L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini
venerdì 22 aprile 2011
Una Pasqua simbolica di intensa serenità
@ director
Desidero augurare una "pasqua" simbolica di intensa serenità all'Atelier e a tutti quanti ci seguono e sopportano le nostre performances, così strepitosamente imperfette e piene di "senso". E lo faccio con un fotomontaggio di qualche angelo rubato alla basilica di S. Pietro dalla macchina fotografica di mia figlia ed un sogno che Pulcinella ci ha regalato qualche giorno fa, recitandolo compitamente e coniugandovi tanta emozione. Grazie a tutti, grazie Pulcinella, Auguri.
"Un regalo per voi tutti con l'augurio di una meravigliosa Pasqua di pace e serenità: LA SCALA DELLA VITA.
Che belle le nuvole! E’ questo ciò che penso, mentre nella dimensione onirica di me adolescente cammino tra loro. I miei piedi scalzi ad accarezzare nel mio incedere spensierato questa morbida ovatta candida. Improvvisamente, innanzi a me una lunghissima scala a pioli di legno grezzo, con il naso all’insù la guardo per un attimo, con curiosità, cercando di capire dove può condurre. La vedo dissolversi tra i cumuli e con spensierata incoscienza, lentamente, inizio a la mia salita. Un piolo per volta. Decine, centinaia di piccole stecche di legno si inseguono sotto i miei piedi. Quando finirà? L’eccitazione della scoperta pian piano lascia il posto alla stanchezza. Ho paura. Non so cosa fare, non ne vedo la fine, vorrei tornare indietro, ma ci ripenso, non posso e non voglio arrendermi. Guardo in basso la lunghissima scala che si perde nel nulla, mi aggrappo con forza ai bordi che mi sostengono; sento che non ho più forza e la paura, la stanchezza, il dolore del lungo cammino lasciano ora spazio alla disperazione. Maledico la mia curiosità e mentre mi volto esausta per riprendere faticosamente il mio percorso... cosa vedo? Un enorme portone che prima non c’era! Afferro i battenti di bronzo, fauci di leone a sostenerle e con la poca forza ancora rimastami batto due colpi. Subito, come per magia, le grandi e pesanti ante si schiudono morbide quasi fossero ali e ciò che i miei occhi vedono ha davvero dell’incredibile. Un immenso giardino ombreggiato da alberi fioriti in una radiosa giornata di primavera inoltrata. Giù nel fondo una staccionata di legno e oltre solo cielo azzurro e nuvole. Tutti i colori hanno un’intensità tale che ne rimango rapita. Nel naso odore di muschio, fiori ed erba tagliata, ma ciò che maggiormente attrae la mia attenzione è il lento incedere di figure umane, tutte rigorosamente vestite solo di bianco. Una coppia in tipico stile Belle Epoque: lei sotto un enorme cappello, stretta in un bustino che le segna la vita, cammina ondeggiando la sua ampia gonna, accarezzando i fili d’erba sotto di sé. Per ripararsi dal sole, ha un graziosissimo ombrellino di pizzo. Accanto a lei un giovane uomo con i baffi all’insù e un cappello a cilindro le porge il braccio e l’ascolta rapito. Poco distante, un bimbo gioca rincorrendo il suo cerchio, un giovane soldato di una guerra non voluta appoggiato ad un albero, ascolta attento i racconti di due vecchi non più stanchi seduti su una panchina di pietra. Tutti nei loro abiti candidi sorridono e si muovono con dolcezza in quel verde e quell’azzurro limpido riscaldati dai raggi del sole che filtrano tra i rami. Quanta pace, quanta felicità! Sdraiata nell’erba, mi lascio cullare da questa sensazione e travolgere dall’emozione. Non vorrei più scendere quella scala e lasciare quel giardino, vorrei che il tempo si fermasse ora, per sempre, ma è mattino, mia madre mi chiama e risvegliandomi mi riporta alla realtà. “Perché mentre dormivi sorridevi? Cosa stavi sognando piccola mia?”- e lei - “Il Paradiso mamma!”.
Un sogno di tantissimi anni fa, ero piccolissima, non l'ho mai dimenticato. Forse è davvero così, chi può dirlo. Con affetto, Pulcinella.
lunedì 28 marzo 2011
Dramatherapy, Blue Beard 2010, First Act, 1
Blue Beard, To Want, To Need, To Be,
by Creative Drama & In-Out Theatre,
a play written, producted and directed by E. Gioacchini
by Creative Drama & In-Out Theatre,
a play written, producted and directed by E. Gioacchini
sabato 26 marzo 2011
Drammaterapia, Blue Beard, To Want, To Need, To Be
Blue Beard, To Want, To Need, To Be, Prologue
A dramatherapic piece by Creative Drama & In-Out Theatre,
written, producted & directed by E. Gioacchini
written, producted & directed by E. Gioacchini
venerdì 25 marzo 2011
Drammaterapia, La Relazione atraverso il Filo
@ Libertà
Un giorno, non si sa perché, incontro il teatro e così accade che incontri la relazione e un filo che mi permette di vivere un rapporto completamente diverso, senza parole, con uno spazio alle fantasie protette dal silenzio e ti accorgi che senti l'altro, in una nuova dimensione, e tutto questo mi porta dentro uno stato d'animo nuovo, libero. L'altro non è alto, basso, biondo, moro, uomo o donna, non è più classificato, ma vissuto attraverso quella relazione. E così sei fuori dal conflitto che governa la tua vita, perché –diciamolo- in quasi tutte le relazioni, cerchiamo di affermare quello che pensiamo, costruiamo. Vivere le relazioni come fossero un filo ipotetico tra noi e gli altri, ecco sembra impossibile: i fili non si vedono, ma l'altro percepisce la nostra difesa, si difende a sua volta e torna la guerra dentro. Non il conflitto per la sopravivenza, ma quello delle nostre paure. Il filo è una metafora che racconta l’autenticità.
@ Pulcinella
Il simbolo, la metafora e il gioco mi sono diventati più amici. La fiaba e il mito mi accompagnano, accendono alcune scintille e queste aprono i sensi. Mi accorgo delle resistenze, sul mio corpo, censuro le emozioni, le imprigiono, non gli permetto di tradirmi… la voce, il gesto, il timore dell’eco dentro e fuori: ho di nuovo attivato protezioni e schermature.
Poi, l’incontro: due anime diverse, casuali, ciascuna con il proprio vissuto di gioie e difficoltà non ancora risolte. Tra le mani un piccolo filo dorato ad unire a due a due questi mondi dissimili, eppure così uguali tra loro. Gli occhi dell’uno a scrutare quelli dell’altro, a cercare coraggio. Un pozzo profondo e buio nasconde tanti ricordi e tante, troppe, emozioni.. Il piccolo filo dorato teso tra loro diviene allora un superconduttore… di quelle. Dopo un po’, però, quasi per magia, resta teso tra loro, come divenuto una bacchetta magica: lo sguardo ora è diverso. L’altro non è più l’altro. Questo è il loro magico presente. Al futuro? Ci penseranno poi.
@ Nero
Quante volte il rapporto con l’altro tocca la nostra esistenza, modifica la traiettoria, la spinta, la guida, lo stop? Quanto di personale nella “relazione”? Come un banditore d’asta offre un oggetto decantandone le qualità e il valore. Un valore, appunto, del tutto personale. La tendenza a non considerare l’altro di vitale importanza, per quella paura primordiale di essere “abbandonato”, che ti fa avvicinare alla relazione con un’idea rigida, preformata. Ma per parlare di relazione bisogna essere almeno in due… Nella vita o quando ci impegniamo nel gioco dei fili, o quando ci misuriamo nello spazio che ci circonda con un filo. Oppure non riusciamo a compiere un gesto, il timore di dire ciò che pensiamo, di dichiarare apertamente quello che del rapporto ci fa soffrire, non ci rendiamo responsabili della buona salute della relazione. Se quel filo immaginario si allenta e il rapporto cade, se tiriamo troppo e lo perdiamo, la comunicazione non ha più senso di esistere, perché l’altro non c’è più: siamo soli, Tentare di riprendere il filo di un rapporto nuovo, nella speranza autentica che sia diverso.
mercoledì 16 marzo 2011
AUGURI ITALIA!
L'Arte, lo abbiamo ripetuto più volte su questi spazi, possiede uno "spettacolare" valore profetico. Non solo è simulacro di quanto di sociale e dunque politico avviene, ma è "crisalide" alle future ed imminenti avventure dell'Uomo. Il Teatro, non si sottrae a questo destino, anzi da questo nasce e dentro esso si sviluppa, occhio che può spaziare indietro e in avanti, arricchendo il presente dei presagi e delle memorie. Ed il teatro di due secoli fa fu come un vento che soffia tra le scene di opere maggiori e minori, con battute allusive e riferimenti alla "libertà dallo straniero", all'anelito verso l'Unità del Regno, con il dito puntato verso un clericalismo che imprigionava spesso (troppo spesso) libertà, sentimenti, cultura ed evoluzione. Teatro cospiratore in fondo, che usa i drammi del passato per rievocarli in uno spirito di edizione però presente, a spingere in avanti le speranze di quei nostri lontani compagni di viaggio. Giambattista Niccolini nè è un esempio e vorrei davvero che i miei allievi potessero approfondirne il pensiero, così' lucido, fiero e - si dimostrò, appunto, profetico.
Auguri Italia, auguri nelle tue sciagure e pettegolezzi, auguri anche se devi ritirarti su le braghe perchè ora non hai l'alibi dello straniero e neanche devi avere quello degli "stranieri", ma le tue vicende, con il teatro inutile del gossip politico che devi cancellare dalla tua agenda.
Auguri Italia che fatichi a sbarcare il lunario, che ti inventi gli scienziati ed a fatica li trattieni, che non devi mai aver paura di difendere la libertà di espressione, ma anche la civiltà della stessa. Auguri Italia con i fondi per lo spettacolo congelati, promessi, negati.
Auguri Italia per i tuoi sforzi, la tua storia, la tua passione ed auguri a questi uomini e donne sconosciute dell'Italia che spero davvero siano sempre più rappresentati
Auguri miei "attori". Director
Etichette:
Atelier LiberaMente
Ubicazione:
Via di Tor Fiorenza, 35, 00199 Roma, Italia
domenica 27 febbraio 2011
La vicenda di Yara, il mostro intorno-dentro di noi
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Dramatherapy, Figuring out the Dreams |
Tragico ritrovamento quello di Yara, una scoperta che non porterà alcun beneficio a questa ragazzina in attesa della realizzazione dei propri sogni. Una scoperta ancora una volta cruda per le nostre coscienze, che invece potrebbe lavorare e portare a qualche progresso, a patto di …farla lavorare dentro. E in questo, in fondo, consiste la vera “evoluzione” della specie. Yara amava il movimento che supera i limiti della gravità, quello che unisce i gesti e l’educazione che vi è dietro alle espressione del sogno e dell’arte, che vuole elevare lo spirito, oltre che il corpo. Il volo più ardito per lei è stato terribile, ingiusto, inaspettato.
Tra novembre e dicembre, nel pieno della lavorazione del nostro Barbablù (Blue Beard, To Want, To Need, To Be), insieme a questo nostro gruppo ebbi molte perplessità riguardo la realizzazione della pièce teatrale. Il teatro della vita, con l’angosciante recente vicenda di Sara Scazzi e poi la scomparsa di Yara, superava tragicamente quello che si svolgeva nelle nostre prove. Ne parlammo più volte. La vicenda “artistica” ricalcava troppo quanto di reale e drammatico stava avvenendo nella cronaca di quei giorni: il sospetto del mostro intorno-dentro a noi. Poi, si decise che, in un teatro “totale”, come definisco quello che dirigo, era necessario che anche la storia di queste due ragazze lavorasse dentro il gruppo. Silenziosamente, senza bollettini di notizie o voyeuristici richiami alle storie vere, ma con l’aiuto del processo drammaterapico in atto. Per chi, come me, si è sempre interessato di criminologia per lavoro e per studio, non si trattava di entrare nella scena del crimine, ma di viverne i significati insieme al mio gruppo di attori, di persone intime. E Barbablù è stato rappresentato.
Una persona, qualche giorno fa mi parlava di un differente sogno infranto. Le sue scarpette di danza, ferme da sempre nella mente-cassetto della memoria ad aspettare di essere indossate, a leggere con lei la silenziosa delusione di non essere compresi, almeno in quella cosa. Non sfugge a me, come a voi, la ovvia differenza di gravità degli eventi, ma non di importanza. La vita di questa persona, da allora in poi si spogliò non solo di scarpette mai indossate, ma del coraggio, dell’autonomia, ed in molta parte della credibilità in se stessa. L’importanza delle cose non risiede solo in quanto è visibile, dichiarato, raccontato a noi sulle pagine di un giornale o reso “vero” dalle testimonianze. Il “tribunale” dei nostri affetti, quello che dispensa sensi di colpa e perdoni, punizioni e premi, parcheggia in una mente molto più vasta di quanto può essere contenuto nella scatola cranica di un individuo. La coscienza collettiva toglie e regala importanza alle cose, come alle mode, spesso sull’onda del fragore della notizia o dello share di ascolto, oppure, come in questi giorni, deve riuscire a “comprendere” quanto accade, anche in assenza di rumori o rumors, in una terra vicinissima al nostro Paese, la Libia. Una delle prime lezioni che insegna la criminologia di ogni latitudine è che dietro un vittima, come forse per la piccola Yara, vi è sempre la nozione di trovarsi “nel posto sbagliato nel momento sbagliato” (e di converso terribilmente giusti per l’omicida). Coordinate di tempo e luogo, però, non si riferiscono solo ad orari e posti, ma alla più vasta dimensione del collettivo che è cosciente, solidale, empatico al suo interno, che sorveglia senza sorvegliare, che protegge senza far guerre, che sostiene senza esplicita richiesta. Questo è il significato dell’empatia, della testimonianza della vita sociale quando accoglie e supera in confini limitati delle proprie paure.
giovedì 24 febbraio 2011
Da LiberaMente a DramaticaMente Teatro, sempre!
Ho preso quattro attori di LiberaMente e li ho messi ad abitare l'Atelier di DramaticaMente Teatro, proprio a significare questo passaggio, delicato (ma pur sempre passaggio) tra due porzioni dello stesso "bosco". Quello dove, se non ci perdiamo un poco, non sappiamo neanche che è importante "ritrovarsi". Artificio d'immagine, paradosso di realtà, se questa è posta nelle maglie del sogno. Ma dove finisce l'uno e comincia l'altro è stato il nostro segreto, privato e gruppale, durante il corso appena finito. Grazie ai due Atelier ed ai suoi attori. Director
mercoledì 23 febbraio 2011
Hypnodrama: La luna in cerca di casa
Aprile 2011, Il Teatro che cura, dal drama alla drammaterapia + Laboratorio: La luna in cerca di casa -data in programmazione-
Hypnodrama: Morfeo, Ikelos e Fantasos. L’equilibrio psicosomatico è ora provocato, percorso da idee ed emozioni destoricizzate secondo la consueta logica formale, nel tentativo di conciliare quanto emerge di “asimmetrico”: induzione ad osservare la propria storia o un evento definito, a superare le resistenze inconsce. Reazioni emotive come lo stupore, la meraviglia, la commozione frantumano i pregiudizi verso la ricostruzione di una possibile nuova storia Non è il nostro passato ad essere corretto, ma l'esperienza emotiva archiviata in esso e congelata, come la assurda staticità del sintomo più che visibile, sottile "filo rosso" -afferma Langs- che riconduce al vissuto traumatico o, piuttosto, a quanto di esso è dato oggi "significativamente" dal nostro presente. director
Hypnodrama: Morfeo, Ikelos e Fantasos. L’equilibrio psicosomatico è ora provocato, percorso da idee ed emozioni destoricizzate secondo la consueta logica formale, nel tentativo di conciliare quanto emerge di “asimmetrico”: induzione ad osservare la propria storia o un evento definito, a superare le resistenze inconsce. Reazioni emotive come lo stupore, la meraviglia, la commozione frantumano i pregiudizi verso la ricostruzione di una possibile nuova storia Non è il nostro passato ad essere corretto, ma l'esperienza emotiva archiviata in esso e congelata, come la assurda staticità del sintomo più che visibile, sottile "filo rosso" -afferma Langs- che riconduce al vissuto traumatico o, piuttosto, a quanto di esso è dato oggi "significativamente" dal nostro presente. director
mercoledì 9 febbraio 2011
Lutto a Roma e Teatro della Povertà nel Mondo: "abbi pietà di noi"
Pietà per loro e Pietà per noi, oltre il lutto, il coraggio. Casualmente fotografata a gennaio 2011, la apro oggi. |
Esiste l'empatia di chi si guarda e si comprende e poi c'è quella "negata", nascosta e che si autoassolve solo perchè lo sguardo è riparato sotto un cavalcavia o in mezzo ad un canneto per quattro bambini. Nessuno sguardo è povero, e se non ci si credesse c'è a ricordarcelo proprio l'arte di un pittore o di uno scultore. Può esserci silenzio, ma mai mancanza di un senso. Ai miei attori. director
martedì 8 febbraio 2011
domenica 6 febbraio 2011
Il Teatro Drammaterapico (CDIOT)
martedì 1 febbraio 2011
Cinema Therapy e Cinema-Drama Terapia, Disegni Sociali ed Artistici, di Plino Perilli
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Plinio Perilli durante la conferenza introduttiva alla piece drammaterapica "Il Fissatigre" di E. Gioacchini, 2007 |
@ P. Perilli
Che il Cinema, per la sua stessa natura, rituale e implosa, di piccolo-grande scenario o spettacolo di Psiche, sia dotato o possa essere comunque utilizzato, sollecitato per le sue forti virtù affabulanti, catartiche e dunque terapiche, apparve chiaro fin dai suoi primordi. E se le gags rutilanti delle prime comiche di Cretinetti e Max Linder, l’immenso Charlot, perfido e melanconico, lo stesso “lunare” Buster Keaton, i metafisici fratelli Marx, Stan Laurel e Oliver Hardy… lenivano i traumi storici o esistenziali del primo approccio e ingresso nella Modernità (ma anche l’inferno della Grande Guerra, il purgatorio del dopoguerra), i grandi romanzieri per immagini carezzavano per virtù d’intreccio, dramma risolto, vicissitudine salvifica, la voglia e forza di progresso che l’Europa e il Mondo tutto chiedevano in fondo a ‘900.
Ma anche qui, c’è misura e misura. Ci furono insomma registi che restarono alla superficie dei problemi e dell’anima, ed altri che invece si tuffarono a picco fin dentro ai gangli del dissidio (sociale), del malessere (individuale) – insomma di quella che già Herr Nietzsche battezzava “la malattia chiamata uomo”…
Così Tempi moderni (1936), tanto per dire, non fu solo la parodia ma anche il lenimento scanzonato e insinuante contro le tare e le accelerazioni del fordismo industriale, e insomma dell’alienazione accelerata del nuovo mondo del lavoro…
Per virtù doppiamene artistica, gli autori devoti al surrealismo (Luis Buñuel su tutti) giunsero a lidi e plaghe dello spirito annodate e misteriche: corroboranti d’eccezione, diciamolo, per la macchina Cinema –sempre del resto alle prese con le più insondabili potenzialità dei “generi”… Si pensi al gran lavoro che un regista come Hitchcock ha svolto sui reconditi ardimenti o stordimenti di psiche… Veri e propri classici come Io ti salverò (1945) o Vertigo – La donna che visse due volte (1958), ne danno ampiamente conto. Non a caso la notissima sequenza del sogno che perseguita Gregory Peck – in Io ti salverò – fu “disegnata” da Salvator Dalì… Quando poi la Decima Musa trovò altri veri e propri geni come Bergman, Welles, e poi Kubrick – non poté più esserci alcun dubbio: il Cinema celava e proteggeva in sé una fortissima carica psicoterapica, immaginifica, di puro e sano transfert in nome di ogni pur bieco dramma da disciogliere, di ogni ennesima, commedia da rappresentare, e in cui forse addirittura poter noi stessi entrare…
Entrare, entrarci – entrar direttamente dentro allo schermo e a quelle stesse storie, come ci induce a fare in fondo l’esilarante, autocritico Woody Allen con la sue farse serissime e insieme scanzonate (Io e Annie, 1977; Manhattan, 1979; soprattutto, La rosa purpurea del Cairo, 1985)…
Da noi, intanto, Totò e Peppino, in qualche modo perfino Sordi e Manfredi, Tognazzi e Gassmann e tutti gli altri moschettieri della cosiddetta “commedia all’italiana”, facevano un gran lavoro se non altro sull’inconscio collettivo –per non dire sulle tare (talvolta anche sui pregi!) del “costume”…
Ma i gran registi delle contraddizioni, del malessere –della terapia dell’Io verso l’incomunicabile, spesso inaccettabile Altro da sé) furono Fellini e Antonioni– diversissimi ma anche assimilabili. La dolce vita e Otto e mezzo, L’avventura, La notte, L’eclisse, Deserto rosso… furono film che, in pieni anni ’60, raccontarono meglio dei sociologi o degli scienziati di psiche il travaglio di una società consumistica che col benessere del consumismo inoculava però, assieme, anche i veleni, lo stress, mille ansie indicibili.
Restiamo al fermento italiano: una nuova generazione (allora, di baldi giovani!), quella dei Marco Bellocchio e dei Bernardo Bertolucci –affidò al cinema certo un ruolo privilegiato, nella grande rivolta sociale (ma soprattutto psicologica, introiettata) succeduta e sospinta dal ’68… E anche qui, film come I pugni in tasca, Il conformista, Ultimo tango a Parigi, ebbero grandi meriti di sincerità e denudamento doveroso.
Restiamo al fermento italiano: una nuova generazione (allora, di baldi giovani!), quella dei Marco Bellocchio e dei Bernardo Bertolucci –affidò al cinema certo un ruolo privilegiato, nella grande rivolta sociale (ma soprattutto psicologica, introiettata) succeduta e sospinta dal ’68… E anche qui, film come I pugni in tasca, Il conformista, Ultimo tango a Parigi, ebbero grandi meriti di sincerità e denudamento doveroso.
Pier Paolo Pasolini, intanto, continuava il suo gran lavoro combinatorio tra immagine e poesia, protesta e denuncia… Ma –udite udite!– affidate all’arte. Titoli come La ricotta (1963), Uccellacci e uccellini (1966), Teorema (1968), lasciarono il segno.
E molti altri grandi numi tutelari continuavano a mettere in discussione –per fortuna– la nostra malcelata tranquillità o crisi d’ansia borghese, le nostre false sicurezze, le malattie meno diagnosticabili ma certo non meno infauste… Ingmar Bergman con –tra gli altri tanti capolavori – Il posto delle fragole, 1958; Sussurri e grida, 1972; Scene da un matrimonio, 1973; L’immagine allo specchio, 1976… Lo stesso Kurosawa migliore (quello ad esempio di Dersu Uzala, il piccolo uomo delle grandi pianure, 1970); Jacques Tati e il Playtime dell’alienazione (1967)…
Ad ogni generazione che sopravviene, il Cinema trova, gioca nuove chances di denudamento dell’Io, e cento approcci fantasiosamente psicoterapici: addirittura di laica, mimetica rappresentazione (come una volta fu per il teatro!) di tanto e tale malessere. Lo fece Wim Wenders con la sua Germania ancora piena di cicatrici e ferite storiche, insomma con gli angeli “umanati” de Il cielo sopra Berlino (1987)… Lo fece Pedro Almodóvar coi più belli dei suoi film – ed una Spagna che appena uscita dal franchismo e da una grigia dittatura anche della coscienza, ritrova desideri, fervori, perfino incubi nuovi: Donne sull’orlo di una crisi di nervi (1988), Tutto su mia madre (2000), Parla con lei (2002)…
Con Quentin Tarantino –e il vizio/vezzo di un fin troppo statunitense, e più che estremo genere “splatter” –arriviamo all’ultimo gradino della discesa ad inferos di un moderno, modernissimo “male di vivere”… Una risultanza e una reazione violenta alla mera e cruda violenza che –per fortuna – sfocia come in un’autoparodia catartica, in un’accelerazione plasticata e giocata… Ed è in fondo proprio la tecnica (eventualmente la postmoderna contro-morale!) dell’accelerato genere “horror”… Le iene (1992), Pulp fiction (1994), restano per fortuna solo fiction… Più ce ne rendiamo conto, più le allontaniamo da noi, dal nostro habitat e dal nostro cuore…
Qualcosa da individuare e strappar via, come una neoplasìa, un tumore forse ancora benigno che la Società non può permettersi, né ammettere: se non proprio mettendolo in scena, calandolo e cauterizzandolo in Spettacolo, nel teatro perenne o subitaneo, trasparente o perfettamente calcato, sudato, dei nostri eventi d’esistenza: “Il Teatro: ecco la trappola” – fa dire Shakespeare ad Amleto – “in cui prenderò la coscienza del re”…
Nient’altro davvero è il buon Cinema che un inopinato, trasfigurante teatro per immagini. Terapia ed empatìa assolute, se lo spettatore/paziente vi si affida con la serenità di chi anche da fermo sa e vuole intraprendere dei lunghissimi viaggi interiori.
Testo consigliato: Plinio Perilli, Costruire lo Sguardo (Storia Sinestetica del Cinema in 40 grandi registi”), Gruppo Mancosu, Roma, 2009.
Leggi Comunicato Stampa
Testo consigliato: Plinio Perilli, Costruire lo Sguardo (Storia Sinestetica del Cinema in 40 grandi registi”), Gruppo Mancosu, Roma, 2009.
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lunedì 31 gennaio 2011
Dramatherapy: Storytelling in the Attic
Storytelling in the Attic: Performance and Memories (2011)
by Creative Drama & In-Out Theatre,
directed by E. Gioacchini
by Creative Drama & In-Out Theatre,
directed by E. Gioacchini
sabato 29 gennaio 2011
Drammaterapia: sul pelo dell'acqua
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Dancing Boat, Laboratorio Atelier LiberaMente, 28.01.11 |
Nero ascoltva con aria interessata quelle parole ed insieme rivedeva il film che aveva costruito, le voci dei marinai, quella confusione apparentemente disorganizzata, fatta di schizzi d'acqua, d'instabilità sulle barche, di grida...quante ne avrà ascoltate questa barca...., di reti e di braccia...tante braccia, mentre si issavano sopra quei tonni, spumeggianti come il mare. "Sì, questa barca deve essere stata usata molto ed ora sta riposando, è antica, come antico è il mare e chi lo solca ...beh diventa antico e saggio anche lui, con tutte quelle storie, di incognite e successi, di paure, di coraggio...". Tra gli occhi Franco e quelli di Nero sembrava si fosse avviato un ping pong di quelli che non lascia cadere alcuna palla fuori del campo, un passaggio perfetto e continuo di pensieri ed emozioni che non richiedono schiacciate o colpi bassi. "Questa luce mi piace, il cielo è scuro, ma sembra che il sole voglia vincere a tutti i costi...persino la sabbia bianca accentua la sagoma dell'ombra sulla spiaggia, lì dov'è posata la barca"- Persefone lasciava uscire la sua voce, ora scintillante come quel sole, da una conchglia invisibile, capace di dare e raccogliere emozioni, lì poggiata di traverso sulle sue labbra- "Si sta bene in questo posto" -Non lo aveva proprio detto, ma tutto esprimeva l'agio di una libertà su quel luogo descritto aperto ed illuminato.
"Le fatiche non contano, nè i timori...tutto passa"- Tutto prima o poi passa...questo stava rispondendo il director a Sole e lei, senza interrompersi- "...questa barca avrà navigato molto e ne avrà viste di cose... belle, brutte, eppure eccola qui...posata ed incolume, oltre il sospetto ed il clamore che a volte fanno la paura e le difficoltà". E' vero il legno della barca doveva essere vecchio, ma ancora buono, eppure aveva dialogato con molte onde, con tanto vento.
"A me...sì, mi ha proprio portato via...Ho dovuto chiudere libri, scansare fogli e mettermi a scrivere. La foto mi ha preso così e condotto tra ricordi ed emozioni, persino cucendosi a qualcosa che sto leggendo in questi giorni, mi ha portato perfino sulla Luna questo guscio di noce sull'acqua!"- Un rapimento in piena regola dietro un'immagine e qualche commento dei compagn sul blog, tutto privato, ma ormai pubblico.
La collana di sensazioni e colori che Beatrice stava raccontando non era finita. Ne parlava, la descriveva, seduta accanto alla barca, sotto un cielo che avrebbe promesso una schiarita, un temporale, non importava...Era sera, ma che dico...era l'ora del tramonto e gli innamorati rubano quella luce e quel profumo al tramonto tuffato nel mare. I bambini tentano di arginare ancora un poco le onde che presto ruberanno, a sera inoltrata, quel castello alla riva. L'anima comunque riposa e si ascolta viva a quell'ora. La sua Starfish, la sua barchetta poteva aspettarsi di tutto, perchè già tutto aveva visto.
"La mente può diventare come un piuma...-esordì dolcemente Pulcinella-, insomma, voglio dire...può scivolare sopra l'acqua, immergersi o restavi a pelo e sentire che un sussurro è vicino. Appartiene alla barca che il Mare poserà sulla riva, sino più avanti sulla spiaggia"- E' così che Pulcinella immagina la mano usata e rugosa del marinaio carezzare il legno, come lì fosse la sua bambina, la donna amata. Mentre descrive non sta più con noi, si è allontanata, sagoma specchiata da quella luce anche lei ed il golf le è scivolato dalla spalla, lei non se ne è accorta. Quel posto è capace di farti dimenticare, eppure darti tanti ricordi e visioni, in compagnia di una barca...che danza.
ALTRE VISIONI, performance di canto per voce nuda ed arpa bardica, di N. Maroccolo e C. Lauri
"ALTRE VISIONI"
Il 3 febbraio a Roma (h. 20.30), il Creative Drama & In-Out Theatre, diretto dallo psicoterapeuta E. Gioacchini, presenta una intensa performance di voce ed arpa, nel contesto di un seminario di Cinema-Drama Terapia, aperto a pubblico e professionisti del settore.
Il 3 febbraio a Roma (h. 20.30), il Creative Drama & In-Out Theatre, diretto dallo psicoterapeuta E. Gioacchini, presenta una intensa performance di voce ed arpa, nel contesto di un seminario di Cinema-Drama Terapia, aperto a pubblico e professionisti del settore.
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Perfomance di N. Maroccolo e C. Lauri alla Galleria d’Arte Moderna, intitolata a Giacomo Manzù, di Ardea, 8 ottobre 2010 |
Nina Maroccolo, insieme alla musicista Cristiana Lauri, moderne e delicate trovadore, seguendo l’intuizione e il bisogno di “Altre Visioni”, accompagnano, teatralizzano e cantano sul palcoscenico della cinema-drama terapia, fabulando in una singolare performance artistica. Attivando le emozioni del pubblico, concederanno ad esso lo specchio ideale in cui ritrovarsi.
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Drammaterapia e Cinema-Dramaterapia
Ubicazione:
Roma, Italia
lunedì 24 gennaio 2011
CINEMA-DRAMATERAPIA SEMINARIO: Una Camera a Guado nello Stagno
Roma, 3 febbraio 2011
L’ottica di una camera che riprende sopra e sotto la superficie del guado. Per metà ranocchio e metà Principe, l’interprete-personaggio è condotto dentro la pellicola a rivisitare i propri gesti ed abiti, mentre continua a lavorare il processo dramma-terapico: cinema-dramaterapia.
Il Seminario sarà preceduto dalla Presentazione del Volume
"Costruire lo Sguardo", di Plinio Perilli, Ed. Mancosu, Mi.2009
Performance Introduttiva di Nina Maroccolo
leggi il comunicato COMUNICATI STAMPA-NET
prenotati info.atelier@dramatherapy.it
sabato 22 gennaio 2011
Creative Drama & Trance Performing
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Attori del CDIOT e dell'Atelier Liberamente nella trance autogena, ancora in scena. "Blue Beard, To Want, To Need, To Be". Dicembre 2010 |
Nel Creative Drama (CDIOT) un'azione scenica può svolgersi a vari livelli di modificazione dello stato di Co, a volte nello stato di una trance non sempre visibile nell'aspetto fenomenico, ma che, all'interno del soggetto, contiene un sottile dialogo tra sè e la propria parte. Qui è esclusa la prescrizione Brechtiana del mantenimento di uno stato di critica su quanto è interpretato, mentre intenso è il ricorso all'immaginazione, con gli aspetti suggestivi che ne conseguono. Deve essere ricordato che l'uso della suggestione è inteso quale motore verso la scoperta, il risultato e non è fine a se stesso (serve lo spettacolo, ma non è quest'ultimo). L'interpretazione, come più volte ripetuto, infatti costituisce l'Io nell'azione recitante (drama) di una parte di sè e nessuna critica potrebbe allontanare l'attore da essa, se non a rischio di espropriarne una zona ormai abitata e conosciuta. Non abbiamo un attore al servizio di un copione o di un autore ed il dialogo tra questi, invece, segue sempre un profilo privato e gruppale originali. Proprio questa ricerca delle private parti nell'opera, dei personaggi ancora non pensati, espressi, sollecita il meccanismo di modificazione dello stato di Co. Risultato è una azione performativa di un "possibile" Amleto, un Cyrano de Bergerac, la Signora Ponza del Così è (se vi pare), il Pulcinella che abita tutti, il Fantasma dell'Opera, consapevoli o meno.
Ma la speciale condizione di trance è anche utilizzata (vedi foto sopra) per aiutare il processo di sedimentazione di quanto esperito. Non vi è uno sperimentatore, ma un'esperienza che ascolta se stessa, in privato, dopo aver performato in pubblico. Le foto ritraggono gli attori dopo l'azione performativa, in un momento di raccoglimento, elaborazione e contatto emotivo con quanto dei propri fantasmi e creazioni ha abitato le scene ed il teatro poco prima.
venerdì 21 gennaio 2011
Vi presento Gianni De Angelis, attore del Creative Drama In & Out Theatre
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Gianni De Angelis, attore del Creative Drama In & Out Theatre, nel ruolo di Gilles De Rais, piece drammaterapica "Blue Beard, To Want, To Need, To Be", di E. Gioacchini, dicembre 2010. |
giovedì 20 gennaio 2011
Il Teatro Drammaterapico: glosse ed icone alla storia del CDIOT
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Un' istantanea della piece BlueBeard, To Want, To Need, To Be. Director e Attori. Dicembre 2010 |
Ripensiamo, per un attimo, a quella tecnica che Grotoswsky indica come eletta, del "frazionare l'azione", oltre la sua ripetizione stereotipata ed anche perfetta, che va re-indicare in essa noi stessi. Sì, a segnalare quei momenti personali di "attribuzione di senso" che stanno a cavallo tra l'intenzione e l'azione.
Introspezione è un termine che poco si addice a quanto sto descrivendo, perchè esso traduce un viaggio dentro, restando fuori. Gli attori del CDIOT bene sanno che diverso è il processo dell'In-Out attraverso del nostro teatro drammaterapico, con il quale si fa lavorare il drama. E' lo stato di coscienza che accettiamo si modifichi (sollecitiamo perchè vada nelle zone di ombra), ad intensificare quanto sto definendo.
A volte, quello spettatore che ognuno di noi è, assiste ad uno spettacolo incomprensibile, piuttosto stupito: non comnprende cosa stia avvenendo, mentre "recita" le proprie parti, dov'è il "nuovo" (solo apparentemente nuovo)? Ma questo è positivo, perchè indica, ancora una volta, la strada del sottrarsi al narcisismo dello "spettacolo", personale o gruppale che sia, privato o pubblico, giustificato o meno dalle abilità attoriali, che è; "ora mi comprendo". Suggerisce l'ascolto più fine, meno chiassoso, di un battito di mani che potrà avvenire, privato, umile, schivo alla macchina teatrale, quale dono di se stessi a se stessi ed al pubblico.
martedì 18 gennaio 2011
Dramatherapy: A Spot on a Dancing Boat
Uno spot sull'istantanea di una storia che questi attori narreranno.Uno spot in pieno giorno descrive una vicenda differente, la sottrae alla brezza anonima di un luogo mai visitato e la fa diventare tua. Appuntamento al 28 gennaio, con una breve storia scritta.
lunedì 17 gennaio 2011
Drammaterapia: La Barca che Danza
La barca continuava a solcare la sabbia, immobile. Un solco profondo, insistente; il peso del legno sulla ghiglia che segna la spiaggia, arenando il tempo ed il cielo lì sopra. Sentimento vasto che non chiede spazi, rincorre piuttosto tempi e profumi. Attesa.
sabato 15 gennaio 2011
Drammaterapia: Una Soffitta di Cuore
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Una Soffitta di Cuore, Laboratorio Drammaterapia LiberaMente, 14 gennaio 2010 |
Un gruppo di "amici" si dette appuntamento in un sogno. Non importava di chi fosse, sarebbe stato importante soltanto essere tutti là...a rovistare una vecchia soffitta. Così vecchia che forse era stata dimenticata anche dall'ultimo topolino e gli unici animaletti che vi facevano bella mostra erano proprio quei piccoli ragni sulle tele, anche loro addormentati a condividere il sogno. In realtà, loro, erano probabilmente solo fermi. Eh sì che in quel posto tutto rallenta, anche i gesti che scoprono le cose, sotto la spessa coltre di polvere, "come una coperta antica..." disse una bambina, Sole, appena salita. Fenice si precipitò letteralmente su un tavolino, abbastanza lungo da contenere sopra, disposti in colonne disordinate, alcuni polverosi volumi. Ma questa non impediva a Livia, dall'altro lato del tavolo, di curiosare su un blocchetto di lettere tenute insieme da un nastrino rosso. I gesti rallentano ed il pensiero diventa un canestro capace di accogliere cose che vengono da lontano e spingerle ancora più lontano, con l'energia dell'emozione. E della curiosità!
Era proprio tanto curiosa Mareliz e, soprattutto, "golosa". Questa volta aveva preceduto il "viaggio" dello zio su quella "sovereda", gli aveva risparmiato la complicita del "furto" dei dolci e stava compiendo il "furto del secolo"! Lì, in quella madia, ancora più scolorita dalla luce fioca, c'erano mille dolci... oddio non proprio mille, forse un pò meno, molto meno...che "la nonna custodiva, per spartire". Perle di zucchero su quei biscotti e di affetto a rendere zuccherose le giornate di lei e degli altri bambini. Ora aveva avuto coraggio e solo per un attimo fu intimidita dall'occhio dondolante di quel cavalluccio che Sole si ostinava a far muovere, unica ritmazione di un tempo orami divenuto infinito tra quegli occhi e quelle mani in cerca di scoperte.
Bleu, intanto, si era seduta in un angolo della soffitta ad osservare i propri amici e ricordi, niente affatto distratta dal rumore che Fenice provocava nel tentativo ostinato di aprire un cassetto segreto sotto al tavolo. "Ehi -esclamò all'indirizzo di lui- in questo modo ci scopriranno! E poi, non vedi (?) non c'è alcun cassetto...è solo una fessura del legno..." Ma che importanza poteva avere, quando si ha voglia di scoprire qualcosa, mentre la si sta cercando!
Intanto, gli occhi inumiditi di Beatrice osservavano, insieme a quelli di Persefone, dentro la luce di alcune fessure di luce sull'abbaino. La campagna si distendeva con i suoi odori e sapori, lontano per mille miglia vicino a quel luogo di polveroso, con una magia altrettanto forte. Quante cose, così differenti, possono convivere accanto! Quella volta il padre non l'aveva portata a raccogliere le olive, insieme alle sue sorelle. A lei piaceva tabnto quell'operazione, si sta più vicino all'odore della terra. E pensò bene che forse il sapore del tarallo coperto di glassa avrebbe potuto coprire quella privazione. Ringraziò Persefone ed addentò il piccolo dolce.
La bocca di Mareliz era troppo piena per accogliere altro, il suo cuoricino ladro e gentile troppo soddisfatto per essere riuscita a trafugare il dolce prima delle lancette misurate della nonna, e per un pò apparve distratta, ma solo per un pò poco, perchè Luna aveva raggiunto solo ora il gruppo. Assolutamente incauta, aveva gridato "Ah...è qui che vi eravate cacciati!". Un corale shhhhhhhhhhhhh la fasciò di immobilità come fosse stato opera del "Grande Ragno" che Blue stava fantasticando, buono e prolifico, nella sua personale favola.
L'avventura non era finita, troppe cose curiose e strane, vecchie e dimenticate in quel posto così "inconscio", nascosto e magico. Avrebbero continuato a cercare tra lettere e pupazze, fumetti e coperte dismesse, una saga di avventure complici di quel luogo di sogno. Unico spettatore l'inquietante ritratto del bisnonno. Ti guardava senza perdere un momento ed anche un solo gesto di quello che facevi! Ma potevi contare su una cosa: in fondo era sempre un parente di qualcuno di loro e poi, come sempre, avrebbe mantenuto il segreto.
Una Soffitta di Cuore", avrebbe detto la scrittrice di una raccolta di poesie, diversi anni fa.
E si sa, il cuore è immenso.
giovedì 13 gennaio 2011
Drammaterapia & Letteratura 3
Soffitta e...
polvere, baule, libri, fotografie, lettere, scale, specchio, armadio, cornice, tarli, candela, lucernaio, tegole, ragni & ragnatele, fantasmi, alieni...
buio, ombre, impronta, passi, silenzio, gigolio, scricchiolio, pigolio, cielo, luna &, stelle, vento, neve...
mercoledì 12 gennaio 2011
Drammaterapia & Letteratura 2
Topics:
Soffitta e Timore
Soffitta e Mistero
Soffitta e Segreto
Soffitta e Tesoro
Soffitta e Nostalgia
Soffitta e Solitudine
Soffitta e Amore
Soffitta e Passato
Soffitta e Sogno
Soffitta e Magia
Soffitta e Fuga
lunedì 10 gennaio 2011
Drammaterapia & Letteratura 1: Immanente Suggerimento
Foto: jump to watch a beautifult photo of super_iwan "spider web rom eltham cinema"
giovedì 6 gennaio 2011
DramaticaMente Teatro: l'Atelier DramaticaMente al nastro di partenza: Sa...
DramaticaMente Teatro: l'Atelier DramaticaMente al nastro di partenza: Sa...: "Una azione perfomativa di un attore del CDIOT, sotto la conduzione del director (dicembre 2010) Caro allievo, con la tua iscrizione ..."
martedì 4 gennaio 2011
Auguri da Complemento Oggetto
Care Ragazze e Ragazzi, intervengo rarissimamente sul blog, ma seguo passo passo quanto state realizzando e collaboro con il vs. director dietro le quinte. Questa volta mi prendo uno spazio perchè mi serve per farvi giungere il mio più intenso augurio per il nuovo anno e per il sensibile ed attento lavoro che svolgete con il teatro e poi questo "drammaterapico"... così difficile (solo il vostro director poteva pensare una cosa cos' strana!).
Ma auguri veri a parte, anche un ringraziamento per la partecipazione alla serata in cui ho potuto presentarvi il mio romanzo, in una cornice di calore bellissimo e di performance drammaterapica speciale. Siete bravi, che dire! Sui video e dal vivo riuscite a trasmettere un coinvolgimento, che generalmente riesce a fatica a sollecitare qualunque teatro sperimentale, che non si conosca appieno. Eppure, le persone intervenute, che non vi conoscevano, in quella sera si sono complimentate con me per voi, mentre voi vi complimentavate con me del libro. Serata speciale, ricercata, ma soprattutto tra amici, le foto lo mostrano. Chissà un giorno o l'altro potreste pensare di mettere in scena anche "Complemento Oggetto"!
Questo ed altro...oramai chi vi ferma più! Un abbraccio, Belinda.
Romanzo: Complemento Oggetto, di Flavia Pitorri, Phasar Editore, 2010
domenica 2 gennaio 2011
venerdì 31 dicembre 2010
Happy New Year!
Mentre l'anno sta scivolando nell'archivio di quanto "...è stato", tutta la saggezza del'uomo (quando esercitata) dimostra che si sta preparando quanto "...sarà". Modulo del nostro futuro permeabile, modificabile, plasmabile, nella misura in cui vi mettiamo mano e decidiamo cose.
I fotogrammi del nostro lavoro drammaterapico diventano allora archivio del possibile, del conosciuto, dell'esplorazione di quanto attraversa l'anima senza esserne consapevoli, ma comunque "attori".
Un augurio intenso di tranquillità al cuore ed alla mente a tutti quanti hanno lavorato con noi, ci hanno ascoltato, visto ed incontrato in questo affatto disperato viaggio tra i disegni della nostra vita. Director
venerdì 24 dicembre 2010
Auguri a tutti gli Uomini di Buona Volontà!
Lasciamolo nascere questo "bambino", che sia il figlio dell'uomo o l'attesa che la sua speranza fiorisca, umanamente tra le genti, in viaggio su questo pianeta. Non importa se sia la tua fede a rendere morbida la sua pelle e divina la genia che lo fece o piuttosto i tuoi occhi sbalorditi dal chiasso delle pietre, che fecero il fuoco, che imitarono il fulmine, seguendo sulle scie delle stelle i propri sogni. Nasce stanotte, profeta tra i profeti, nel segno del tempo annunciato o imprevisto, e viene nel silenzio della notte, nel buio senza luce che non sia quella del cielo. La coscienza può imitarne il senso, e rifondare una cultura dell'ascolto, uno specchio che non ridia solo te stesso; che sia questa l'immagine del Dio? Lasciamolo nascere e teniamolo dentro questo parto dell'uomo e della donna, nel segno del mistero. Director
giovedì 23 dicembre 2010
Drammaterapia: i passaggi dell'anima
@ director
Nella fiaba di Barbablù, i cambiamenti nel pensiero di Rebecca, sono il risultato degli eventi. Mentre le sue azioni derivano da pulsioni inevase, da mistificazioni probabilmente non consapevoli, la sua mente sente e parla sempre in modo speculare e contrattaposto a quanto avviene. Un adattamento totalmente alloplastico, in assenza di risorse personali, ma che piuttosto si adegua e ripara dal peggio. In tali condizioni, quale patto o contratto questa "poveretta" avrebbe mai potuto stipulare? Più facile che la folta ed inquietante barba blù del suo principe avesse potuto suggerire al suo inconscio di continuare a temere, senza quel tuffo precipitoso nel rosa di nozze improbabili e strane, agli occhi di tutti.
Che il patto sia "condiviso" o che sia "in deroga" non deve mai sottacere la descrizione reale dell'oggetto di contratto, non può mistificare il bene in questione. Nè questo bene può essere la sola condivisione, se l'accordo tace un retropensiero e stipula sulla carta convenzioni, mentre firma dentro...compromessi. Ed una famiglia può lavorare dentro di te al posto tuo, se tu non sei cresciuta o cresciuto; persino la tua ribellione ed autonomia in tutte quelle stanze del castello possono essere l fallimento di un riscatto, Rebecca, se tu la "dipendenza" te la porti dentro ed aspetti che le vicende di fuori drammatizzino per te i tuoi veri fantasmi.
No, alcun patto potrebbe tirare fuori dall'accordo la libertà del proprio "volere" e quello, qui, è tutto infranto.
Il processo drammaterapico che ha lavorato in Blue Beard, nella piece finale è riuscito a condensare nella performance di poche righe sul palco, folle di sentimenti e pensieri a rincorrersi senza l'obbligo di una conciliazione, perchè più aperto fosse il ventaglio del destino per l'interprete, mentre sacrificato sull'altare del mito il povero personaggio sbiadiva sino a diventare forma e simulacro del possibile.
mercoledì 22 dicembre 2010
Drammaterapia: Blue Beard, la settima sposa, in bilico sul tempo
@ director
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Blue in Rebecca, "Blue Beard, To Want, To Need, To Be", 17 dicembre 2010 |
Rebecca non è soltanto orrore della scoperta e prima ancora diritto alla conoscenza (quella del volto "nascosto" del suo amato), Rebecca è fallimento della Speranza. Nessuna speranza può sorreggersi senza quelle premesse, sia pur minime, che ne fanno positiva proiezione della mente, dislocata in un tempo diverso (ce lo insegna la psicanalisi), anche capace di dislocare e rispondere al nostro passato, oltre che al futuro. Rebecca è stata promessa al suo sposo dalla famiglia; nel rito collettivo è stata dissimulata merce di scambio per l'emancipazione di tutto un clan ed è la stessa famiglia (sic) che deve finalmente salvarla dalle braccia del "mostro". Se pensiamo, poi, che una volta scoperta nel suo "vile" curiosare (come le parole di Bababablù descrivono), la giovane sposa è capace di sottomettersi nuovamente alla sua ira, promettendo amore ed obbedienza dentro all'orrore appena scoperto, finiamo, paradossalmente, per vedere anche Barbablù vittima dell'architettura della storia, della fiaba; perchè ancora prima vittima del suo fallito sogno d'amore: una donna che gli obedisse. Ma vi è un'altra lettura, un sottotesto che solo la modernità ci può dare, per la medesima psicodinamica del raccnto, vista la collocazione storica della fiaba.
Nel tragico stupore del proprio fallimento, quando non vi sono più appigli a cui sorreggersi, è l'illusione che qualcosa possa essere ancora salvato ad ingannarci. Che il nostro "Destino" sia una partita a scacchi dove se solo potessimo correggere una mossa, rivelatasi errata, tutta la nostra importante partita potrebbe avere una epilogo differente! Il senso di colpa che frustra diventa allora, improvvisamente, complice del persecutore, ci chiede quell'opera di espiazione che sembra promettere ancora quella particola di potere perduto nel cambiare gli eventi. La minaccia che si erige davantia noi , frustrando la nostra aspirazione (la vita, la libertà, ecc) ci fa colpevoli quanto il nostro persecutore in una sorta di paradossale identificazione con lui (ma l'inconscio non bisticcia con i paradossi). La Sindrome di Stoccolma bene descrive questa situazione e spiega quanta deferente fiducia si possa riporre in chi ci sta facendo del male, consapevolmente o meno; quanto si possa giungere ad amare al posto di odiare; quanto, in fondo, il nostro narcisismo, messo alle strette, possa dislocare verso questa disperata inversione degli affetti la sua attenzione.
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