watch?v=RZKxKlRdwtE 

Autoipnosi: stare non è Abitare

Libertà: il Figlio, Foto di Scena de "Il Kamikaze", CDIOT, 11 aprile 2010
@ Libertà

E' passato un giorno, dal "miracolo", camminare sull'acqua. Il mio miracolo non si è realizzato, ma per la prima volta, ho abitato il mio corpo, ed ho provato, una sensazione piacevole e appagante, "pienezza nel bastarsi". Avevo la sensazione fisica, di muovermi dentro il mio corpo, di percorrerlo, e quindi di sentirmi totalmente gonfio e pieno. Prima ancora ho avvertito l'oscillazione del mio corpo, senza che il mio corpo si muovesse. E preso da tutto questo, non ho visto l'acqua; l'unica cosa che ricordo, è il dondolio del mio torace in avanti e sempre più avanti. Nel breafing, mentre gli altri parlavano e raccontavano le loro sensazioni, mi sono ritrovato nella mia normalità, e quindi quell'abitare nel mio corpo era, per me, reale, anche se "sogno"? Una esperienza immaginaria che per magia diventà realtà. E se questo è successo, quanti limiti possono essere varcati, e quanto possiamo abitare la nostra vita. Che bello!

sabato 19 giugno 2010

Atoipnosi: si può navigare anche là sotto!

@ director

"Corri, corri...corri più forte" - Faber aveva preso un rincorsa capace di farlo saltare  sopra qualsiasi ostacolo si fosse presentato e,, dopo la sabbia anche l'acqua comincio ad essere cacciata con violenza dai suoi passi. Era la seconda volta che ci provava. Non è facile fidarsi di quella distesa cristallina che promette più refrigerio e piacere che tenuta, ma sapeva che poteva farcela.
Intanto, poco più avanti Blue aveva preso a fare salti. Non erano partiti insieme, loro due, anzi, lei si era fermata un istante prima dello slancio, poi, tutto era stato uno "scivolare" perfetto. Un caramello brillante color azzurro l'aveva accolta, generoso a sorreggere i suoi piedi, così, eccezionalmente, senza alcun sci d'acqua, nè tavoletta sotto ad assicurare tenuta.
Non si guardavano, lupi solitari di un mare che si esplora nuovo e, sulla battigia, Libertà, fermo prima del possibile stacco. Si stava riempendo di sole e...come dire qualcosa che ha a che fare con l'armonia. Una pienezza che distendeva ora la sua pelle, tirandola per i quattro punti cardinali, tendendola come un sicuro confine dentro il quale assaporare la condizione nuova, mai provata prima: pienezza del bastarsi, almeno in quel momento...poi, forse, si sarebbe potuta provare l'impresa, quando la pelle meno calda, il corpo più asciutto e riconosciuto quello proprio di ogni inizio giornata. Per ora la kafkiana trasformazione che ingrandiva e faceva sentire bene, molto bene in quel posto.
Faber cominciò a piroettare e più di una volta quella superficie, ora affidabile, accolse le sue spalle e fianchi in collisioni a rallentee che strapazzavano il cuore e le ossa, ma donavano emozioni.
L'equilibrista, così veniva da chiamarlo quell'uomo compreso nel suo lavoro delicato di coniugarsi con l'acqua senza sprofondare, c'era intanto riuscito. Nero aveva persino rallentato la corsa, poi -stupendo!- tutto il potere di fermarsi ed accorgersi che i propri piedi si sorreggono sopra l'acqua. Fatica ricompensata, orgoglio tenero della propria piccola grande storia dove protagonista principale, capace di scegliere...persino di ricomiciare a correre. Con compagno quel senso di pace profonda che difficilmente si sperimenta e diventa seconda pelle alla propria anima.
L'ospite aveva fatto tutto secondo le regole e, dobbiamo ammetterlo, la si era vista anche camminare come un "miracolo" sopra la superficie argentea. Ma a tratti, perchè qualche personale imbarazzo la distraeva dalla possibilità di sperimentare un nuovo potere; non tutti noi li conosciamo...i nostri, i nostri poteri. Fugaci fotogrammi di staccionata o muro bianco al lato, pronti a sorreggere, ma la volontà di non lasciarglielo fare e provare i primi passi sopra il mare...senza paura.
Sole era la versione femminile della sagoma "piena e tonda" di Libertà, anche lei ferma sul bagna-asciuga. Le era stato deto che molto più in là una barriera corallina costitiva lo spartiacque verso l'ignoto profondo del mare, che ci sarebbe stato abbastanza spazio per correre e ricorrere, per sperimentare senza pericolo. Ma poi, di quanto spazio ha effettivamente bisogno, la nostra prudenza il nostro timore? E così, avendo tempo a disposizione, aveva popolato quel posto di cielo e mare limpidissimo, di quella sabbia fine che Nero aveva già schiacciato poco prima con forza verso il grande salto. E tutto cullato da alti palmizi che solleticavano l'aria di verde e morbido. Sarebbe venuto -chissà?- anche il suo momento.
Astra non era molto distante da lei, ma in certi momenti si è soli; come nel dramma, anche nelle grandi prove c'è solitudine e questa gioca in bilico tra paura e possibilità. L'incubazione lenta di pensieri nascosti che preparano ed intanto quel sole e quell'aria a riempire polmoni e darci maggior vita attraverso la pelle, a regalarci il sogno di giorno.

La grande piazza del circo era popolata di tutti gli "artisti", ognuno con il proprio numero speciale, ciascuno quasi ignaro dell'altro a donare, inconsapevoli, un grande spettacolo. L'avrebbero saputo poi, una volta lasciata la terra della fantasia e, con un pizzico di nostalgia indietro, tornati in cerchio a raccontarsi...ancora "mezzi fatti" dall'iniziezione salutare della propria droga perfetta, il sogno.Posizione ideale, quella dopo, per assorbire l'esperienza dell'altra, con la memoria della pressione acquosa ancorsa sotto i piedi, mentre magari -Libertà- cominci a "sgonfiarti" quasi dispiaciuto ma sentendoti proprio bene o vivi il piccolo rammarico -Sole- di esserti frenata verso il rischio di "potere" cose nuove. Avevano corso o per loro era corsa l'esperienza, comunque un'incontro gestito tra potere dell'acqua, amica affidabile, e quello proprio, capace di renderla tale. Dove la separazione? Impossibile tradurre l'intimità del proprio sogno, quasi più affidabile la "smorfia" napoletana, che almeno si lega alla speranza ed alla magia del mondo, senza domande! 
Mentre Sole sta raccontando la propria esperienza, al secondo giro del briefing nel gruppo, colgo, mi sembra di cogliere un piccolo rimpianto e questo la sta ancorando ancora in quel posto assolato e pieno di brezza, mentre non sa decidersi. Corro verso lei -sono solo tre passi nella sala- le chiudo gli occhi con una mano e lei esegue...e la conduco d'improvviso sopra l'ignoto. La striscia di coralli è stata varcata, nessuna privacy assicurerà più protezione ai propri dati, dovremo gestirli da soli; sì, là sotto i suoi piedi, l'azzurro denso dell'oceano si distende in verticale per tre quattromila metri e lei può starvi sopra ...può camminarvi, osservare, sentire e "potere". Avverto nei suoi pochi passi che non c'è più paura, che si lascia guidare, che finalmente è dove non avrebbe mai osato e pensato. Poco dopo ci racconta la sua seconda incredibile esperienza, tutta colorata; lo sguardo è bellissimo...avete sentito bene: è stata in fondo all'oceano. In barba ad ogni paura si può navigare anche là sotto!

Atelier LiberaMente: a quante miglia dall'inizio?


@ director

Ogni gruppo che sia impegnato in un lavoro "psicologico" (ed il nostro teatro parte da e lavora con questo assunto), dopo una fisiologica fase di "rodaggio" -che è espressione della reciproca conoscenza tra i membri e delle loro motivazioni formali-, raggiunge una condizione di sia pur relativa stabilità dei propri meccanismi di funzionamento. Le forze in gioco (almeno quelle al momento disponibili) hanno avuto modo di essere poste in campo ed ora l'interazione viene perseguita secondo intenti più specifici e funzionali al target che ci è proposti. Infatti, superata l'iniziale fase di "raggruppamento", che costituisce un modo di raccogliersi intorno ad un obiettivo ideale, un cartello astratto, si definisce sempre più la reale "organizzazione" del gruppo; mi riferisco al reale confronto dei partecipanti e al loro reciproco rapporto, all'interno delle personali motivazioni verso lo stesso obiettivo, giutne ad una più analitica discussione. Quest'ultimo (il gruppo), dunque, deve divenire "contaminato" dall'esperienza singola e gruppale, perchè coopti l'utilizzo dell'energia già disponibile ed individui quella elicitabile.
Qui sto sottolineando che, se il lavoro di questo Atelier ha l'intento di sollecitare l'utilizzo di risorse che apparentemente  non sono disponibili alla persona, questo obiettivo non può essere scisso dalla progressiva esplorazione dal campo dei fenomeni psichici che vengono a determinarsi, sia individuali che gruppali. Proprio tale dinamica costituisce proprio il processo attraverso cui lavora l'esplorazione delle proprie risorse ed abilità, conosciute o nuove. Il "drama", quale elemento portante il processo drammaterapico, si trova all'intersezione tra conosciuto e nuovo, nella sua capacità di sollecitare una rielaborazione dei contenuti, sia nell'individuo, che nel gruppo. Già il lavoro attraverso il drama costituisce l'allenamento a meccanismi psicologici che non sono costituiti solo dalla "esternazione" di un contenuto o dalla sua sublimazione. Il concetto di catarsi che noi sposiamo da R. Landy è quello appunto di una conquistata equidistanza tra il confliggere ed il colludere propri della nevrosi, un luogo dove parallelamente allla "coscienza dei fatti più profondi" che ci riguardano, si aggiunge una armonica risonanza emotiva. Il gruppo, come una figura familiare, come un terapeuta, come un sintomo non può costituire la complice cassa d risonanza delle nostre idee ed affetti e tutto deve poter evolvere verso l'individualizzazione di un contenuto nel contesto di una dimensione appartenente alla socialità (in questo caso il gruppo), nell'assunzione di responsabilità del proprio progetto.
Dopo un importante percorso, ancora tre incontri (uno stage e due laboratori), poi la pausa estiva, momento di decantazione ed incubazione, anche silenzosa, di quanto fatto ed in programma. Oggi, tempo delicato verso il passaggio.  

giovedì 17 giugno 2010

Drammaterapia: Imparare a Camminare sull'Acqua

@ director

La ricerca di abilità "perdute da sempre" (!) o momentaneamente dormienti (i traumi, l'abbiamo visto, possono causare questo) non costituisce una caccia al tesoro, ma piuttosto un percorso che veicola la nostra consapevolezza in settori segregati della nostra mente e vi fa abitare "coraggio", "rischio", "libertà" ed "espressione". Nulla è creativo di per sè, se non nell'incontro (pensato o realizzato che sia) con la realtà. Il dato più saliente della ricerca  e dell'applicazione in psicoterapia negli ultimi trenta-quarant'anni (attraverso i suoi nuovi, ma anche datati statuti operativi) è che la nozione di "esperienza" ha sostituito quella esclusiva di "comprensione". A voler essere riduttivi, potremmo dire che l'insight non è patognonomico -non necessariamente- di "cambiamento" o della risoluzione dei sintomi e che, quindi, qualsiasi operazione che avvenga e che continui a lavorare solo nel "laboratorio", duale o gruppale, di un setting non assicura l'esclusività della "guarigione". Questo vale in quadri clinici conclamati, ma anche per la più pervasiva nevrosi dell'essere che sia "preda" di stili di vita disarmonici e non in accordo con le sue esigenze più autentiche e profonde. Così, anche per quanto riguarda le risorse, esse vengono sollecitate a vedere la luce, se vi è il contesto adatto in cui incubarle e farle nascere ed accompagnare per i primi passi. L'esperienza, ancora una volta, è sovrana e sovrano è il rapporto con l'altro, che possa costituire un casuale incidente di percorso o un causale stimolo ambientale. L'assenza di risposte adattive (la risorsa), come la sua presenza, pre-esiste nel suo paradigma di individuo-ambiente, al di fuori del quale può essere solo l'ipotesi manovrata (a volte solo lusingante) di chi fantastica l'incontro autentico con il mondo, con puntate virtuali che, apparentemente, non fanno perdere mai a quel tavolo di gioco. L'immaginazione, la suggestione sono motori fondamentali, che tuttavia non possono eludere il contatto con la realtà, se non a costo di generare una condizione frustrante e potenzialmente lesiva per le risorse di un individuo. A dirvi questo è una persona che ha studiato ed indagato i meccanismi della suggestione e della persuasione per oltre trent'anni, ma che crede fondamentalmente nella libertà dell'individuo. A cosa serve "ipnotizzare una persona in cinque secondi", se poi quella persona non prenderà mai le decisioni opportune neache in una vita? Nessuno può sostituirsi a l'altro, ma ne è sempre testimonianza, anche se inconsapevole.
E' questo che fondamentalmente state apprendendo in questa fase del vostro percorso attoriale, mentre le quinte ed il proscenio sono abitati da vagiti impudici e singhiozzi irriducibili. La nostra umanità, scevra di pedagogia obsoleta, ma attenta ai segni ed ai simboli, ai punti cardinali, alle stelle ed al silenzioso ruggito della terra, anche se lontani dalla savana.
Domani, ancora in rotta...per camminare sull'acqua.

martedì 15 giugno 2010

Dramatherapy: A walk to share.

@ Blue


Carissimi, mi sono presa qualche giorno per elaborare e restituire le emozioni di venerdì sera.
La mia grande passione per le cose che faccio è una risorsa preziosa per me, è il mio personale elisir di giovinezza, il mio carburante ecologico e non impattante per marciare sempre più lontano.
Ma non sarebbe nulla di tutto questo se questa passione non fosse condivisa, donata, distribuita; avete presente come sono buoni i panini divisi tra gli amici, dopo aver fatto una camminata in montagna, o ai tempi della ricreazione a scuola? (Se ci ripenso, mi torna ancora l’acquolina in bocca, pensando al pane e Nutella, a metà con la compagna di banco delle elementari). Ebbene, quello è il sapore che ritrovo quando posso condividere ciò che amo e ciò che faccio.
La mia amica Luisa, tra gli spettatori di venerdì sera, tanti anni fa si prese cura di me, quando ero un’adolescente timida e spettinata, mi ricorda così.
Poterla “coccolare” oggi, facendole vivere una serata come quella di venerdì sera, facendola entrare in un abbraccio più grande di quello che poteva sentire, per me non ha prezzo -come dice la pubblicità!
Un abbraccio dato e restituito, per questo tanto speciale!

domenica 13 giugno 2010

PANICO & RISORSE, Equilibrio Psicosomatico tra Salute e Malattia

Mente e Corpo non sono aspetti diversi dello stesso individuo, anche se la nostra esperienza tende a considerarli spesso dissociati. Sin dalle prime fasi dello sviluppo dell’individuo, la loro organizzazione non prosegue parallelamente, ma si incrocia ad ogni esperienza con rimandi che rendono sempre più complessa la loro comunicazione e relazione, che possiamo considerare “funzionale” al confronto con la realtà. In questo senso, la Psicosomatica, come disciplina applicata a questa indagine, ci sfida ad una visone più complessa dello stesse mondo nel quale ci muoviamo.

sabato 12 giugno 2010

Drammaterapia: Trauma, Resilienza & Catarsi

@ director

Cari attori, qui per ringraziarvi con tutta l'intensità che compete, nelle cose buone come nelle cose meno fortunate e possibili e ieri sono state molto buone, mentre continuiamo ad esplorare ed indagare quel campo incerto, quanto affascinante, in bilico tra possiblità e successo, correzione ed avanzamento. Bello l'intervento (e compiuto, nonostante la velocizzazione resasi necessaria) di Maria Pina, personalmente soddisfatto di aver discusso con voi concetti che riguardano le possiblità che la cultura nelle sue varie forme specifiche ed artistiche riassuma insieme un messaggio descrittivo ed "terapeutico" in senso lato. Contento delle vostre incursioni nella pellicola in una conferenza che non costituiva una sessione di "cinematerapia" ma che desiderava illustrare come, ad esempio, Brigit Wolz lavora con la cinematherapy negli States (rifacendomi alla sua metodologia, già onorato di essere stato inserito nella sua "Professional Directory", ho una piacevole ed interessante corrispondenza scientifica con la professionista ed un mio articolo sarà presto pubblicato sulla sua rivista online); oppure come ricerca ed applica, più vicino a noi, il professor L. Mastronardi, accademico (con il quale mi pregio di aver avuto collaborazioni specifiche), indagando, per commessa ministeriale, quali film e "come" si prestino ad un un uso terapeutico con la sua "Filmtherapy" (traduzione italiana di quanto negli States si opera con la "Cinema Therapy").
Suggestiva la danza di due di voi che introduceva nella situazione un elemento drammaterapico. Non abbiamo lavorato attraverso il "drama", come solitamente facciamo, poichè interfaciavamo anche dei graditi ospiti, ma certamente illustrato e fatto "vedere" come il drama può lavorare verso una sana catarsi. Ancora una volta uno scorcio educativo e formativo su risorse culturali che elicitano le nostre risorse personali.
 
Nota: Consiglio i seguenti due testi:

mercoledì 9 giugno 2010

Drammaterapia: ..."noi siamo l'originale"!

@ Libertà


Caro Director, cari compagni, ancora una volta scopro cose nuove, attraverso la danza che a me non è mai piaciuta, ma questo conta poco. Incontrare lo sguardo di Bleu, è stato bellissimo e riuscire a guardarla ancora e non fuggire è stato ancora più bello. Negli occhi di Mariliz , invece ho letto lo stupore di qualcosa di nuovo. E' vero che io conosco questi "moduli" per averli gia vissuti, ma ogni volta è come la prima. La cosa straordinaria, è riuscire a vivere ogni momento della nostra vita come se fosse il primo, in continua scoperta. In questo meraviglioso e serioso gioco che è la vita. La nostra "vita". E non la vita che gli altri vogliono per noi. Noi siamo l'originale e mai "cloni". Grazie Director, ancora una volta e sempre di più. Grazie anche al gruppo, che mi permette tutto questo.Un grazie particolare ad Astra, che sta scrivendo per me ( il che è tutto dire!).

@ director

"...noi siamo l'originale...", wow!

Drammaterapia: come rendere "accogliente" la nostra esistenza?

@ Astra


Il nostro incontro di domenica, è stato direi, suggestivo, in quell'atmosfera, con quel gioco di sguardi, di mani, che si incrociavano, e di fili che ci tenevano uniti, in quel modo a volte deciso e a volte timido, come spesso è il nostro modo di comunicare. Come ho gia detto, in quel danzare fuori e dentro di me, mi sono lasciata andare completamente, poi con Bleu, è stato un pò come ballare sulle onde di un mare amico e accogliente.Credo che trovarci in sintonia con noi stessi e con gli altri, che sia la danza o altro, porta quella consapevolezza ed energia che può darci la spinta giusta a vivere con una marcia in più e in libertà, scoprendo che serve molto poco per cambiare e sentirci più veri. Sulla scia di quella giornata, mi sento arricchita dentro, e sono ancora lì insieme a tutti voi. Director sei grande. Un grazie a tutti.

Drammaterapia: "L'ho deciso!"

@ Sole

Il filo che libera
Il filo che ti lega all'altro e nel contempo ti lascia libera di volare, spaziare, occupare il tuo spazio senza il timore di invadere l'altro. Questo gioco danzante, che ti fa capire il tuo ruolo, che abbatte il pregiudizio, che lega fuori e libera dentro, senza pensare, solo sentire.
Sentire l’altro, ciò che vuole; sentire te, quello che provi; lasciando cadere le barriere, donandosi per esserci e prendere con consapevolezza e responsabilità.

“L’ho deciso”! Mi muovo sapendo ciò che voglio, perché sento di poterlo fare, e l’altro, magicamente, mi segue…

Mi segue perché sa che può riprendersi il gioco, e io glielo lascerò fare…

Ho capito che la diffidenza è frutto delle nostre paure, e la fiducia negli altri passa per il nostro intimo.Lo spazio che occupo si fonde con l’altro e non mi turba. Anzi, ho scoperto danzando con Azzurra e il director, che si può entrare in simbiosi e non intralciarsi. Sensazione bellissima che ha liberato in me un’energia imprevista, che mi ha permesso di volteggiare nello spazio come una farfalla.

Forse la crisalide comincia a trasformarsi?...

Il coraggio di aprire a chi bussa alla mia porta, caro director…

martedì 8 giugno 2010

Drammaterapia: danzare dentro

@ Blue


« La materia, la vita, il pensiero non sono che relazioni energetiche, ritmo, movimento e attrazione reciproca. Il principio che da origine ai mondi, alle varie forme dell'essere, può dunque essere concepito come un principio armonico e ritmico, simboleggiato dal ritmo dei tamburi, dai movimenti della danza. In quanto principio creatore, Shiva non profferisce il mondo, lo danza. »
(A. Daniélou, Shiva e Dioniso)


Secondo la religione induista, il dio Shiva, patrono, tra l’altro, dei praticanti di yoga, è anche il dio della danza. Egli è distruttore e creatore, e dal suo movimento l’universo nasce, muore, si trasforma, rinasce.
Il suo movimento incessante è stato letto come una corretta interpretazione dei fenomeni fisici alla base del mondo visibile: gli orientali avrebbero cioè, con il linguaggio della devozione, intuito che tutto è energia, anche la materia, e che tutto si trasforma. Praticamente è quello che Lavoisier ed Einstein avrebbero teorizzato solo negli ultimi secoli dell’era contemporanea.
A me piace il dio Shiva, unisce la mia parte razionale con la mia parte mistica (guarda caso, yoga vuol dire “unione”). E mi piace danzare, mi piace sentire il mio corpo che si impossessa della mia anima e guida i miei pensieri. Mi piace far parte del momento, del mondo, del tutto; mi piace incontrare sul cammino altri esseri danzanti e sentirmi anch'io una scintilla di energia, ricevuta e data.
E’ stato talmente bello danzare domenica scorsa che, il lunedì seguente, ho continuato a sentirmi una fiamma che si muove, capace di bruciare e di rinnovare, di scaldare e di illuminare, di alzarsi e di abbassarsi, di accendere e di riaccendersi.

Dramaterapia e Danza: filo "parlante"


@ Nero

Con un filo… di voce, e una sfera da esplorare

Filo conduttore, filo elettrico, di perle, di Arianna, dei pensieri, di un rapporto…
Quante volte il filo rappresenta molto di più di un semplice pezzo di spago, di un semplice strumento da costruzione dal valore insignificante?
Quasi sempre esso è il trait d’union tra due punti che presi singolarmente non interagiscono, ma collegati da un filo possono diventare qualcosa di totalmente diverso e comunque di molto più importante. A volte il filo può non esserci, come nel rapporto tra due esseri umani, ma il collegamento lo si sente comunque. Certo che quando c’è…
Quando c’è ti si apre un mondo; capisci chi tira, chi si lascia guidare, chi tende a lasciarlo cadere e chi non lo farebbe mai, a costo di farsi intorpidire le dita dalla tensione. C’è chi è più attento a tenerlo teso e non guarda l’altro/a, e chi si dimentica dell’altro lasciandosi cullare dalla musica e dalla certezza che l’altro sarà pronto a seguirlo/a. Che magnifico gioco, che stupenda prova, che inebriante scoperta. Io l’ho vissuto così il gioco dei fili, senza alcuna ansia o paura, avendo la certezza di poter condurre il gioco, o di potermi affidare all’altro, prendendo consapevolezza che a volte è bello lasciarsi andare, sapendo che puoi riprendere il controllo in qualunque momento, ma soprattutto nel rispetto dell’altro, sentendolo, e accompagnando il movimento in una danza fluente.
La Kinesfera e i movimenti che ci hanno permesso di esplorarla, ha avuto il potere di evocarmi l’uomo di Leonardo, quell’immagine comunissima che spesso viene associata all’uomo esploratore dello spazio che lo circonda; e anche lì è stato meraviglioso provare bellissime sensazioni, ascoltando il corpo che si allunga e si contorce per occupare lo spazio intorno, prenderne parte, presente e in collegamento tra dentro e fuori. E sentito.
Prendi coscienza che esisti in uno spazio ben definito, che spesso interagisce con quello dell’altro e non per questo ne è infastidito o, ancor peggio impaurito.
E incredibilmente, visto che alla fine dell’esercizio dovevamo trovare una posizione a noi congeniale, mi è venuto spontaneo abbassarmi, come se riposassi, sapendo con la massima certezza, senza averlo pensato ma sentito nel profondo, che in qualunque momento avrei potuto riprendermi tutto lo spazio che avrei voluto…
Luce nuova negli occhi, luci nuove sul Mondo, porte aperte verso la vita; finalmente dietro la collina… Il Sole.

lunedì 7 giugno 2010

Drammaterapia: poeticamente affacciati dentro e fuori


@ Azzurra

Questo atelier mi sta dando energia e fiducia in me stessa. Sto sperimentando delle assolute novità che si affacciano quali alternative possibili al mio repertorio comunicativo ed emozionale. Domenica ho ascoltato il mio corpo danzare, ne ho conosciuto i confini e le possibilità, ho scoperto poi che esso può avvicinarsi ad altri corpi e creare con loro armonia, forma, energia e…poesia.
Mi sto scoprendo capace di accettare i miei limiti, e mi ritrovo più autentica, meno camuffata. E sono sorprendentemente più disposta ad accettare l’altrui diversità, che quindi mi lascia non più confusa e impaurità ma piuttosto curiosa e divertita.
Mi voglio però soffermare sull’esperienza della condivisione con il gruppo. Sto scoprendo ogni volta di più, e con grande piacere, che c’è molto rispetto e sostegno reciproco al suo interno. Nell’esercizio della corda, la “responsabilità della relazione”, o come direbbe Mareliz, “il gioco dell’amore”, ho gustato il piacere di lasciarmi guidare e di guidare a mia volta, e abbandonando ogni pregiudizio ho sentito sia Sole che Fenice, che il director, ciascuno a suo personale modo, come degli alleati, delle anime amiche che, in reciproca ed intima connessione sperimentavano qualcosa che solo se si è dall’altro capo della corda si può capire. E cos’è questa cosa “incapibile” se non si sperimenta? Come si spiega il senso di sicurezza e di fiducia che ti da una corda tesa, che sai che resterà tale perché l’altro ti dimostra con la sua danza, col suo corpo e con il suo sguardo, di volere mantenere quella tensione, che intende lavorarci e che non si lascerà abbattere dalle difficoltà momentanee? E’ impossibile definirlo, ma so per certo che è questo il senso che vorrei trovare in ogni relazione, sia essa di amore, di amicizia, finanche di lavoro…e non è impossibile, forse si tratta prima di tutto di fare la mia parte. Impugnare bene la cordicella, osservare l’altro, una carezza con gli occhi per fargli capire che non c’è niente da temere, che non gliela ruberò, ne tantomeno che la trascurerà, e poi andare avanti così, lasciandoci andare alla reciproca accettazione… Magari a riuscirci sempre!!
Un abbraccio a tutti e grazie di cuore al director.

Drammaterapia & Danza-Movimento, Esercitazione sulla Chinesfera

Atelier Liberamente per le Risorse
Maggio 2010

Drammaterapia: ...è così che si comincia a volare!






































oto: Laboratorio di Danza-Movimento, Atelier Liberamente per le Risorse 2010, Esercizi sulla Chinesfera, maggio 2010