L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







sabato 27 novembre 2010

Drammaterapia: Bene e Male, Dio e Uomo, Bianco e Nero

@ Bleu

No, niente nostalgia per favore. La nostalgia è sinonimo di assenza , è cosa che svela l’età , può paralizzare e rendere inerti.Se si cita qui un esempio della storia della RAI è solo per riflettere e per approfondire la relazione tra bene e male, tra silenzio e grida, tra etica e religione, tra nero e bianco, tra Barbablu e Rebecca ………..
Abbiamo scelto, attraverso l’Atelier, di essere nel mondo, di recepire nel nostro lavoro artistico gli input che arrivano dalla vita quotidiana e di portarli nella nostra rappresentazione.In uno dei precedenti post, il Director ci ha evidenziato come non possiamo, anche nella nostra attività teatrale, “chiamarci fuori” dagli eventi dalla realtà e della cronaca, anche se ci cimentiamo in ruoli che non attingono al nostro vissuto e pur facendo largo uso del mezzo virtuale. Violenza e male ci appartengono, ci contaminano, ci affascinano. Il lato oscuro, incarnato in Barbablù, risuona e trova echi nella nostra coscienza e ognuno di noi sa quanto il rimbombo possa essere sonoro, nella solitudine di un doloroso vis a vis con sé stesso. La curiosità di Rebecca può essere talvolta non l’istinto alla ricerca e alla scoperta, ma una mera narcisistica tendenza al superamento di un limite, di un tabù, di un ordine morale che può essere sfidato e vinto. Luce in Barbablù nel desiderio di amore, ombra in Rebecca nella volontà di calpestare questo desiderio.
Relativismo alla estrema potenza pericoloso in tutte le sue accezioni. Rifiutarlo può condurre all’aberrazione di non saper più riconoscere le sfumature di grigio che vi sono tra i metaforici bianco e nero, alla chiusura verso la estrema varietà del mondo e delle vicende umane. Accettarlo in pieno può significare la deriva etica o un’assenza di riferimenti cui difficilmente l’individuo è preparato. Personalmente, accetto il relativismo solo come contrario di “assolutismo”, con tutte le implicazioni che ciò comporta. Se vi siano indicazioni convincenti sul quesito degli opposti valori è materia su cui si può dibattere a lungo.
Ma, come a dimostrare che nulla si muove per caso e che il cambiamento indotto dalla drammaterapia è lento, sì, ma inesorabile come la crescita della montagne, dall’osservazione della vita quotidiano intorno a me arriva una risposta che non potevo ignorare.
Sul tavolo della mia collega, sta in bella vista un libro voluminoso che solo a guardarlo viene voglia di abbassare la voce, e di non fare gesti bruschi perchè sarebbe mancanza di rispetto, come ridere in Chiesa o citofonare a casa di qualcuno a ora di cena. Quel libro è “I fratelli Karamazov” .
C’era, negli anni sessanta, un’Italia ancora non pienamente scolarizzata, in cui pochi parlavano l’inglese o comunque una seconda lingua, dove ancora l’analfabetismo non era stato sconfitto. Gli echi del sessantotto tardarono ad arrivare. La TV aveva solo due canali, era in bianco e nero e non era presente in tutte le case.

Era una televisione con molti limiti culturali. Poco dissenso , molto perbenismo, e si rivolgeva alle famiglie, immaginate secondo una visione tradizionalista.Quindi niente escort in TV, niente male parole, niente vallette in vesti succinte (ancora non c’erano veline o schedine). In una parola niente eccessi, né in bene, né in male.
Eppure questa Televisione fu capace di proporre in prima serata un caposaldo della letteratura mondiale come “I Fratelli Karamazov”, non certo una lettura scorrevole a volerlo definire con ironia. Attori teatrali di prima grandezza, rispetto della trama e dei dialoghi, quasi nessuna concessione ad adattamenti e a semplificazioni più ruffiane, grande uso di primissimi piani: l’opera ebbe un ascolto medio di 5.400.000 telespettatori. (fonte dal web) . Un numero sorprendente se si considera il contesto sociale poco sopra accennato..
Il mio scritto si ferma qui. Altre parole sarebbero una mancanza di rispetto, una gaffe, un eco ridicolo e inutile al dialogo della scena che trovate di seguito:  I fratelli Karamazov (Il Grande Inquisitore, parte I di II).

1 commento:

  1. Esiste un'idea di Dio che produce conforto, ma la stessa idea può generare dolore per gli stessi identici motivi. Se non vi è quel (se vi è) quel valore aggiunto, non acquistabile, che è la "fede", tutto può portare a considerazioni diametralmente opposte. Ed anche questo tipo di sofferenza, che forse non riguarda l'anima, ma l'intelletto, probabilmente è raccolta da quel Dio, ma non vi è ricevuta di ritorno ...ed il mistero solo resta ad incantare, stupire, sdegnare. Questa la considerazione che colgo nel dialogo "magnifico" dei due attori, a "fingere" la propria umanità.

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