L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







domenica 24 ottobre 2010

Drammaterapia e le molte anime del Teatro


Due imput utili nell’attuale preparazione della piece dramma terapica di Barbablù, ma che riepilogano anche qualche concetto funzionale al Creative Drama & In-Out Theatre.

Partiamo da quanto avete avuto modo di ridiscutere su teatro di Grotowsky nell’ultimo esame svolto. Attore denudato dalle sovrastrutture tipiche delle finzione teatrale; che si offre nel sacrificio della “rappresentazione”, nello speciale sacerdozio ”laico”, dove apparirà vestito unicamente della propria autenticità, nel rapporto sacro con lo spettatore; atto responsabilizzante, perché non è mai facile spogliarsi e qui, se lo si fa, si deve essere consapevoli di quali abiti prestati dal copione si hanno indosso.
Arriviamo alla drammaterapia, dove la “nudità” assume una valenza ancora differente: l’interprete può arrivare a quella attraverso il passaggio in panni differenti, nella ricerca sempre rischiosa di un equilibrio che non esiste, ma è funzionale alla scoperta di cosa non si è e può essere ancora: la risorsa. Attore e personaggio nel dialogo silenzioso od espresso, intellegibile od incoscio, tra le diverse polarità di sentimenti, reazioni e pensieri; catarsi nel superamento del “chiasso” nevrotico del conflitto, per la riassunzione di posizioni responsabili, consapevoli di quanto sta avvenendo, è avvenuto e, probabilmente, avverrà…
E poi il teatro drammaterapico; passaggio ulteriore in avanti, che sposta il processo drammaterapico a lavorare anche sulla performance finale, in quella situazione che recupera “vero” l’altro, nel pubblico e che denuda ulteriormente rispetto a se stessi. Ecco, in questa condizione privilegiata, dove contenitore interno ed esterno –come mi penso, come appaio- assumono la caratteristica di essere una “osmosi” rappresentata, la responsabilità è ancora più grande. Se non si sarà fatto lavorare bene il processo della drammaterapia lungo tutti i laboratori, le scorie pesanti dei nostri pensieri e fantasie investiranno, vischiosi o peggio “neutrali”, lo spettatore; il rumore del conflitto rischierà di investire chi ti ascolta, portando fuori nel testo la privatezza dei propri arresti, della paura, del dubbio che si cela dietro il desiderio di vivere. Non puoi contare, qui, che lo spettatore si "salvi" dandoti del "cattivo" attore.

1 commento:

  1. Chissà se riusciremo ad essere bravi e grotoskiani, nudi e veri, tanto da trascinare gli spettatori nell'estasi del contatto tra noi e loro, nella comprensione di ciò che andremo a rappresentare... Chissà...
    Nero

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