L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







mercoledì 22 settembre 2010

Drammaterapia, quando la Principessa s’immerge nello stagno. Meta-analisi di un frammento di laboratorio










Parte I
Il Ranocchio appare perplesso (cosa diversa dall’essere, ma che può tuttavia anche coincidere). Certo che anche questa caratteristica, la perplessità, possiede significati differenti tra l’animale e l’uomo; ma lì, comunque, questi ci sono tutti: il Ranocchio è anche un "principe" che dorme dentro quello. La perplessità dell’animale che incontra un umano…da temere, da riconoscere, con la “responsabilità” tutta istintiva, ma anche esperienziale, di prendere un decisione: la fuga, l’immobilità? E poi la perplessità-stupore del “principe” dentro al Ranocchio, nell’incontro con una umana-fanciulla-Principessa-che si ferma-s’incuriosisce- lo guarda- lo accarezza- si piega alla sua altezza…e tutto quello che di lì a poco avverrà.
Il Ranocchio è titubante, anzi molto di più: è letteralmente paralizzato, proprio come  l’animale che si sta confrontando con una possibile minaccia, ancora gestibile, da controllare attraverso una momentaneo, esasperato all’erta di tutti i sensi. Ogni “antenna” è pronta a captare qualunque minimo segnale che faccia “bingo” nella corrispondenza dell’archivio dell’istinto e dell’esperienza sino ad allora. L’antenna del nostro Ranocchio è anche “umana”: come si sta comportando la Principessa? Il Principe Ranocchio ci racconterà più tardi di aver vissuto appunto “esasperata” questa analisi tutta umana, dentro l’animale che tuttavia aveva assunto in sé. La Principessa lo blandisce teneramente, ma egli non avverte “potenza” dietro quei gesti e s'insinua più imperiosa nella sua mente l’angoscia che forse non riuscirà mai a tornare alle sue sembianze di Principe, quelle per le quali si sente votato da sempre. Se questo è quanto sta vivendo, tuttavia la Principessa è in un’altra posizione: la propria dolcezza è stata scelta come “strumento” per il risveglio e le sue espressioni, in sguardi, toccamenti, carezze e vicinanza procedono a segnalargli che fuori da quel sortilegio-prigione animale vi è qualcuno che l’attende; lei è ignara del senso di quella paura nell'animale. Questo “bisticcio” comunicativo va avanti per un poco e finalmente qualcosa sblocca la condizione di stallo e rigidità della scena. Il Ranocchio si “concede” al risveglio. Difficile dire se per la troppa la paura di rimanere in quella corazza di anfibio o perché abbia avvertito più “potente” l’azione della fanciulla o questa abbia effetivamente variato le sua strategia? Ma il "risveglio" è comunque avvenuto, con sollievoi dei partecipanti. Il briefing degli interpreti, dopo, chiarisce moltissimi aspetti della dinamica psicologica di quanto esperito dai due attori-personaggi. Il processo drammaterapico ha cominciato a lavorare già dopo i primi momenti dell’induzione dell’hypnodrama avvenuta, subdola, attraverso la prescrizione dei ruoli ed ora prosegue silenziosa e visibile attraverso l’analisi cosciente di quanto vissuto. La Principessa è stordita, spiacevolmente, da quanto sta affermando il suo compagno di scena; quest’ultimo oscilla tra la mortificazione per quanto temuto ed ora quella di un senso di colpa verso la Principessa che invece sembra accettare passivamente il ruolo di ingrata artefice di quel risveglio. Tra riconoscimento di esaperate pretese (lui) ed inconsapevoli fragilità (lei), il processo di revisione critico in atto comporta un costante scambio di ruoli tra accusato ed accusatore. Ma tutto rischierebbe di avere l'epilogo psicodima+namico proprio della consuetudine familiare con se stessi. Ricucito in scuse o nell'euforita di un successo comunque realizzato o strappato al destino.

Si deve dare un tempo supplementare, un seguito a questa dinamica e senza indugio, approfittando del warm-up su stai di coscienza ancora modificati, nell'aspetto formale.
La principessa ora avverte ingrata la realtà umana, i  giudizi lapidari di quest'ultima contestualmente alla ammissione della propria “colpa”! Non può essere “salvata” più da un giudizio esterno alla propria analisi, dovrà crearsi una situazione che le permetta, esasperandoli, di far uscire fuori tutti i suoi personaggi, a costo di pescare nell'inconsueto; di farli dibattere con la realtà ed il sogno, il passato ed il futuro. Il director enfatizza le sue difficoltà, in termini di dolore, ad accettare l’avvertita propria incapacità o, almeno, quella che le valutazioni del mondo lei hanno commissionato.
Il pantano del suo disagio, diviene lo stagno dove ora è posta, lì insieme ai ranocchi, in una dimensione giocosa, che le diviene improvvisamente familiare. La fuga dal giudizio, la regressione nel bambino-ferito, la consolazione che sospende il senso di colpa: il suo volto si rasserena, il sorriso si espande in grandi cerchi concentrici sullo specchio dell’acqua stagnante a contagiare persino i ranocchi...quale potere!. Lei ora sa giocare. Lei ora accetta di perdere parte delle caratteristiche umane per divenire quel ranocchio che ha rischiato di non "salvare" da un ingiusto destino. Ora è soprattutto “compresa” e sembra comprendere la lingua di quei saltellanti esseri che l’accolgono ed abbandonano presto ogni diffidenza.


Il Principe Ranocchio, invece, osserva la sua Principessa aver fatto il percorso inverso, essere giunta lì da dove lui è arrivato. La precedente posizione di un orgoglio ferito fa altalena con la nuova perplessità: cosa sta accadendo? La favola non ha più il suo epilogo, per quanto sofferto: l’unione disperata e raggiunta è di nuovo persa e lì la sua Principessa sembra ora disprezzare (l'uso del tempo presente è indicativo della sua proiezione) quanto si è conquistato con tanta reciproca, condivisa, fatica. Infatti, lo inquieta l’agio della fanciulla che sembra superare l’ossequio alla prescrizione del director; lei si sta effettivamente divertendo, ha forse rinunciato a quella parte adulta da condividere con il Principe. Qale tradita corrispondenza d'amore? Sì, la fiaba sembra improvvisamente aver sovvertito i termini dell’implicita dinamica, verso una "pericolosa" l’involuzione.

IL principe ora diventa il Re padre che con l’aiuto della Regina Madre cerca di distogliere la Principessa da quell’occupazione, da quel posto, da quelle vesti, da quell’intenzione. In lui il precedente sentimento di orgoglio ferito si riassume nell’atteggiamento razionale e rigido ed offeso del genitore che pensa al bene della figlia, ad onta dei suoi desideri, della sua felicità, almeno apparente. Il rigore di un proprio risveglio dovuto grazie all’azione degli altri (la Principessa) ora diventa il rigore della non tolleranza di qualcosa che esce da ogni schema preordinato, che gli fa temere di perdere la “figlia- Principessa”, come ha temuto di perdere il proprio “essere-principe” e poi la propria compagna-Principessa. Questa viene strappata allo stagno; “allo” e non solo “dallo”, perchè i ranocchi ingaggiano improvvisamente un tiro alla fune con le braccia e le gambe della fancilulla tirate dalle sorti del mondo, per trattenerla con loro. Lei in balia delle intenzioni degli altri, in un cullamento doloroso ed invece anonimo alla propria identità ed intenzione. Il Re padre riesce a tirarla fuori, ma lei vi rientra per indicazione del director: starà dunque a lei esercitare il giudizio, la responsabilità dell’errore come del successo.

La Regina madre confesserà dopo di aver sofferto nell’agire l’intenzione del director e del coniuge Re. La sua piccola Principessa sembrava felice in quel posto, forse quella era la sua strada, la sua vera dimensione...o comunque qualcosa che parla di cose importanti di lei…Ma ancora una volta la nostra fantasia, forse potente, forse giusta, a suffragio della paura di noi stessi e di quella degli altri…Ma cosa ne sa la Principessa di se stessa e cosa realmente vuole…?

I briefing privati e silenziosi di ogni interprete con il suo personaggio/i possiede l’ampiezza dell’orizzonte e può essere fatto lavorare verso le possibilità…

Foto di scena: Laboratorio di Storytelling ed Hypnodrama, Il Principe Rospo, 10.09.10, Claudio Gioacchini Photographer All rights reserved. Powered by Atelier Liberamente

1 commento:

  1. Quanto questa fiaba ci parla di noi, del nostro passato, del nostro presente, di come siamo e di come vorremmo essere. In un gioco di ruoli in cui tutto è possibile e sovvertibile, scopriamo noi stessi e le nostre risorse nascoste, lasciandoci alle spalle i nostri pregiudizi.
    Sole

    RispondiElimina