L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







venerdì 19 novembre 2010

Drammaterapia: Barbablù, Prologo, la fiaba


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PROLOGO

UNA PRIMA BAMBINA ENTRA IN SCENA, DAL FONDO DELLA PLATEA A SINISTRA, PER LA LETTURA DELLA FIABA, FACENDO DEI LUNGHI E TORTUOSI PERCORSI TRA GLI SPETTATORI E LASCIANDO CADERE UNA TRACCIA DI CARAMELLE PRESE DA UN SACCHETTO CHE HA CON SE. DOPO SETTE SECONDI, UNA SECONDA BAMBINA LA SEGUE –È PIÙ PICCOLA DI ETÀ. LA PRIMA BAMBINA RAGGIUNGE IL PROSCENIO, IN POSIZIONE CENTRALE. ANCHE QUEST’ULTIMA, APPENA RAGGIUNGIUNTA LA PRIMA, LA OLTREPASSA E LASCIA CADERE DELLE CARAMELLE, DISPONENDOSI QUALCHE METRO LONTANO DALLA PRIMA BAMBINA, PIÙ IN INDIETRO, SULLA SINISTRA. LA PRIMA BAMBINA, DOPO AVER RECITATO LA PRIMA PARTE DELLA FIABA, PARTENDO DA UN LENTO CAMMINARE, INIZIA UNA DANZA (M2 VIVALDI - THE FOUR SEASONS "WINTER" / LE QUATTRO STAGIONI "L'INVERNO", GIULIANO CARMIGNOLA). LA SECONDA BAMBINA, TERMINATA LA FIABA, SI UNISCE ALLA PRIMA. ENTRAMBE ESCONO DI SCENA TENENDOSI PER MANO, MIMANDO DI DIALOGARE TRA LORO E TORNANDO SUI LORO PASSI D’INGRESSO.
1° Bambina - C'era un a volta un uomo tanto ricco quando brutto. Egli possedeva palazzi in città, ville in campagna, scuderie piene di cavalli, forzieri colmi di monete d'oro, ma aveva la barba blu, una barba che gli dava un aspetto così terribile che tutte le ragazze scappavano non appena lo vedevano. Aveva già chiesto la mano di parecchie fanciulle, poiché desiderava sposarsi; ma tutte lo avevano rifiutato. Tuttavia egli non si stancava e continuava a cercare moglie. (...)
1° Bambina - Hai adoperato la chiave che ti avevo proibito di usare? Vuoi restituirmela, ora? La ragazza porse la chiave con mani tremanti, e Barbablù vide subito che era macchiata. - Perché c'è del sangue su questa chiave?
2° Bambina - Proprio non lo so…
1° Bambina - Ebbene, lo so io! (gridò ferocemente l'uomo) Tu mi hai disobbedito e sei entrata nello stanzino. Perciò vi ritornerai, e questa volta per sempre, perché io ti taglierò la testa e ti metterò a fianco delle altre donne che furono curiose come te.
2° Bambina - La povera ragazza a quelle parole divenne pallida come una morta e si buttò in ginocchio: - Perdonatemi! (singhiozzo) Io non lo dirò a nessuno ciò che ho veduto.
1° Bambina - Tutte le donne sono pettegole così come sono curiose; solo quando ti avrò tagliato la testa, sarò veramente sicuro che non parlerai.
2° Bambina - Vi prometto che vi obbedirò sempre! Vi prometto che non dirò una sola parola.
1° Bambina - (Barbablù ridendo sgangheratamente, disse) Ti ho veduto alla prova! E adesso sono stanco di ciarle: vieni con me perché la tua ultima ora è suonata.

 segue esegesi critica del testo (...)

Tutta la piece è costruita su tre tematiche fondamentali: il rapporto dell'individuo con il Destino, l'influenza parentale su quest'ultimo e la relazione con l'oscuro. Esse si affacciano costantemente nei dialoghi tra i personaggi, in modo diretto, ma pervadono sempre l'opera attraverso l'uso simbolico materico o interpretativo delle scene. Il prologo è l'inizio della storia, la narrazione della fiaba, un racconto capace di condensare storia, leggenda e motivi psicologici dell'umano, che, questa volta è letta da due bambine agli adulti. Il rovesciamento nella committenza del dato sta a simboleggiare il ritorno del mito alla sua origine, lì da dove è scaturito, dalla vicenda umana che ha tradotto in racconto epico, in favola, una realtà condivisa. Ed ancora questa, ora è condivisa con uno scambio delle parti tra narratore (due bambine) ed ascoltatore (il pubblico). Le bambine sono vestite dello stesso abito (un tubino bianco strisciato con un motivo alla Mondrian) che nel prosieguo della piece indosseranno le tre interpreti dell'ultima moglie di Barbablù: intuibile simbolo di destini che debbono diventare consapevoli per davvero sottrarsi all'epilogo della storia. La scelta delle narratrici è al femminile in questo inizio (poi cambierà lungo la piece), proprio a significare la lettura della vicenda attraverso il vissuto di Rebecca (così è stata chiamata), l'ultima moglie di Barbablù, scampata "fortunatamente" al proprio destino. L'azione delle due piccole interpreti (la seconda più piccola della prima perchè sia enfatizzato il concetto di percorso vitale all'interno della storia) inizia tra gli spettatori, lì dove la vicenda ha potenziale svolgimento (quante Rebecche tra loro), ingenuo travestimento (quanta finta realizzazione), subdolo mascheramento (quale oscuri segni). Proprio questa partenza dal luogo delle origini, questa umanità seduta che ascolta ed osserva quanto avviene, con l'impotenza e la contestuale possibilità di cambiare, istruisce di senso l'apertura del prologo. Le due bambine camminano tra il pubblico, come a sorgere tra quello, dall'infanzia mitica, misteriosa e fertile insieme del gruppo umano riunito. Lo spazio tra interprete e spettatore è sin da questo inizio annullato, capovolto rispetto alla logica razionale: il vero spazio sarà quello annullato o reso grande dalle resitenze identificative, semmai. Esse procedono, lasciando dietro di loro una traccia, delle caramelle, dei segnali per un possibile ritorno, che vedremo sarà poi negato. Sono segni di zucchero, dolci come l'età dell'infanzia, come quell'ideale del bambino/purezza/ingenuità/incanto che esiste celebrato in ogni cultura, laica o religiosa. E tuttavia, destinato ad essere sconvolto (l'deale) dal fisiologico passaggio verso il disincanto delle successive età dell'uomo. Nel momento del ritorno, dopo la lettura della fiaba, e la danza della vita sulle note del "traumatico" inverno di Vivaldi, i segnali a terra saranno stati mossi o perduti, resteranno forse nascosti dietro l'ombra più pesante dell'esistenza che, seduta, le osserva, che poco può fare perchè ogni pericolo sia scongiurato. L'epifania di possibili tragedie o speranze è tutta lì, è annunciata, nella forza del ritorno o forse quella, più potente, dell'esplorazione di altri universi, destini possibili.

6 commenti:

  1. Caro director e cari amici, penso che oggi abbiamo toccato il punto di non ritorno, ormai siamo dentro la piece che andremo a rappresentare, con le nostre energie e le nostre difficoltà che si sono fuse in un abbraccio liberatorio. Abbiamo ricevuto e ci siamo dati il dono di noi stessi, senza nasconderci da maschere immaginarie per celare le nostre debolezze, scoprendoci più veri. Questo mi ha fatto sentire parte di qualcosa, ma non meno importante dell'insieme, nel percorso che stiamo facendo. Sono certa che ognuno di noi trasmetterà all'altro, come nel gioco del filo, una energia nuova da prendere e fare propria e da regalare agli altri.
    Un grazie e un abbraccio al nostro director e a tutti voi. Sole

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  2. Punto di non ritorno...fai pensare a quella porta che, una volta superata, non promette ritorni, ma chiede ridefinizione del tuo rapporto con la realtà. Non sai magari come, ma nulla può essere come nel tempo prima di attraversarla. Passi incerti, ma finalmente cosapevoli, dubbiosi, ma hanno il coraggio di sposare l'intenzione all'azione, in barba (!) al prezzo non previsto del destino di Blue Beard o di quello di Rebecca. Come i vostri oggi, che performavano testi e dialoghi al buio, contro scenari possibili solo nelle vostre teste, prove d'autore delle vostre storie silenziose, fatte di pensieri e ricordi, nel rumore di fondo del lavoro dell'inconscio, nel mix con le musiche di Blue Beard. Dialoghi imprevisti tra stralci di copione, esclamazioni di testo, interrogativi drammaturgici resi vitali e deambulanti in cerca di ospitalità nell'"altro". Tu (Stella ed io ti abbiamo vista) hai espresso, dietro e fuori i tuoi occhi chiusi, più pathos del solito, quello che appartiene al tuo processo drammaterapico con gli altri. Più nessuna differenza tra dentro e fuori, quando il pregiudizo è frantumato dal buio; in questa occasione alleato. Hai dato molto, hai ricevuto molto.

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  3. Qualche anno fa, portata in scena da un gruppo di drammaterapia guidato da te, director, l'interpretazione della fiaba di Barbablù. All'epoca mi riconobbi molto in quell'uomo che, a suo modo, amava e teneva in scacco le donne che avevano la fortuna-sfortuna di incontrarlo e di legarsi a lui. In fondo rispecchiava la mia educazione, il retaggio storico dei miei genitori e della società dell'epoca, del mondo patriarcale fatto di scale gerarchiche che tutti si portavano dentro. La paura di amare e di essere sopraffatto faceva il resto. Mai concedere tutto; lasciare sempre un angolo buio...
    Oggi è diverso, Barbablù è stato sostituito da un uomo che non ha bisogno di stanze segrete per sentirsi padrone di qualcosa, ma soprattutto non ha la necessità di nascondere le sue intime verità (brutte o belle non importa...)
    La consapevolezza e l'accettazione che dentro ogni essere umano possa albergare un Gille de Rais sopito e sedato da una serie di valori e sentimenti propri dell'essere umano -raziocinio, cultura, rispetto, ecc...- necessari al vivere di una società civile, non mi ha sconvolto, bensì mi ha permesso di accettare la diversità e la difettosità mie e degli altri come un dono, e non come una penalizzazione. E la consapevolezza di esserci, e di far parte di qualcosa di più grande, di "gruppale", mi fa sentire meno solo. Unico e speciale sempre, come ognuno di noi, ma insieme agli altri. Come oggi, insieme, ad occhi chiusi per vedere meglio...

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  4. Alla fine di un’intensa giornata passata insieme, come tante altrettanto interessanti, non abbiamo avuto il tempo e forse il modo di restituire il feedback di quanto vissuto. Tempo che ora voglio qui esprimere come naturale proseguimento dei processi attivati.
    Devo subito e con stupore dire a tutti che ho trovato molto fruttuoso il modo di rappresentazione della pièce che ci hanno dato, con le loro capacità, il Director e l’assistente Blue.
    La realtà intesa come spazio fatto di cose, di misure, di persone e circostanze quindi di un luogo spazio- temporale mi sono accorto con grande sorpresa che aveva frenato la mia creatività, le mie capacità più nascoste e segrete e non mi aveva consentito di esprimermi al meglio nella prova precedente. Mi aveva quasi mortificato davanti a me stesso perché avevo provato la parte e pensavo di poterla rappresentare bene.
    Ora mi sono riscoperto tutto nuovo, con delle capacità che non credevo di poter esprimere.
    Con gli occhi chiusi ti misuri con il “profondo blu” penso sia l’Io primordiale che raccoglie e custodisce il patrimonio più prezioso di ogni essere umano quello capace di esprimere intensamente ogni emozione, perplessità ma soprattutto ogni possibilità data o creata.
    Ho sentito vicino tutto il gruppo al quale va un affettuoso abbraccio. Molto preziosi sono stati i suggerimenti pre-pièce di Sole e Nero che mi hanno fatto riflettere e aiutato ad “entrare” nel personaggio Barbablù- Konrad Lorenz.
    E’ stato bello ascoltare le parti di tutti gli attori, dei narratori delle voci fuori campo ed immaginare la loro rappresentazione in scena, in un miscuglio di emozioni e tensioni ed allora lì ho pensato:
    Ce la possiamo fare! Ce la posso fare!
    Grazie director. Grazie gruppo

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  5. Grande Romeo, ci sei anche tu, e questo è un valore aggiunto di non poca importanza. Un abbraccio. Nero

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  6. Ieri è stata una giornata intensa,piena di emozioni,mi sono sentita libera d'esprimermi, ho avvertitoquesto mescolare nel dare, ho ascoltato l'incontro con l'altro mitigato dal calore che si riusciva a percepire. Ho sentito una pienezza sconvolgente. Caro Director grazie che riesci a muovere i fili, quelli giusti, con armonia e ...Sei magico siete magici.Ogni incontro riesce a darci, a nutrirci, a migliorarci. Mi sento tanto Rebecca e tanto Barbablù .Denudarci non è semplice, ma mi sento sempre più...Beatrice

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