L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







martedì 7 settembre 2010

Drammaterapia: tra esperienza ed evoluzione


L'energia non ha sapore, a meno che non si alluda a quella sensazione gustativa e propriocettiva che le emozioni provocano nel cavo orale, promuovendo o contrarendo la salivazione, "speziandola" di ormoni e calore, con il gioco dei muscoli buccali e faringei, il flusso d'aria accellerato o diminuito...la nostra cognizione di quanto possiamo e sappiamo fare passa anche per questo, la partecipazione del nostro corpo agli stati affettivi che viviamo. E l'energia diventa l'engramma memorizzato di quanta ne abbiamo sperimentata nella ripercussione somatica del nostro pensiero-affetto, nella fantasia di quanto sospettiamo ce ne sia negli altri, nell'eroe del momento, come del vicino di casa, da quanto, in fondo, è stata frustrata o invece ha raggiunto l'obiettivo. L'idea, dunque, di quanto siamo capaci di investire in uno sforzo, al servizio di un intento (la nostra energia), è estremamente relativa e vulnerabile, difficilmente può essere controllata da una misurazione oggettiva, ma piuttosto si parametra sulla base dell'esperienza passata. Cosicchè uno sportivo che straordinariamente dimenticasse di aver raggiunto un primato oggi, domani, nel ripetere la prova, potrebbe facilmente non raggiungerlo più e dover ripetere tutto il percorso di prove sino a quel successo, già conseguito. Il suo orientamento verso il traguardo di quel primato, sarebbe privato di quella consapevolezza che conduce a ripetere quel successo.
Comprendete bene come questo discorso ci conduce alla considerazione che non sempre sappiamo quanta energia abbiamo disponibile per i nostri traguardi, se non vi è stato prima un lungo allenamento ad investirci e che le nostre stesse risorse, pur presenti allo stato potenziale, possono rischiare di rimanere "virtuali", se non vengono ricercate. In realtà, la vita è evocatrice costante di quelle che noi sinteticamente chiamiamo skill & resources; ma è anche vero che l'abitudine è sovrana (nel positivo come nel negativo) e che quindi spesso siamo abituati a non solecitare i lati oscuri, nascosti del nostro essere psicofisico, a causa di un repertorio limitato di stimoli e situazioni potenzialmente evocatrici di miglioramento, perfezionamento e cambiamento. Vi sarebbe, nella gestione "economica" della nostra vita, come animali, il tentativo di cedere alla omestasi tra azione e controreazioni da parte della realtà, in vista del maggiore vantaggio, con il minimo del dispendio; questo salvaguarda l'individuo, come il gruppo e la specie. L'esperienza è infatti il risultato del nostro incontro con la realtà registrato in un potenziale divenire che chiamiamo adattamento, ma nella biologia l'animale non rischia facilmente di perdere la posizione raggiunta, per un "ideale", un "sacrifico" e quell'intuizione specificamente umana che in noi contraddistingue l'intelligenza ad un  gradino più elevato.  IL processo di adattamento dell'individuo uomo è certamente funzionale al minor spreco di energia possibile, ma anche al suo impiego in vista di un vantaggio maggiore, non prevedibile dall'istinto (che salvaguardia sempre la statistica possibilità di riuscita dell'animale). Seguendo l'istinto, nessuna ballerina potrebbe muovere il suo corpo come avviene nella "Danza del Cigno", se non vi fosse stata prima una intensa educazione dedicata alla danza, che è una cosa totalmente differente dai movimenti naturali della specie. Certamente, se il percorso evolutivo ci avesse costretti a muoverci a "passi di danza", non solo le nostre articolazioni sarebbero già adeguate per un Grand Plié, ma anche le fila dei musicisti sarebbero più piene di artisti e geni musicali.

La foto soprastante ritrae il Creative Drama In & Out Theatre in scena nelle prove di un quadro de "Il Rinoceronte" di Ionesco, studiato nello scorso autunno. Il gesto intenzionalmente evocatore di energie che compio non si rivolge alla struttura esterna della scena, la postura degli interpreti, il loro dialogo in quel momento e la dinamica dei movimenti scenici, ma piuttosto questi stessi elementi va ad abitare per aprire un dialogo più intenso ed immmediato con la psicologia di quanto sta avvenendo. Si può osservare che l'attore che mi sta davanti (Libertà) riassume nella sua reazione l'elemento inerziale di quanto stava avvenendo, buono o cattivo che fosse nella riuscita (il corpo è fermo) e l'elemento stimolo che lo sorprende e lo spinge ad un dialogo interno (il sorriso che riempe lo spazio occupato dal tentativo di capire ed andare oltre). In tal senso possiamo dire che sto trasmettendo un'energia legata ad una forma fisica (la mia voce ed il mio movimento) ed una forma cognitiva (il messaggio specifico). Il tempo della elaborazione passerà attraverso la ragione, ma la sensibilizzazione del soma sarà stata già archiviata come da repertorio possibile per il dopo.

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