Bozzetto priella primitivo della prima scena di Blue Beard, piece drammaterapica, dic 2006. Atelier Liberamente |
L'atelier, nel suo statuto teorico, si rifa al Creative Drama & In-Out Theatre, così come meditato negli ultimi tre anni, e lavora nel contesto di quello che io definisco un teatro totale. Non è un teatro sociale, nè politico, ma "totale" è appunto l'esperienza dell'attore che qui fa lavorare il processo drammaterapico con quanto suggerito dal director, dal testo, ma anche con tutto ciò che è il bagno quotidiano della mondanità, quella realtà così difficile da rappresentare, perchè a tratti supera ogni finction, abbandono, tema dell'orrore e morte.
Quattro alpini, hanno fatto veleggiare le loro anime verso posti che non conosciamo, ieri, nell'afa di una terra afgana che nulla regala agli ideali, se non si soffre, ma vive con le contraddizioni del tempo dell'uomo, tante e troppe da elencare. Nessun orco lì, nessun cattivo, ma un tessuto sociale dilaniato tra passato e presente, tra interessi e paure. Un pensiero intenso anche dal nostro teatro alle lacrime vere di coloro che i nostri soldati hanno lasciato ed un abbraccio alle loro vite già trascorse. Director
Un abbraccio immenso a questi ragazzi che credono a quello fanno, a costo della vita.Astra
RispondiEliminaA volte mi piace ricordare a me stessa che, tra le tante fortune che una donna occidentale possiede, vi è quella di poter conoscere il teatro. Io lo vivo da spettatrice e da attrice. Ma l'attrice deve essere nutrita dalla persona che sa accogliere anche il dolore altrui, che sa guardare e interrogarsi di fronte all'orrore consumato altrove. Quasi più facile recitare a memoria il monologo di Amleto...Vi propongo di pensare al nostro lavoro come a una preghiera o a una meditazione, come a un'offerta o a un atto di partecipazione alle vicende del mondo. E' un atto di presenza, di coraggio, di partecipazione e noi abbiamo l'occasione di poterlo compiere. Buon lavoro, carissimi
RispondiEliminaLunedì casualmente, ho visto passare il corteo funebre degli alpini caduti in Afganistan, dopo un primo momento di commozione ho pensato al dolore dei familiari. Poi al dramma di una guerra senza fine, che miete vittime innocenti e militari, che sono lì per sconfiggere un nemico invisibile, in nome di una pace, per il controllo di un territorio che nasconde interessi internazionali. E con l'amaro in bocca, onore a questi ragazzi e a tutti gli altri, caduti per il loro ideale di pace. Sole
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