L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







domenica 3 marzo 2013

TEATRO DRAMMATERAPICO & IMPROVVISAZIONE. Stracciando i Veli, parte I

A cura del Creative Drama & In-Out Theatre.
Interpreti, Caterina Petruzzella e Elvio D'Orazio
(Marzo 2013)


 

domenica 24 febbraio 2013

IO RITUALISTICAMENTE, Decostruzione e Rimodellamento del Reale.

LABORATORIO DIMOSTRATIVO dell’Atelier DramaticaMente Teatro, aperto al pubblico, in occasione della presentazione dei nuovi corsi di Creative Drama di primo e secondo livello (inizio marzo 2013).
Traccia per il laboratorio è Julio Cortázar ed il suo pensiero radicalmente anticonformista,intriso di fantastico e fuori gli schemi di una creatività che si costituisca divergente nel dipolo consueto/inusuale.
Ma l’autore, per poter colpire alla radice l’ordine costituito delle cose, deve prima entraci dentro, abitare le stanze della quotidianità del mondo e disvelarne l’intrinseca contraddizione dall’interno. Sintomatico ed insieme emblematico di questo passaggio apparentemente incruento e senza dolore (ma solo apparentemente) sono le Historias de Cronopios y de Famas (1962), un esperimento surrealista ben riuscito che si diverte (perché opera zeppa di comicità) a cambiare costantemente i punti di osservazione dei soggetti, destrutturandola realtà e ricostituendo monumenti alla vena “folle” insita nella interpretazione del reale.
Cortázar esaspera le nostre abitudini sino al grottesco, all’assurdo, ma anche oltre. E’ la ritualità che giunge ad addormentare le possibilità interpretative del nostro Io, ad essere in scena con i suoi racconti. Eidetica, ma sicuramente anche auditiva e cenestesica, l’espressione letteraria di questo autore, che riesce a farci ridere, con tutti i “cinque sensi” dell’invidia, della gelosia, della paura, della vergogna e del pudore, del ruolo codificato, come dei maldestri e comici tentativi di romperlo a volte ed illudersi finalmente liberi!
Il testo di Cortázar, ma ancor prima la sua acuta critica dell’ovvio, alla ricerca dell’autentico, offre spunti speciali alla riflessione nel processo di costruzione teatrale, come nella decodificazione dei “drama” che sono sottesi alla drammaturgia.
Il Teatro-Laboratorio dell’Atelier, enfatizza ad usare il pensiero creativo e sollecita ad entrare nelle brevi emblematiche storie dell’autore, ad esercitare anche solo per poco un’utile ed importante destrutturazione del modello del mondo che adottiamo, per chiederci come arricchirlo senza effetti collaterali!

INFO
Sede, Roma
info.atelier@dramatherapy.it
Ermanno Gioacchini
(P.I. 10696770584)
Cell. 340-3448785
Paola Perfetti
Cell. 349-3424218
Vito Rocco Genzano
Cell. 320-4735565

NUOVI CORSI DI CREATIVE DRAMA e CINEMA-DRAMTERAPIA, 2013


CORSI DI CREATIVE DRAMA  E CINEMA-DRAMATERAPIA PER LE RISORSE, 2013
Liberazione delle Risorse e sviluppo della Creatività, questi sono i target che promette di raggiungere il Corso di Creative Drama. L’Atelier DramaticaMente Teatro è, diretto da E. Gioacchini, psichiatra, psicoterapeuta e formatore e da Maria Luisa Pasquarella, attrice e formatrice, in collaborazione con l’Istituto Scuola Romana Rorschach, insieme ad uno staff di professionisti qualificati, provenienti dall’area psicologico-educativa e dello spettacolo.
Il Corso è mirato a far sperimentare la possibilità di proiettare fuori di noi, le abilità e la creatività, così realizzando una dimensione autentica della nostra persona, conducendo i partecipanti lungo un percorso provocatorio e ludico, tra le possibilità e le risorse della mente. Un iter attoriale in stage domenicali e laboratori serali per i quali non è richiesta alcuna competenza iniziale. La metodologia si riferisce all’utilizzo della Creative Drama come metodo che permette ai partecipanti l’espressione creativa del proprio “processo artistico”, attraverso una vasta gamma di strumenti quali la recitazione, l’hypnodrama, lo storytelling, la musica, il gioco, la tecnica del mimo, il movimento e la danza.

Il corso è indirizzato anche a tutti coloro che intendano approfondire la conoscenza della Drammaterapia per le Risorse, quali educatori, insegnanti, attori, psicologi e professionisti impegnati nella relazione d’aiuto, oltre ad un pubblico non professionale.

Agevolazioni nell'iscrizione per professionisti e studenti ed allievi della Scuola Romana Rorschach.
SEDI, Roma e Milano
INFO, info.atelier@dramatherapy.it
www.drammaterapia.it
www.dramaticamenteteatro.blogspot.com
Ermanno Gioacchini (P.I. 10696770584)
Cell. 340-3448785
Paola Perfetti
Cell. 349-3424218

Vito Rocco Genzano
Cell. 320-4735565



domenica 10 febbraio 2013

Il Nuovo Diario di Anna Frank, 2 Atto, Video

Piece Cinema_dramaterapica del Creative Drama & In-Out Theatre, diretto da E. Gioacchini. Drammaturgia di D. Poto. Roma
Nuovo Cinema Aquila, 21 gennaio 2013.

Interpreti, Luigi Martelli, Valentina Ferrucci e Valentina Crocetta

Siamo al 2 Atto, Solomon è in piena crisi. Parti scomposte di lui s'incontrano a cercare una soluzione a fargli chiedere il perchè di se stesso, dentro l'incontro con Anna Frank. Di pari passo il processo drammaterapico ha lavorato con gli interpreti, nelle prove, nei laboratori e durante le riprese, percorrendo il filo rosso dei loro ruoli nella vita e la tentabile ridefinizione.


venerdì 8 febbraio 2013

Il Nuovo Diario di Anna Frank at OneTrueMedia.com

Piece Cinema-Dramaterapica del Creative Drama & In-Out Theatre, diretto da E. Gioacchini. Drammaturgia di Daniele Poto. Nuovo Cinema Aquila, 21 gennaio 2013 Anna Frank in Soffitta 1. Interpreti, Angel Nicla Fracchiolla, Luigi Martelli, Gianni De Angelis — con Angela Ronconi, Simone G Bianchi, Gianni De Angelis, Luigi Martelli, Daniele Poto, Angela Nicla Fracchiolla, Chiara Zulli, Valentina Crocetta, Massimo Crocetta, Valentina Ferrucci, Livia Gagliardi, Alessandro Romanò, Giuseppe Gencarelli e Maria Luisa Pasquarella .

giovedì 7 febbraio 2013

Il Nuovo Diario di Anna Frank , Prima Scena

Piece Cinema-Dramaterapica del Creative Drama & In-Out Theatre, diretto da E. Gioacchini. Drammaturgia di Daniele Poto. Nuovo Cinema Aquila, 21 gennaio 2013.
Interpreti scena, Angela Nicla Fracchiolla, Luigi Martelli, Gianni De Angelis.

lunedì 4 febbraio 2013

la Luna cerca Casa, Parte Prima at OneTrueMedia.com

Piece Cinema-Dramaterapica del Creative Drama & In-Out Theatre, prodotta e diretta da E. Gioacchini.
Nuovo Cinema Aquila 22 giugno 2012


La Luna cerca Casa, Prologo

Piece Cinema-Dramaterapica del Creative Drama & In-Out Theatre., diretto da E. Gioacchini. Presentazione di Daniele Poto. Nuovo Cinema Aquila 22 giugno 2012.

martedì 24 gennaio 2012

Atelier DramaticaMente Teatro, 2° livello, primo collage!



ATELIER LIBERAMENTE (2° livello), 22.01.12
 Credo che oggi gli emisferi dei partecipanti si siano contesa una pallina da ping pong bizzarra, che sfuggiva costantemente alle traiettorie del pregiudizio e dell'abitudine. La partita è stata vinta da tutti e due, con beata pace del corpo calloso al centro. Non sempre accade che l'emisfero proposizionale e quello apposizionale si dividano la torta equamente, dopo che gli è stata sottratta per intero. Reset dell'ovvietà, contro il panegirico del signor "conosciuto", verso l'arrembaggio della risorsa.
Bravi i miei attori ancora in erba, ma con gli occhi attenti rivolti alle stelle e alle loro navigazioni creative. Grazie. Director

sabato 26 novembre 2011

Sonia, il Resto della Mia Vita, pièce cinema-dramaterapica


SONIA, IL RESTO DELLA MIA VITA ovvero...oltre i posti dell'amore.
Pièce Cinema-Dramaterapica di E. Gioacchini e F. Pitorri
Regia E. Gioacchini
2 dicembre 2011, h.20.30
Cinema Nuovo Aquila , Via Aquila 68
Euro 10,00, a favore del "projecto jovem" sponsorizzato dall'Associazione Onlus
"Il Sorriso dei Miei Bimbi" -


Come director di questa Compagnia e con il supporto dell'Atelier LiberaMente, sono molto contento di destinare la filosofia e l'impegno del nostro lavoro artistico ad una iniziativa così importante  e concreta: aiutare l'infanzia di una favela brasiliana ad avere istruzione. Questo comporta lo sviluppo di quella libertà che è possibile per l'individuo solo a patto di non vivere nell'umiliazione di avere negato il potere della conoscenza, quello che permette di scegliere tra il fare gisto e sbagliato.
Non deve esistere casta per il sapere e, per noi che approfondiamo il discorso del teatro, come opzione ludica per lo sviluppo delle nostre risorse, è fondamentalmente etico rivolgere il pensiero ed il nostro supporto a chi l'istruzione basilare per difendersi e crescere non può avere. Pericolosa pregiudiziale, quindi, alle possibilità del destino.
Un ringraziamento all'Associazione Il Sorriso dei Miei Bimbi ed al Cinema Nuovo Aquila, che da molto tempo oramai sponsorizzano con un aiuto tangibile le campagne destinate ad aiutare l'emarginazione, lo sfruttamento, la povertà vera.

Nella drammaturgia che rappresenteremo, ho sottolineato a quattro mani con F. Pitorri quanto non esista luogo elettivo per il dolore, per la povertà affettiva, come non ne esiste uno particolare per l'amore e la crescita. Nello stesso tempo, la responsabilità di quanto avviene nel micro e macrocosmo delle nostre relazioni familiari, sociali, politiche ed economiche non può essere più sottovalutata. Compete ad ognuno dare il proprio contributo in quella che definisco "fabrica" del vivere sociale. L'individualismo esasperato non può più proteggere nell'anonimato dell'interesse del solo singolo, senza che prima o poi vi sia un ricasco anche nel collettivo. Dare le responsabilità  alla "globalizzazione"di quanto avviene nelle aree più bisognose del pianeta, ma oggi anche in quelle fino a poco tempo fa considerate meno a rischio di povertà, significa in parte deresponsabilizzare l'azione del singolo, sottrargli il potere dell'associazionismo per la difesa del proprio pensiero e dei propri diritti. E le recenti spontanee convention di gruppi di "indignados" nei luoghi del "potere", della "decisione", delle "regole" sta a significare poprio questo: la riconsiderazione di una democrazia veramente autentica. Questa deve poter albergare nello spazio privato e nello spazio pubblico, nel discorso sociale e nella sua prassi politica.
Potrebbe sembrare di essersi spinti lontani dal soggetto e dalla piece in oggetto con queste considerazioni, ma basterebbe pensare a come indigenza, carenza affettiva e difficoltà determinano i destini degli uomini,  per comprendere che anche Sonia ha diritto a ricercare e comprendere il "Resto della Sua Vita". Grazie alla compagna di scrittura, agli attori, a tutti i collaboratori ed amici ed in bocca al lupo!

E. Gioacchini

sabato 19 novembre 2011

DRAMMATERAPIA, saper leggere le tracce

Atelier LiberaMente per le Risorse 2011, Laboratorio del 16 nov
Nella foto, CiccioRospo68 e Anastasia

Drammaterapia, foto segnaletica di un attore

Atelier LiberaMente per le Risorse 2011,
Laboratorio del 16 nov. nella foto, Krila

Nessuno di noi sa cosa l'aspetta domani. Se un appuntamento è stato davvero dato, se può essere differito, annullato, ecc ecc. Nessuno cosa vi sia oltre l'ultimo momento (questo...questo...questo...) della nostra vita. Tutto quello che può essere fatto è desiderarlo e sperare che nessuna variabile esterna/interna interferisca. Il desiderio è come il pensiero di un movimento...mette in moto potenziali evocati del nostro destino. E' intrigante tentare di leggerli, folle credere che proveniamo dal nostro futuro. Desiderare è credere più volere, mentre sperare è credere più attendere. Questo il tranello ela potenza del nostro linguaggio.

Atelier Liberamente alla 4° puntata!

Atelier LiberaMente per le Risorse 2011,
Esercizi sulla Relazione, 16 nov

@ CiccioRospo68
Buongiorno, Vi presento Director (quartapuntata da cicciorospo68) 16/11/2011.

Un Bellissimo Branco di Lupacchiotti

Eccomi qui, sono le 20,10, la Basilica di san Paolo è sempre lì, al bar a fianco poche persone chiacchierano rintanate nei loro maglioni o felpe. Fa freddo, forse ci sono 5/6 gradi e attendo l’arrivo degli altri “allievi”. Siamo al quarto appuntamento. Mi siedo sul gradino di un locale ormai chiuso, vicino la nostra sede. Penso, curioso, a quello che ci aspetta questa sera, giocando nervosamente con il tappetino, fedele compagno di tutti gli appuntamenti e faccio un riepilogo mentale delle puntate precedenti. Intanto, arrivano man mano tutti gli altri…ma purtroppo, anche stasera, non siamo tutti. Una di noi ha subito un piccolo infortunio, e non può venire. Siamo in 6, più il director, Belinda, e a sorpresa anche ”Anastasia”.
Ci sediamo in circolo sulle sedie. Il conduttore ci orienta sulla serata, sull’imminente futuro, preannunciando una prima pieces di noi pulcini del primo corso base di dramma terapia per le risorse. Per la prima volta, ci parla approfonditamente della relazione che esiste tra il nostro Io, gli insegnamenti, la volontà, la gestualità, l’espressione e dunque la mimica dell’attore. Quindi ci invita all’azione, ci fa camminare prima lentamente, poi sempre più rapidament,e dentro la sala, come atomi impazziti, ognuno con la propria traiettoria. Così si evidenzia che alcuni di noi si scansano “troppo” al passaggio dell’altro..ma alla fine, con l’incrementare della velocità, tutti, sempre più rapidamente, convergiamo al centro della sala. Ci viene detto che questo è “psicologicamente normale”, ninete di cui preoccuparsi! Ma quante cose, durante questi corsi, sembrano normali, e poi a pensarci non lo sono…e viceversa!
Dopo si passa alla prof.ssa Belinda, per una rapida "riattivazione" spirituale. Esercizi respiratori, concentrazione, respirazione. Oggi un esercizio nuovo, ad occhi chiusi, posizione comoda…(professoressa giuro mi metto a dieta!!). Immaginiamo di suonare una musica conosciuta con le mani protese come se si stesse suonando realmente un pianoforte. Avrei voluto aprire gli occhi per vedere tutti i miei compagni di corso improvvisarsi piccoli “Mozart”….Io ho suonato mentalmente la mia, “Per Elisa” di Beethoven”, tanto per rimanere sul semplice. Meno male che non mi vedeva e non mi ascoltava alcuno!
Anche questa volta il Director è rigoroso, il tempo corre, dobbiamo fare altre cose e Belinda si congeda da noi (Director…personalmente avrei gradito qualche minuto in più a suonare il pianoforte….e magari ripetere qualche esercizio della volta scorsa).
Poi ci viene presentata una nuova professoressa, “Anastasia”.Anastasia è molto giovane, ma non per questo mostra titubanze. Trasmette serenità, e con molta chiarezza ed eleganza, ci indica gli esercizi da fare tutti insieme in circolo. Ripetere per tre volte il proprio nick associato ad un suono, ad un verso o imitando un qualunque animale di nostra preferenza. Il director, che non sta mai fermo, si da un gran da fare per riprenderci con la videocamera. Servirà per un ricatto futuro?! Tutti dobbiamo ripetere i gesti o le sonorità del compagno. E’ vero Director, questo dà indubbiamente un certo senso di onnipotenza, ma più che altro ho notato gioia, complicità, ilarità, comprensione, e soprattutto, non mi stancherò mai di ripeterlo..un gran bel gruppo. Un bellissimo branco di lupacchiotti…Lo ha detto anche il Director, “Ci stupiremo di quello che sapremo fare in una rappresentazione, proprio perché siamo noi, insieme, gruppo”.
Un grazie particolare, quindi ad Anastasia, che speriamo di rivedere presto, che ci ha fatto concentrare ma anche divertire. Bravissima..(figlia d’arte…e che arte!).Dopo si passa sotto la direzione del Maestro (!!) a fare un esercizio a coppie, molto particolare. L’uno deve “modellare” l’ altro con un gesto leggero; si può toccare un braccio, una mano, un dito, il capo, il modello dovrà, ad occhi chiusi “ascoltare”, sentire il movimento, interpretarlo, lasciarsi plasmare.
La posizione assunta dal modello, dovrà essere quindi “respirata” dallo stesso. Il Maestro ci spiega bene come fare. Alla fine, come sempre, esprimiamo le nostre impressioni, diverse per ognuno e differenziate nel trasmettere o ricevere la sensazione del movimento. Anche stavolta, mannaggia, cicciorospo68 non ha trasmesso alla sua compagna, Licia, sensazioni particolari! Però si è assodato, usando come modella Belinda, che Licia è particolare, molto particolare nel “modellare”... Anche al povero cicciorospo, è stata data un'altra possibilità con Belinda, e non sembra essere andata così male. Le sensazioni sono quindi differenti, chiaramente, tra tutti noi.
La serata è terminata, bella, intensa e forse un po’ diversa. Ci lasciamo riconfermandoci per gli appuntamenti prossimi che saranno più intensificati. Bene. Benissimo. Director, a me sembra di entrare nella stanza del corso come un Famas, e di uscirne Cronopios –cfr. Cortazar!
Ieri, andato a Piazza Venezia, ho cercato di modellare il vigile urbano, ma non mi ha capito…ho messo un carciofo al posto dell’orologio a muro, e mio suocero me lo ha buttato….mah….adesso mi faccio un paio di respiri come si deve e non ci penso più! Comunque, Director, me lo lasci dire….il più grande spettacolo dopo il week end…-quello in programma- siamo NOI!
Con affetto Cicciorospo68

giovedì 3 novembre 2011

Drammaterapia e Vita a Fumetto

"Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento della Realtà",
Workshop Drammaterapia, Roma 28.10.11
All'Atelier LiberaMente ed a tutti gli attori indistintaMente!



Fa parte dell'umano gioco della relazione, essere diffidenti, diventare euforici, bilanciare l'entusiasmo con pesi minuscoli eppure potenti, retaggio sempre presente dei nostri istinti fondamentali. Ma poi vi è questo mirabile inganno che è la coscienza a fare da meraviglioso amplificatore e perverso demolitore ed anche questo deve essere accettato. Guai a fare apologia del bene e del male, anche se vi sono cose che fanno bene ed altre che fanno male.
Ieri ha fatto bene a tutti, me compreso. Era come se camminaste sopra la geometria scarna dell'evidenza (pure importante), per fare delle nuvole messaggi e trasmissioni. Il vostro esercizio è stato ricco e continuerà a lavorare anche nella inconsapevolezza, anche nella mia. Vi ringrazio e vi riassumo tutto in una immagine del nostro più recente laboratorio...che bene rende emblematica l'intenzione di comprendere e vivere la comunicazione oltre l'ovvietà costante ed in agguato.  Director

mercoledì 2 novembre 2011

Drammaterapia & Ontologia attraverso Cortazar



Io Ritualisticamente, Scomposizione e Rimodellamento del Reale.
Reading Performativo sul pensiero di J. Cortazar, Roma 28.10.11 

Quando Cortazar, come in un tentativo cosmogonico, mette tre genie di esseri assoluti ad essere attraversati dal fato, egli scompone e ricompone la realtà, ovvero il nostro modello del mondo e in fondo l’essenza delle domande dell’Uomo. Le tre sottospecie (perché la specie è quella umana) sono i Cronopios, I Famas e le Speranze. Le domande fondamentali: dove sono, con chi sono, dove vado. Il problema delle origini -da dove provengo- è invece sorpassato, quasi a suggerire che siano i comportamenti a descrivere la realtà, a “costruirla”.
Questi esseri, i Cronopios ed i Famas, sono nella loro condizione immanente, imprigionati ad esprimere il loro ufficio, nella totale libertà di esplorarlo all’infinito ed ogni categoria, dobbiamo pensare, ha una complessità infinita da esprimere. Nell’equilibrio instabile dato dall’interazione delle tipologie di esseri, come in un quadro di Pieter Bruegel, dove follia ed ordine sembrano danzare insieme, possiamo così ravvisare l’identità complessa e contraddittoria delle tensioni dell’Uomo. Il loro sempre differente decantarsi in precipitato e solvente, infinitamente possibile.
Ontologicamente, tuttavia, Cortazar introduce tra i Cronopios, pervasi da così sana follia ed i Famas, così folli nella loro prevedibile organizzazione, un terzo tipo di esseri, appunto le Speranze, intermediari indefessi tra gli altri due. Questo inserimento è piuttosto “romantico”! Sembrerebbe recuperare la domanda inevasa -ma l'Autore non lo dice-; aspira, se non alla conciliazione, almeno al compromesso tra i Conopios ed i Fama, quasi come lontano ricordo, riconoscimento di un’unica creazione e, forse, creatore.
Come si diceva, ogni tipo in sé ha profondamente inscritta l’altra metà inevasa, l’elemento di chiara appartenenza all’altro. E sì che un Fama –suggerisce il pensiero di Italo Calvino-, nel suo compatto rigore, espresso sino al parossismo, esprime un agire “folle” che molto ricorda le caratteristiche di un Cronopio. Ed in fondo, domandiamoci, il suo non è l’estremo tentativo, portato sino all’eroismo, di salvare il Mondo dal Chaos? E un Cronopio, nella sua infinità esasperata sregolatezza e quasi sistematica capacità di eludere il consueto, la tradizione, le regole e abbandonarsi all’infrazione, non persegue forse un intento anancastico proprio della psicologia di un Fama?

sabato 22 ottobre 2011

Drammaterapia, le Scoperte dentro al Cilindro


"Le Scoperte dentro al Cilindro"
Buonasera, vi presento Director (seconda CiccioRospo68)

19 Ottobre 2011, Atelier Liberamente
All’ombra della imponente Basilica di san Paolo, si svolge il secondo appuntamento di questo nostro primo corso da aspiranti attori. Sono le 20,30, il director è in forma smagliante, e in qualche modo lo siamo anche noi, adrenalinici nell’attesa. Attesa che si prolunga sino alle 21,00 perché all’appello mancano ben 3 studenti…Non arrivano, il director cerca un pacifico compromesso con il suo telefonino cercando di chiamare e di scovare messaggi chiarificatori per quelle assenze. Povero director, non è colpa sua se a volte le compagnie telefoniche non consegnano puntuali i messaggi..rimpiangiamo i piccioni viaggiatori.
Qualcosa viene chiarito, i tre assenti non verranno. Ci sediamo noi allora, iniziamo, 3 donne, 3 uomini, e il director, che è spirito puro, quindi non fa parte di noi (director, questa frase le costerà un po di più). Egli ci raccomanda di avvisare per tempo eventuali assenze, perché in certe condizioni, non è possibile avanzare regolarmente con il programma. Questa sera infatti si farà qualcos’altro.
Sinceramente sono un po’ rammaricato, perché chissà come, i tre assenti ci fanno sembrare veramente pochi. Ma il conduttore è pronto, non si perde d’animo, 1,2,3 ...iniziamo dopo averci spiegato l’importanza della presenza di ognuno di noi al corso, ci chiede le impressioni e le esperienze successive al nostro primo appuntamento.
Così a turno, chiusi nel solito circolo seduti, ognuno esprime le proprie impressioni. Tutti, in un modo o nel’altro sembra abbiano tratto benefici nella vita quotidiana, qualcuno, come me, ha dimenticato di fare gli esercizi respiratori…(!).
Il conduttore ci fissa uno ad uno mentre parliamo. Durante la seduta ci racconta due episodi analoghi, ma con diverso destino purtroppo, che saranno importante base per il prosieguo della serata. Non racconterò i due episodi, sia perché in questo modo rimangono esclusivo appannaggio dei presenti e i tre assenti -piccola punizione- ne saranno curiosi), sia perché un racconto è da “bollino rosso” per la drammaticità della storia.
Il conduttore ci invita ad intraprendere un’azione teatrale, basata su una metafora importantissima per ognuno di no, come scopriremo di lì a poco. Bisogna infatti mimare, con i tempi giusti, ma ognuno con il proprio “io”, la fase in cui una persona, all’improvviso si sente “strozzare”, “tirare” dalla pericolosità di una “invisibile pesantezza dell’essere”, una pericolosa zavorra di cui liberarsi.
Inizia Fenice, la sua azione è magistrale, ha interpretato l’azione in modo “teatrale”, a giudizio di tutti con un ottima espressione mimica. Personalmente sono rimasto impressionato, sembrava un attore veterano. Estrema naturalezza nella riproduzione della dinamica. Si discute in proposito, poi è il momento di Licia.
Colpo di scena, Licia interpreta l’azione in modo totalmente diverso da Fenice, mantenendo una mimica ed un espressione notevolmente drammatica. Da applausi a scena aperta!
L’emozione e l’immedesimazione hanno dato luogo anche ad un momentaneo malessere di uno di noi. Qui mantengo la privacy. Ma segnalo che questo ha dato luogo ad un tempestivo importante ed inaspettato momento di “ipnosi”.
Il director parla, con un tono costante, sia a noi, che all’interessato, in evidente stato ipnotico.
Dopo pochi minuti, tutto si è risolto, ed l’empasse emotiva che aveva spinto il director ad operare una induzione è passato…Birdy si sveglia al primo voluto e preannunciato cambio di tono della voce…(director ma che magia e’?).
Torniamo subito alle interpretazioni, siamo sulla strada giusta. Ci è quindi spiegato dove potrebbero essere nascosti certi nostri errori del percorso mentale, i contrasti umorali e sensoriali, i tempi che determinano una specifica azione e perché ognuno, a proprio modo, ha interpretato così diversamente pochi attimi di azione scenica. La discussione è lunga, il conduttore raccoglie le opinioni di ognuno di noi e poi, come per magia, tira fuori dal cappello l’essenza della serata….(ops!). Introduce il tema delle differenze tra teatro e drammaterapia...
Sono passate già due ore. Chissà perché quando si sta bene, il tempo vola. Riflessioni finali.
E poi? Uno splendido “vi voglio bene..” ce lo ha dedicato…
Ha ragione, alcuni momenti, attimi, emozioni e pensieri… purtroppo per chi non c’era, sono inevitabilmente irripetibili, frutto dell’interpretazione momentanea.
Ma Director, Lei ha il cappello magico vero?! Alla prossima puntata, vostro Cicciorospo68.

giovedì 6 ottobre 2011

Drammaterapia: la fondazione del gruppo

@ Cicciorospo68
Buongiorno a tutti, Vi presento DIRECTOR!!!
Director è un uomo veramente poliedrico. Ci ospita in una accogliente sala, in una tranquilla zona di Roma.
Sembra essere un uomo che trasmette serenità, positività, rispettando il “pathos” di ognuno di noi con sensibilità e oculatezza non comuni. Per gli spazi che ci sono stati offerti, siamo un numero equo; c’è quindi quella senzazione di intimità così insolita tra persone che si vedono per la prima volta o quasi.
All’inizio, seduti a cerchio, ci descrive e ci inoltra a questo percorso che ci attende. Il Director ci guarda tutti in volto, uno ad uno, senza mai abbassare lo sguardo; sembra già sapere come parlare alla diretta persona che ha di fronte. Completa ogni periodo con degli esempi, in modo da poter rendere tutti partecipi e da poter essere ampiamente recepito in ogni singolo concetto. Alla fine sembra che abbia parlato per ore, senza mai smettere, ma sono passati solo 20 minuti.
L’inizio è subito interessante: presentare un “partner”, scelto quasi a caso tra i presenti (tramite un breve meccanismo di studio), dialogando con esso per non più di quattro minuti.
Appartandosi quindi in quei quattro minuti, dobbiamo reperire informazioni tali da poter presentare agli altri partecipanti il proprio "provvisorio" compagno di viaggio; il tutto senza lesinare fantasia…
Beh, trovate voi un modo migliore per iniziare a rendersi conto del valore del tempo!
In quel momento ero molto divertito e sereno, ed ho sfruttato tutte le mie capacità di sintesi per poter agevolare la mia compagna nella sua personale e “bizzarra” presentazione di me.
La presentazione è avvenuta con tanto di riflettori, ed il pubblico dei presenti, noi stessi.
Attenzione, emozione, intraprendenza, ce l’abbiamo messa tutta, era la prima volta sotto i riflettori, ampi tratti di comicità e simpatia.
Mi è sembrato di scorgere in ognuno di noi un emozione particolare, a volte imbarazzo, ma comunque ci sentivamo tra noi , nessuno superiore o inferiore all’altro; tutti in qualche modo in debito con la vita.
Un bellissimo modo di presentare questo nuovo gruppo nascente.
La serata prosegue con una rilassantissima nuova esperienza, molto fisica, sui primi metodi di respirazione YOGA. Questa volta, il Director gestisce solo la musica di sottofondo, un esperta insegnante, Belinda, ci indica i primi movimenti da eseguire, distesi a terra, per i principi di una corretta respirazione.
Anche questa per me è una prima esperienza. Non riesco a vedere gli altri compagni, perché bisogna essere distesi a terra e l’unica cosa che posso vedere è il soffitto.
Oltre al soffittonoto la mia goffezza nei movimenti richiesti…..quante volte e quanti dottori mi hanno consigliato di andare a fare sport!!
Giusto il tempo di raccogliere le nostre povere ossa.. e di nuovo in piedi per un'altra esperienza.
Percorrere tutti insieme delle traiettorie nella sala, e nella nostra mente, senza parlare, in linea retta, diagonale, poi in cerchio.In quei momenti pensavo alla mia vita, quante volte infatti mi sembrava di percorrere una strada diritta che poi così non è stata.L’esperienza viene poi ripetuta ma questa volta ad occhi chiusi. Il Director richiama la nostra attenzione muovendosi rapidamente nella sala mentre noi, poveri zombie..., dobbiamo vagare in direzione della sua voce. Il Director ci chiede di non barare e tenere gli occhi ben chiusi durante il camminamento. Ci fa passare così da una sala ad un'altra. Ci sono degli scalini…ma con la sua voce-guida, nessuno si urta, nessuno cade. Con tale esercizio ci si rende conto di avere delle capacità "extrasensoriali" che in determinati modi possono aiutarci, e soprattutto come ci fa presente il Director, il rallentamento o la lentezza ci aiutano molto. Lo stesso concetto era stato ribadito durante la fase yoga, imponendoci una corretta respirazione che inevitabilmente ci ha poi portato a rallentare tutti i nostri movimenti corporei.

(Stamattina in ufficio mi soffermo molto di più su tante cose, molte delle quali prima non avevano importanza)
Gli esercizi continuano, questa volta sul rapporto abbandono/fiducia, vengono costituite nuove coppie, la persona antistante doveva lasciarsi cadere all’indietro per essere “accolti” o “sostenuti” dal partner retrostante; finchè è una donna a cadere su un uomo non sembrano esserci particolari problemi; la sorpresa è avvenuta quando c’è stato (e me lo aspettavo) lo scambio di posizioni…
Il Directror ci ha coordinato magistralmente, ed in breve tutte le iniziali rigidità sono venute meno, direi come per magia. Così è successo anche per un atipico e conclusivo “pendolo” in cui dovevamo lasciarci oscillare tra due compagni (uno era sempre il director) per alcuni secondi. Rilassando il corpo è così possibile per i due collaboratori, ricevere il nostro corpo e quindi tutto il nostro peso senza eccessivo sforzo.
Bene, si è giunti al termine della serata con i saluti e le raccomandazioni “multimediali” del director, che forse, tra blog, iscrizioni, yahoo, google e password, è un po’ troppo “avanti” per molti di noi….ma ovviamente si è reso disponibile in prima persona a risolvere eventuali problematiche.
Così tra linee, respirazioni, diagonali, percorsi oscuri, lentezza, meditazione, sguardi, curiosità, gestione, umori, paure, perplessità e sorrisi, si è concluso quello che secondo me è un primo picco ponte tra noi ed il nostro essere. Tra noi ed i nostri valori nascosti e tutti da esprimere. Spero di aver già imparato qualcosa…così come spero che arrivi presto la prossima settimana per stare ancora insieme a queste persone ed al Director, e per divenire “aspirante attore” anche di una nuova vita.
Atelier Liberamente per le Risorse, Corso Base, La Fondazione del Gruppo
(nella foto da sinistra, Krila, CiccoRospo68 e CiccioRospo 68)
Un saluto, Cicciorospo68.

giovedì 29 settembre 2011


FIGURA & SFONDO

C'è da considerare che mentre al di fuori del dominio della conquistata coscienza dell'essere, tutti i recettori dell'individuo animale si sono accontentati di "proiettare" all'interno i percetti (quanto percepito), dopo il raggiunto "cogito ergo sum" di qualche migliaio di anni va (in realtà diverse migliaia), la proiezione sia divenuta massiccia verso il fuori. Un apparato di riproduzioni delle immagini con quanto i sensi percepivano, ma insieme determinavano: paure, desideri, speranze e dunque illusioni. Non vi sono stati più una figura ed uno sfondo a relazionarsi, ma uno spazio simbolico capace di unire e disgiungere, più potente del fulmine e persino dell'ira del Dio (molto spesso pensati collusi insieme, ma anche bestemmiati insieme). Quanto descrivo è uno spazio assolutamente virtuale, alla stessa stregua di questi puntini (pixel) che ti danno l'illusione che qui vi sia qualcosa, mentre è soltanto riprodotto nella tua mente con le variabili proprie della tua persona, capaci dunque di tradirne la fonte concettuale, di amplificarne l'importanza, perfino di negarne l'evidenza (res extensa). Il meccanismo proiettivo (è di questo che sto discutendo) è però estremamente plastico ed è per questo che gli avvenimenti fuori, nel bene e nel male, ci modificano ed arrivano a modificare anche la plasticità di quel povero neurone, così simile nella pulce e nell'uomo!
E' vero, l'ho presa un po’ da lontano...ma è per questo che un teatro drammaterapico, proprio perché manipolando gli arrivi e le partenze dei nostri atti di coscienza, ci permette di restituire a quest’ultima la consapevolezza della sua potenza, dal momento che ha creato la nostra mente.
Del resto, come più spesso mi sono ripetuto con la grande amica e performer Maria Luisa Pasquarella, nel teatro, come illudersi di fingere nella finzione?! In bocca al lupo al nuovo gruppo al nastro di partenza! director







mercoledì 28 settembre 2011

CORSO DI DRAMMATERAPIA, 5 OTTOBRE 2011


Il Creative Drama & In.Out Theatre avvia il 5 ottobre il primo modulo (corso base trimestrale, ottobre-dicembre) dell'Atelier di Drammaterapia per le Risorse (Atelier LiberaMente) diretto da E. Gioacchini. Si articola in due incontri mesili serali di tre ore (mercoledì) ed un laboratorio (un venerdì).
L’Atelier nasce come un laboratorio di alfabetizzazione teatrale, volto allo studio ed alla sperimentazione delle tecniche di base della recitazione.
La metodologia si riferisce all’utilizzo della drammaterapia come metodo che permette ai partecipanti l’espressione creativa del proprio “processo artistico”, attraverso una vasta gamma di strumenti quali la recitazione, la musica, il gioco, la tecnica del mimo, il movimento, la danza, lo storytelling, l’hypnodrama.
Non sono richieste abilità specifiche. Sede, VideoAmbiente, Via Ostiense 193d (Basilica di S. Paolo)
Per maggiori informazioni: info.atelier@dramatherapy.it, cell. 393403448785


Le tecniche e gli esercizi di base hanno per oggetto:


 il movimento (elasticità corporea, attivazione di parti corporee trascurate, studio del ritmo, del tono,
    sfasature, contrasti);
 la sensazione (rilassamento, esplorazione e percezione sensoriale immedesimazione, osservazione,
    descrizione e creazione di suoni e immagini);
 la mimica (mimica facciale e corporea, micro e macro movimenti, il gesto espressivo, intensità, plasticità,
    posa, naturalezza, immobilità);
 la fonetica (dizione, uso della voce, volumi, ritmi, toni, pause);
 l’imitazione (ricostruzione dei segni caratteriali, linguaggio e tempi, naturalismo e stilizzazione);
 l’improvvisazione (temi, situazioni, stati d’animo, racconti orali); la drammatizzazione (la creazione di un
testo in un’improvvisazione, la scelta dei segni e dei contenuti, il “messaggio”);
 interpretazione (interrelazione tra segni visivi e uditivi, correlazione con gli altri, senso scenico, agibilità
   dello spazio teatrale, presenza);
 training auto-ipnosi (propedeutico all’hypnodrama).


Esercizi di psico-tecnica


• Autoanalisi e analisi del testo e del Personaggio
• Allenamento della memoria e dell’attenzione (concentrazione)
• Rilassamento e gestione della tensione
• Improvvisazione guidata verbale e non verbale
• Utilizzazione degli impulsi emotivi (risata, pianto, rabbia)
• Memoria emotiva
• Centralità corporea
• Coordinamento motorio
• Comunicazione non verbale
• Presenza scenica, interiorizzazione ed esteriorizzazione espressiva
• Trucco e Maschera Teatrale

venerdì 22 aprile 2011

Una Pasqua simbolica di intensa serenità


@ director
Desidero augurare una "pasqua" simbolica di intensa serenità all'Atelier e a tutti quanti ci seguono e sopportano le nostre performances, così strepitosamente imperfette e piene di "senso". E lo faccio con un fotomontaggio di qualche angelo rubato alla basilica di S. Pietro dalla macchina fotografica di mia figlia ed un sogno che Pulcinella ci ha regalato qualche giorno fa, recitandolo compitamente e coniugandovi tanta emozione. Grazie a tutti, grazie Pulcinella, Auguri.

"Un regalo per voi tutti con l'augurio di una meravigliosa Pasqua di pace e serenità: LA SCALA DELLA VITA.
Che belle le nuvole! E’ questo ciò che penso, mentre nella dimensione onirica di me adolescente cammino tra loro. I miei piedi scalzi ad accarezzare nel mio incedere spensierato questa morbida ovatta candida. Improvvisamente, innanzi a me una lunghissima scala a pioli di legno grezzo, con il naso all’insù la guardo per un attimo, con curiosità, cercando di capire dove può condurre. La vedo dissolversi tra i cumuli e con spensierata incoscienza, lentamente, inizio a la mia salita. Un piolo per volta. Decine, centinaia di piccole stecche di legno si inseguono sotto i miei piedi. Quando finirà? L’eccitazione della scoperta pian piano lascia il posto alla stanchezza. Ho paura. Non so cosa fare, non ne vedo la fine, vorrei tornare indietro, ma ci ripenso, non posso e non voglio arrendermi. Guardo in basso la lunghissima scala che si perde nel nulla, mi aggrappo con forza ai bordi che mi sostengono; sento che non ho più forza e la paura, la stanchezza, il dolore del lungo cammino lasciano ora spazio alla disperazione. Maledico la mia curiosità e mentre mi volto esausta per riprendere faticosamente il mio percorso... cosa vedo? Un enorme portone che prima non c’era! Afferro i battenti di bronzo, fauci di leone a sostenerle e con la poca forza ancora rimastami batto due colpi. Subito, come per magia, le grandi e pesanti ante si schiudono morbide quasi fossero ali e ciò che i miei occhi vedono ha davvero dell’incredibile. Un immenso giardino ombreggiato da alberi fioriti in una radiosa giornata di primavera inoltrata. Giù nel fondo una staccionata di legno e oltre solo cielo azzurro e nuvole. Tutti i colori hanno un’intensità tale che ne rimango rapita. Nel naso odore di muschio, fiori ed erba tagliata, ma ciò che maggiormente attrae la mia attenzione è il lento incedere di figure umane, tutte rigorosamente vestite solo di bianco. Una coppia in tipico stile Belle Epoque: lei sotto un enorme cappello, stretta in un bustino che le segna la vita, cammina ondeggiando la sua ampia gonna, accarezzando i fili d’erba sotto di sé. Per ripararsi dal sole, ha un graziosissimo ombrellino di pizzo. Accanto a lei un giovane uomo con i baffi all’insù e un cappello a cilindro le porge il braccio e l’ascolta rapito. Poco distante, un bimbo gioca rincorrendo il suo cerchio, un giovane soldato di una guerra non voluta appoggiato ad un albero, ascolta attento i racconti di due vecchi non più stanchi seduti su una panchina di pietra. Tutti nei loro abiti candidi sorridono e si muovono con dolcezza in quel verde e quell’azzurro limpido riscaldati dai raggi del sole che filtrano tra i rami. Quanta pace, quanta felicità! Sdraiata nell’erba, mi lascio cullare da questa sensazione e travolgere dall’emozione. Non vorrei più scendere quella scala e lasciare quel giardino, vorrei che il tempo si fermasse ora, per sempre, ma è mattino, mia madre mi chiama e risvegliandomi mi riporta alla realtà. “Perché mentre dormivi sorridevi? Cosa stavi sognando piccola mia?”- e lei - “Il Paradiso mamma!”. 
Un sogno di tantissimi anni fa, ero piccolissima, non l'ho mai dimenticato. Forse è davvero così, chi può dirlo. Con affetto, Pulcinella.

lunedì 28 marzo 2011

Dramatherapy, Blue Beard 2010, First Act, 1

Blue Beard, To Want, To Need, To Be,
by Creative Drama & In-Out Theatre,
a play written, producted and directed by E. Gioacchini

sabato 26 marzo 2011

Drammaterapia, Blue Beard, To Want, To Need, To Be

Blue Beard, To Want, To Need, To Be, Prologue

A dramatherapic piece by Creative Drama & In-Out Theatre,
written, producted  & directed by E. Gioacchini

venerdì 25 marzo 2011

Drammaterapia, La Relazione atraverso il Filo


@ Libertà
Un giorno, non si sa perché, incontro il teatro e così accade che incontri la relazione e un filo che mi permette di vivere un rapporto completamente diverso, senza parole, con uno spazio alle fantasie protette dal silenzio e ti accorgi che senti l'altro, in una nuova dimensione, e tutto questo mi porta dentro uno stato d'animo nuovo, libero. L'altro non è alto, basso, biondo, moro, uomo o donna, non è più classificato, ma vissuto attraverso quella relazione. E così sei fuori dal conflitto che governa la tua vita, perché –diciamolo- in quasi tutte le relazioni, cerchiamo di affermare quello che pensiamo, costruiamo. Vivere le relazioni come fossero un filo ipotetico tra noi e gli altri, ecco sembra impossibile: i fili non si vedono, ma l'altro percepisce la nostra difesa, si difende a sua volta e torna la guerra dentro. Non il conflitto per la sopravivenza, ma quello delle nostre paure. Il filo è una metafora che racconta l’autenticità.

@ Pulcinella
Il simbolo, la metafora e il gioco mi sono diventati più amici. La fiaba e il mito mi accompagnano, accendono alcune scintille e queste aprono i sensi. Mi accorgo delle resistenze, sul mio corpo, censuro le emozioni, le imprigiono, non gli permetto di tradirmi… la voce, il gesto, il timore dell’eco dentro e fuori: ho di nuovo attivato protezioni e schermature.
Poi, l’incontro: due anime diverse, casuali, ciascuna con il proprio vissuto di gioie e difficoltà non ancora risolte. Tra le mani un piccolo filo dorato ad unire a due a due questi mondi dissimili, eppure così uguali tra loro. Gli occhi dell’uno a scrutare quelli dell’altro, a cercare coraggio. Un pozzo profondo e buio nasconde tanti ricordi e tante, troppe, emozioni.. Il piccolo filo dorato teso tra loro diviene allora un superconduttore… di quelle. Dopo un po’, però, quasi per magia, resta teso tra loro, come divenuto una bacchetta magica: lo sguardo ora è diverso. L’altro non è più l’altro. Questo è il loro magico presente. Al futuro? Ci penseranno poi.

@ Nero
Quante volte il rapporto con l’altro tocca la nostra esistenza, modifica la traiettoria, la spinta, la guida, lo stop? Quanto di personale nella “relazione”? Come un banditore d’asta offre un oggetto decantandone le qualità e il valore. Un valore, appunto, del tutto personale. La tendenza a non considerare l’altro di vitale importanza, per quella paura primordiale di essere “abbandonato”, che ti fa avvicinare alla relazione con un’idea rigida, preformata. Ma per parlare di relazione bisogna essere almeno in due… Nella vita o quando ci impegniamo nel gioco dei fili, o quando ci misuriamo nello spazio che ci circonda con un filo. Oppure non riusciamo a compiere un gesto, il timore di dire ciò che pensiamo, di dichiarare apertamente quello che del rapporto ci fa soffrire, non ci rendiamo responsabili della buona salute della relazione. Se quel filo immaginario si allenta e il rapporto cade, se tiriamo troppo e lo perdiamo, la comunicazione non ha più senso di esistere, perché l’altro non c’è più: siamo soli, Tentare di riprendere il filo di un rapporto nuovo, nella speranza autentica che sia diverso.

mercoledì 16 marzo 2011

AUGURI ITALIA!

L'Arte, lo abbiamo ripetuto più volte su questi spazi, possiede uno "spettacolare" valore profetico. Non solo è simulacro di quanto di sociale e dunque politico avviene, ma è "crisalide" alle future ed imminenti avventure dell'Uomo. Il Teatro, non si sottrae a questo destino, anzi da questo nasce e dentro esso si sviluppa, occhio che può spaziare indietro e in avanti, arricchendo il presente dei presagi e delle memorie. Ed il teatro di due secoli fa fu come un vento che soffia tra le scene di opere maggiori e minori, con battute allusive e riferimenti alla "libertà dallo straniero", all'anelito verso l'Unità del Regno, con il dito puntato verso un clericalismo che imprigionava spesso (troppo spesso) libertà, sentimenti, cultura ed evoluzione. Teatro cospiratore in fondo, che usa i drammi del passato per rievocarli in uno spirito di edizione però presente, a spingere in avanti le speranze di quei nostri lontani compagni di viaggio. Giambattista Niccolini nè è un esempio e vorrei davvero che i miei allievi potessero approfondirne il pensiero, così' lucido, fiero e - si dimostrò, appunto, profetico.
Auguri Italia, auguri nelle tue sciagure e pettegolezzi, auguri anche se devi ritirarti su le braghe perchè ora non hai l'alibi dello straniero e neanche devi avere quello degli "stranieri", ma le tue vicende, con il teatro inutile del gossip politico che devi cancellare dalla tua agenda.
Auguri Italia che fatichi a sbarcare il lunario, che ti inventi gli scienziati ed a fatica li trattieni, che non devi mai aver paura di difendere la libertà di espressione, ma anche la civiltà della stessa. Auguri Italia con i fondi per lo spettacolo congelati, promessi, negati.
Auguri Italia per i tuoi sforzi, la tua storia, la tua passione ed auguri a questi uomini e donne sconosciute dell'Italia che spero davvero siano sempre più rappresentati
Auguri miei "attori". Director

domenica 27 febbraio 2011

La vicenda di Yara, il mostro intorno-dentro di noi

Dramatherapy, Figuring out the Dreams
@ director
Tragico ritrovamento quello di Yara, una scoperta che non porterà alcun beneficio a questa ragazzina in attesa della realizzazione dei propri sogni. Una scoperta ancora una volta cruda per le nostre coscienze, che invece potrebbe lavorare e portare a qualche progresso, a patto di …farla lavorare dentro. E in questo, in fondo, consiste la vera “evoluzione” della specie. Yara amava il movimento che supera i limiti della gravità, quello che unisce i gesti e l’educazione che vi è dietro alle espressione del sogno e dell’arte, che vuole elevare lo spirito, oltre che il corpo. Il volo più ardito per lei è stato terribile, ingiusto, inaspettato.

Tra novembre e dicembre, nel pieno della lavorazione del nostro Barbablù (Blue Beard, To Want, To Need, To Be), insieme a questo nostro gruppo ebbi molte perplessità riguardo la realizzazione della pièce teatrale. Il teatro della vita, con l’angosciante recente vicenda di Sara Scazzi e poi la scomparsa di Yara, superava tragicamente quello che si svolgeva nelle nostre prove. Ne parlammo più volte. La vicenda “artistica” ricalcava troppo quanto di reale e drammatico stava avvenendo nella cronaca di quei giorni: il sospetto del mostro intorno-dentro a noi. Poi, si decise che, in un teatro “totale”, come definisco quello che dirigo, era necessario che anche la storia di queste due ragazze lavorasse dentro il gruppo. Silenziosamente, senza bollettini di notizie o voyeuristici richiami alle storie vere, ma con l’aiuto del processo drammaterapico in atto. Per chi, come me, si è sempre interessato di criminologia per lavoro e per studio, non si trattava di entrare nella scena del crimine, ma di viverne i significati insieme al mio gruppo di attori, di persone intime. E Barbablù è stato rappresentato.

Una persona, qualche giorno fa mi parlava di un differente sogno infranto. Le sue scarpette di danza, ferme da sempre nella mente-cassetto della memoria ad aspettare di essere indossate, a leggere con lei la silenziosa delusione di non essere compresi, almeno in quella cosa. Non sfugge a me, come a voi, la ovvia differenza di gravità degli eventi, ma non di importanza. La vita di questa persona, da allora in poi si spogliò non solo di scarpette mai indossate, ma del coraggio, dell’autonomia, ed in molta parte della credibilità in se stessa. L’importanza delle cose non risiede solo in quanto è visibile, dichiarato, raccontato a noi sulle pagine di un giornale o reso “vero” dalle testimonianze. Il “tribunale” dei nostri affetti, quello che dispensa sensi di colpa e perdoni, punizioni e premi, parcheggia in una mente molto più vasta di quanto può essere contenuto nella scatola cranica di un individuo. La coscienza collettiva toglie e regala importanza alle cose, come alle mode, spesso sull’onda del fragore della notizia o dello share di ascolto, oppure, come in questi giorni, deve riuscire a “comprendere” quanto accade, anche in assenza di rumori o rumors, in una terra vicinissima al nostro Paese, la Libia. Una delle prime lezioni che insegna la criminologia di ogni latitudine è che dietro un vittima, come forse per la piccola Yara, vi è sempre la nozione di trovarsi “nel posto sbagliato nel momento sbagliato” (e di converso terribilmente giusti per l’omicida). Coordinate di tempo e luogo, però, non si riferiscono solo ad orari e posti, ma alla più vasta dimensione del collettivo che è cosciente, solidale, empatico al suo interno, che sorveglia senza sorvegliare, che protegge senza far guerre, che sostiene senza esplicita richiesta. Questo è il significato dell’empatia, della testimonianza della vita sociale quando accoglie e supera in confini limitati delle proprie paure.

giovedì 24 febbraio 2011

Da LiberaMente a DramaticaMente Teatro, sempre!


Cari attori, cari compagni di viaggio, dedico questa foto (ed il videoclip appena pubblicato) al percorso che abbiamo fatto, a tutti, senza esclusione di colpi e persone...Viaggio eretico, se l'ortodossia suggerisce l'inchino al potente, al lezioso, al camuffamento delle storie e della Storia. Il teatro smaschera, come la storia ed in fondo è figlio di questa. Il narcisimo dei potenti si piega (lo vediamo in questi giorni di conflitti e tragedie vicino ai nostri "confini"), solo apparentemente senza lacrime, alla giustizia della vita civile, dove non basta il rispetto, se non vi è amore. E quest'ultimo è intercorso, con gli abiti di scena o nella prove prima delle rappresentazioni, con l'ansia preziosa dello spettacolo, quello fuori e quello dentro.
Ho preso quattro attori di LiberaMente e li ho messi ad abitare l'Atelier di DramaticaMente Teatro, proprio a significare questo passaggio, delicato (ma pur sempre passaggio) tra due porzioni dello stesso "bosco". Quello dove, se non ci perdiamo un poco, non sappiamo neanche che è importante "ritrovarsi". Artificio d'immagine, paradosso di realtà, se questa è posta nelle maglie del sogno. Ma dove finisce l'uno e comincia l'altro è stato il nostro segreto, privato e gruppale, durante il corso appena finito. Grazie ai due Atelier ed ai suoi attori. Director

mercoledì 23 febbraio 2011

Hypnodrama: La luna in cerca di casa

Aprile 2011, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio: La luna in cerca di casa  -data in programmazione-

Hypnodrama: Morfeo, Ikelos e Fantasos. L’equilibrio psicosomatico è ora provocato, percorso da idee ed emozioni destoricizzate secondo la consueta logica formale, nel tentativo di conciliare quanto emerge di “asimmetrico”: induzione ad osservare la propria storia o un evento definito, a superare le resistenze inconsce. Reazioni emotive come lo stupore, la meraviglia, la commozione frantumano i pregiudizi verso la ricostruzione di una possibile nuova storia Non è il nostro passato ad essere corretto, ma l'esperienza emotiva archiviata in esso e congelata, come la assurda staticità del sintomo più che visibile, sottile "filo rosso" -afferma Langs- che riconduce al vissuto traumatico o, piuttosto, a quanto di esso è dato oggi "significativamente" dal nostro presente. director

mercoledì 9 febbraio 2011

Lutto a Roma e Teatro della Povertà nel Mondo: "abbi pietà di noi"


Pietà per loro e Pietà per noi, oltre il lutto, il coraggio. Casualmente fotografata
 a gennaio 2011, la apro oggi.

Esiste l'empatia di chi si guarda e si comprende e poi c'è quella "negata", nascosta e che si autoassolve solo perchè lo sguardo è riparato sotto un cavalcavia o in mezzo ad un canneto per quattro bambini. Nessuno sguardo è povero, e se non ci si credesse c'è a ricordarcelo proprio l'arte di un pittore o di uno scultore. Può esserci silenzio, ma mai mancanza di un senso. Ai miei attori. director

martedì 8 febbraio 2011

Il Teatro Drammaterapico

Spartaco Pelle, Blue Beard, Creative Drama & In-Out Theatre, dic 2010

domenica 6 febbraio 2011

l'Attore in Drammaterapia



 
 

Foto di Scena da "Blue Beard, To Want, To Need, To Be", dicembre 2010.
 Catia Savo e il director

Il Teatro Drammaterapico (CDIOT)

Catia Savo in Blue Beard, riduzione drammaterapica di Barba Blù
 di E. Gioacchini, Creative drama & In-Out Theatre, Roma, dicembre 2010

martedì 1 febbraio 2011

Cinema Therapy e Cinema-Drama Terapia, Disegni Sociali ed Artistici, di Plino Perilli

Plinio Perilli durante la conferenza introduttiva alla piece drammaterapica
"Il Fissatigre" di E. Gioacchini, 2007
 Il 3 febbraio a Roma, presso il Creative Drama & In-Out Theatre (CDIOT), sarà ospite Plinio Perilli con la presentazione del suo ultimo volume "Costruire lo Sguardo", vastissimo e intreccaito repertorio sui rapporti tra il Cinema e tutte le altre Arti. L'autore presenterà anche il Seminario di Cinema-Drama Terapia condotto dal direttore del CDIOT, E. Gioacchini.

@ P. Perilli

Che il Cinema, per la sua stessa natura, rituale e implosa, di piccolo-grande scenario o spettacolo di Psiche, sia dotato o possa essere comunque utilizzato, sollecitato per le sue forti virtù affabulanti, catartiche e dunque terapiche, apparve chiaro fin dai suoi primordi. E se le gags rutilanti delle prime comiche di Cretinetti e Max Linder, l’immenso Charlot, perfido e melanconico, lo stesso “lunare” Buster Keaton, i metafisici fratelli Marx, Stan Laurel e Oliver Hardy… lenivano i traumi storici o esistenziali del primo approccio e ingresso nella Modernità (ma anche l’inferno della Grande Guerra, il purgatorio del dopoguerra), i grandi romanzieri per immagini carezzavano per virtù d’intreccio, dramma risolto, vicissitudine salvifica, la voglia e forza di progresso che l’Europa e il Mondo tutto chiedevano in fondo a ‘900.
Ma anche qui, c’è misura e misura. Ci furono insomma registi che restarono alla superficie dei problemi e dell’anima, ed altri che invece si tuffarono a picco fin dentro ai gangli del dissidio (sociale), del malessere (individuale) – insomma di quella che già Herr Nietzsche battezzava “la malattia chiamata uomo”…
Così Tempi moderni (1936), tanto per dire, non fu solo la parodia ma anche il lenimento scanzonato e insinuante contro le tare e le accelerazioni del fordismo industriale, e insomma dell’alienazione accelerata del nuovo mondo del lavoro…
Per virtù doppiamene artistica, gli autori devoti al surrealismo (Luis Buñuel su tutti) giunsero a lidi e plaghe dello spirito annodate e misteriche: corroboranti d’eccezione, diciamolo, per la macchina Cinema –sempre del resto alle prese con le più insondabili potenzialità dei “generi”… Si pensi al gran lavoro che un regista come Hitchcock ha svolto sui reconditi ardimenti o stordimenti di psiche… Veri e propri classici come Io ti salverò (1945) o Vertigo – La donna che visse due volte (1958), ne danno ampiamente conto. Non a caso la notissima sequenza del sogno che perseguita Gregory Peck – in Io ti salverò – fu “disegnata” da Salvator Dalì… Quando poi la Decima Musa trovò altri veri e propri geni come Bergman, Welles, e poi Kubrick – non poté più esserci alcun dubbio: il Cinema celava e proteggeva in sé una fortissima carica psicoterapica, immaginifica, di puro e sano transfert in nome di ogni pur bieco dramma da disciogliere, di ogni ennesima, commedia da rappresentare, e in cui forse addirittura poter noi stessi entrare…
Entrare, entrarci – entrar direttamente dentro allo schermo e a quelle stesse storie, come ci induce a fare in fondo l’esilarante, autocritico Woody Allen con la sue farse serissime e insieme scanzonate (Io e Annie, 1977; Manhattan, 1979; soprattutto, La rosa purpurea del Cairo, 1985)…
Da noi, intanto, Totò e Peppino, in qualche modo perfino Sordi e Manfredi, Tognazzi e Gassmann e tutti gli altri moschettieri della cosiddetta “commedia all’italiana”, facevano un gran lavoro se non altro sull’inconscio collettivo –per non dire sulle tare (talvolta anche sui pregi!) del “costume”…
Ma i gran registi delle contraddizioni, del malessere –della terapia dell’Io verso l’incomunicabile, spesso inaccettabile Altro da sé) furono Fellini e Antonioni– diversissimi ma anche assimilabili. La dolce vita e Otto e mezzo, L’avventura, La notte, L’eclisse, Deserto rosso… furono film che, in pieni anni ’60, raccontarono meglio dei sociologi o degli scienziati di psiche il travaglio di una società consumistica che col benessere del consumismo inoculava però, assieme, anche i veleni, lo stress, mille ansie indicibili.

Restiamo al fermento italiano: una nuova generazione (allora, di baldi giovani!), quella dei Marco Bellocchio e dei Bernardo Bertolucci –affidò al cinema certo un ruolo privilegiato, nella grande rivolta sociale (ma soprattutto psicologica, introiettata) succeduta e sospinta dal ’68… E anche qui, film come I pugni in tasca, Il conformista, Ultimo tango a Parigi, ebbero grandi meriti di sincerità e denudamento doveroso.
Pier Paolo Pasolini, intanto, continuava il suo gran lavoro combinatorio tra immagine e poesia, protesta e denuncia… Ma –udite udite!– affidate all’arte. Titoli come La ricotta (1963), Uccellacci e uccellini (1966), Teorema (1968), lasciarono il segno.
E molti altri grandi numi tutelari continuavano a mettere in discussione –per fortuna– la nostra malcelata tranquillità o crisi d’ansia borghese, le nostre false sicurezze, le malattie meno diagnosticabili ma certo non meno infauste… Ingmar Bergman con –tra gli altri tanti capolavori – Il posto delle fragole, 1958; Sussurri e grida, 1972; Scene da un matrimonio, 1973; L’immagine allo specchio, 1976… Lo stesso Kurosawa migliore (quello ad esempio di Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure, 1970); Jacques Tati e il Playtime dell’alienazione (1967)…
Ad ogni generazione che sopravviene, il Cinema trova, gioca nuove chances di denudamento dell’Io, e cento approcci fantasiosamente psicoterapici: addirittura di laica, mimetica rappresentazione (come una volta fu per il teatro!) di tanto e tale malessere. Lo fece Wim Wenders con la sua Germania ancora piena di cicatrici e ferite storiche, insomma con gli angeli “umanati” de Il cielo sopra Berlino (1987)… Lo fece Pedro Almodóvar coi più belli dei suoi film – ed una Spagna che appena uscita dal franchismo e da una grigia dittatura anche della coscienza, ritrova desideri, fervori, perfino incubi nuovi: Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988), Tutto su mia madre (2000), Parla con lei (2002)…
Con Quentin Tarantino –e il vizio/vezzo di un fin troppo statunitense, e più che estremo genere “splatter” –arriviamo all’ultimo gradino della discesa ad inferos di un moderno, modernissimo “male di vivere”… Una risultanza e una reazione violenta alla mera e cruda violenza che –per fortuna – sfocia come in un’autoparodia catartica, in un’accelerazione plasticata e giocata… Ed è in fondo proprio la tecnica (eventualmente la postmoderna contro-morale!) dell’accelerato genere “horror”… Le iene (1992), Pulp fiction (1994), restano per fortuna solo fiction… Più ce ne rendiamo conto, più le allontaniamo da noi, dal nostro habitat e dal nostro cuore…
Qualcosa da individuare e strappar via, come una neoplasìa, un tumore forse ancora benigno che la Società non può permettersi, né ammettere: se non proprio mettendolo in scena, calandolo e cauterizzandolo in Spettacolo, nel teatro perenne o subitaneo, trasparente o perfettamente calcato, sudato, dei nostri eventi d’esistenza: “Il Teatro: ecco la trappola” – fa dire Shakespeare ad Amleto – “in cui prenderò la coscienza del re”…
Nient’altro davvero è il buon Cinema che un inopinato, trasfigurante teatro per immagini. Terapia ed empatìa assolute, se lo spettatore/paziente vi si affida con la serenità di chi anche da fermo sa e vuole intraprendere dei lunghissimi viaggi interiori.

Testo consigliato: Plinio Perilli, Costruire lo Sguardo (Storia Sinestetica del Cinema in 40 grandi registi”), Gruppo Mancosu, Roma, 2009.
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