L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







martedì 18 gennaio 2011

Dramatherapy: A Spot on a Dancing Boat


Uno spot sull'istantanea di una storia che questi attori narreranno.Uno spot in pieno giorno descrive una vicenda differente, la sottrae alla brezza anonima di un luogo mai visitato e la fa diventare tua. Appuntamento al 28 gennaio, con una breve storia scritta.

8 commenti:

  1. INVIATO DA NERO
    La barca….


    La barca aveva lasciato un solco profondo raggiungendo la riva, sbattuta sulla spiaggia dalle onde alte di una tempesta ormai al termine, e stava lì, malconcia e strapazzata da due giorni di mare agitato, strappata via da un ormeggio chissà dove, con i resti di qualche cima vecchia e lacera, una rete rattoppata, l’ormeggio spezzato.
    Ciò che restava della vela, aggiustataalla meglio anch’essa, sbatteva forte sull’albero facendo l’inconfondibile schiocco del panno sbattuto dal vento, in quel continuo fremito che rende speciale il suono delle cose che vivono all’aria aperta, diventando tutt’uno con il mondo e le sue intemperie.
    Passeggio lungo la riva, accompagnato solo dai miei pensieri, godendomi le raffiche di vento che a volte mi fanno barcollare e mi portano l’odore del mare.
    Quando la noto è in controluce, a farle da sfondo un cielo ormai terso con qualche rara nuvola, sul finire del giorno. I colori del tramonto cominciano ad impadronirsi del paesaggio, rendendo tutto più tenue, più godibile, meno acceso, meno caldo, rendendo me più… Non so spiegarlo, è una di quelle sensazioni che ognuno di noi può interpretare a suo modo, a me fa stringere lo stomaco e mi spezza il respiro, facendomi provare forte la sensazione di VIVERE.
    E’ sempre così quando sono immerso nella natura; nel bosco dagli odori inebrianti dopo la poggia, in cima alla montagna prima di una discesa con gli sci, sopra uno scoglio che affaccia a strapiombo su un torrente impetuoso, in riva al mare mentre lo sguardo cerca oltre l’orizzonte. Una natura incontaminata e penetrante, che scuote e violenta i nostri sensi assopiti e imbrigliati dalla vita cittadina.
    Forse è per questo che certe persone affrontano sfide incredibili…
    Mi avvicino e la guardo, mi soffermo sui particolari, notando i segni del tempo e delle intemperie, dell’incuria e del vissuto. Chissà chi è il padrone? Forse uno di quei pescatori che ormai anziani hanno ancora la forte passione di vivere in mezzo al mare. Mi viene in mente un film che ho visto tanti anni fa, tratto da un romanzo di Hemingway; “Il vecchio e il mare”. Un film triste, la lotta impari di un uomo ormai vecchio contro le forze della natura, in un’altalena di speranze e delusioni fino alla sconfitta del vecchio e alla perdita del grosso pesce che lo avrebbe ripagato di tante sofferenze.
    Caccio indietro il ricordo che mi rattrista e mortifica le suggestioni di questi attimi, e leggo il nome scolorito verniciato sulla chiglia “Michela”.
    Chissà perché le barche hanno spesso un nome di donna? Perché i pescatori volevano avere vicino le donne della loro vita o per convincere il Dio Nettuno –maschio- ad essere clemente verso un essere femminile, chissà…
    Mentre rimugino tra me e me continuando a scrutare i dettagli dell’oggetto portato dalle onde, le fibre del legno ormai scoperte in più punti, inaridite dal sole e dalla salsedine, le cime strappate e i resti della vela, comincio a pensare che forse è stata lasciata andare, abbandonata al suo destino come una cosa ormai inservibile.
    Che peccato! Quante cose, quante avventure, quanti aneddoti potrebbero raccontare gli oggetti che ci sono stati vicini; essi parlano di noi, sono la nostra estensione. I giochi nella soffitta, i libri riposti ormai da anni nell’ultimo ripiano della libreria, la gomma sgonfia della bici ferma da tempo, il fumetto a noi più caro, letto e riletto fino a conoscerlo a memoria, per esorcizzare la paura dei cattivi, perché i buoni è giusto che vincano.
    Penso questo mentre sfioro il legno consunto, due mani morbide mi chiudono gli occhi mentre una voce gentile mi chiede: “Indovina?”
    Riconosco la voce e il profumo, è la mia donna da anni, insieme per i saliscendi della vita, resistendo alle bordate dell’esistenza quotidiana… Come una barca tra i marosi… L’essenziale è non lasciarsi arenare sulla spiaggia; e finora non ci è successo.
    La prendo per mano: “Andiamo a cena amore, tutta questa attività all’aria aperta mi mette appetito”. Nero

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  2. Che strano, Nero.. Anche a me è sorta la stessa domanda, lavorando sul post: perchè le barche hanno sempre nomi di donna?
    E la tua risposta mi dona altri spunti.

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  3. INVIATO DA BLEU

    “La barca continuava a solcare la sabbia, immobile.Un solco profondo, insistente…”
    Come può una barca solcare la sabbia? Che razza di barca è , mi chiedo ?
    Le barche solcano le onde, sulla spiaggia riposano vicine come gatti addormentati .
    Questo pensavo quando mi trattenevo, incantata, a guardare le piccole imbarcazioni crostose dei pescatori greci. Le scrutavo a lungo, affascinata, perché sembravano esseri viventi, piccoli cuccioli stretti tra di loro per farsi coraggio di fronte a un mare che non appariva minaccioso, bensì maestoso, imponente , autorevole.
    Piccole noci di legno, dipinte con i mille toni del turchese , quasi indossassero la stessa livrea di Sua Maestà , il Mediterraneo. Avevano nomi di donna, certo, ma nomi di classe, non banali . Me ne ricordo una che si chiamava Eleuteria, che in greco vuol dire “Libertà”
    Mi sono sentita come quelle barche, a volte.
    Vedete, io ho cari e familiari i paesaggi verde e argento della Sabina, dove le colline sembrano spalancarti le braccia per accoglierti, quando le vedi apparire all’improvviso all’orizzonte , sulla cima della prima salita della Salaria.
    Oppure, nelle sere di inverno, a fine lavoro, guardo con fiducia le sagome dei palazzi di Roma, dalle finestre del mio ufficio e penso che questa è la mia città , nonostante tutto, e sarà sempre così e ne sono contenta.
    Paesaggi familiari, che sempre confortano, consolano, si fanno piccoli piccoli ed entrano nell’angolo di cuore più nascosto
    Ma il mare, beh, il mare è un’altra cosa.
    Il mare è la Madre , il Tutto, il Nulla. Nutre e Uccide. Culla e strapazza.
    Sugli innumerevoli traghetti che ho preso, ho dormito i sonni più belli, ho vissuto i risvegli più esaltanti, ho respirato l’aria più completa. Ma ho anche subito i più violenti attacchi di cinetosi , sono stata così male che ho letteralmente pregato di morire per non subire un minuto di più la tortura di quella nausea violenta che mi faceva piangere.
    Mentalmente, allora, rivolgevo un pensiero ossequioso al mare e il respiro si calmava e mi sembrava tutto più facile.
    Ma come mai ora sono su una barca che solca la spiaggia, doppia le rocce, cavalca gli avallamenti del fondo? Ripeto, che razza di barca è?
    Non è un sogno, non è un ricordo, è vero. L’ultima cosa che ricordo è una soffitta e un ragno.
    Dove sono e soprattutto perché sono qui?
    Ragiona in fretta, devi capire. Mai più senza capire. Se sono su una barca in movimento, sto solcando qualcosa che è il mare , questo è sicuro.
    Ricorda, pensa, rifletti… Non c’è acqua in questo mare, ma se sono su una barca che naviga, questo è il mare.
    Ci sono , ci sono.
    SONO SULLA LUNA!!!!
    Ma certo: i mari della luna! Quelle distese che hanno quei nomi così belli: il mare della Fede, il mare delle Piogge, il Mare della Tranquillità.
    Un pensiero ossequioso a tutti i mari del cosmo, e sono calma . Siedo sulla poppa (o comunque si chiami la parte davanti delle barche) e mi concedo un momento di relax prima di decidere se prendere o meno il timone. Non so dove sto andando, ma “ci penserò domani” .
    Questo è una bella barchetta greca: non è dipinta di azzurro, ma ci sono io sopra che mi chiamo Bleu. E come la chiamiamo questa barca? Eleuteria? Non sarebbe male, ma già si è sentito. Ho trovato: se la Luna era una divinità femminile, questa barca avrà un nome da uomo per ingraziarsela. Spero che la teoria del mio amico Nero funzioni. Si chiamerà…. Apollo? No, già preso.
    Si chiamerà Alexander, che è un bel nome greco e ricorda Alessandro il grande. Ma, sia chiaro, non lo scelgo per celebrare la sete di conquista, lo scelgo perché mi fa pensare a un giovane che , millenni fa, seguiva un sogno grandioso come il Mare, che aveva sete di vedere e di sapere e che volle portare in sé l’unicità e la molteplicità del mondo.

    Nei mari della luna
    tuffi non se ne fanno:
    non c'è una goccia d'acqua,
    pesci non ce ne stanno.
    Che magnifico mare
    per chi non sa nuotare!
    Gianni Rodari

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  4. Una piccola barca, tra il cielo e la terra, o meglio la sabbia del mare, mi appare bella, abbandonata, eterna come se fosse stata li da sempre .”Papà!.. Papà!..” il vociare di un bambino che rincorre la sua palla lungo la riva. ” Guarda papà c’è una barca! Chissà di chi è? Perché è qui? Guarda! è colorata, forse è di un pescatore, come mi piacerebbe spingerla verso il mare, poter fare un piccolo giretto, peccato! forse sta arrivando un temporale, corriamo papà andiamo dalla mamma che ci aspetta”. Poco lontano un pescatore sta armeggiando con le sue reti, il suo pensiero rincorre, vaga, ricorda, il suo racconto è nostalgico. Racconta al ragazzino dei suoi viaggi avventurosi nelle notti tranquille dove la luna gli faceva compagnia, con la sua luce riflessa nell’immenso del mare, cullando in una dolce melodia le ore interminabili. Il bimbo è rapito, ama molto la pesca, il suo grande sogno infatti è quello di poter avventurarsi in questa emozionante impresa e sentirsi grande ed orgoglioso. I gabbiani volano librandosi nel cielo, disegnando un arcobaleno di colori, mentre due innamorati camminano tenendosi per mano, l’odore della salsedine più forte dopo un temporale estivo intenso, piacevole, leggero, ha un sapore dolce che lascia ancor più incantevole e chiara l’acqua del mare, quasi ti invita, Si! invitante ad entrare e lasciarsi accarezzare dalle sue morbide onde mentre il sole ritorna splendente e prepotente, illumina i volti sereni, misteriosi, complici, innamorati e li trova abbracciati e felici per sempre... forse. Quadri magici a rappresentare lo scenario di immagini colorate d’inverno, quando il mare con il suo vigore e suono ti cattura imprigionando la tua mente, la tua vista, con le onde spumeggianti contro gli scogli, sembra che voglia comunicarti tanto. Quante conchiglie arenate lì vicino a te cara barchetta, hanno disegnato il tempo, le scelte, il dolore, l’amore, la gioia, la spensieratezza. Romantici tramonti sempre diversi, vede sulla spiaggia tanti colori, giovinezza che canta attorno ad un caldo falò, con la musica che accomuna tanti cuori, bambini che giocano instancabili vicino al loro castello di sabbia difendendolo dalle onde che vorrebbero rapirlo. Occhi innamorati che si perdono, si raccontano nei colori che spesso han bisogno d silenzi. Ho amato sempre il mare, poesia, e verso sera quando le sue onde si placano e diventa di un colore meraviglioso, caldo e spesso trasmettendoti una calma che arriva dritta al tuo intimo, al cuore, all’anima. Ti chiamerò Starfish! Barchetta, che bello non sei più sola…Beatrice

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  5. La Barca che Danza…una sera d’estate, seduta sulla riva del mare ascolto.
    Il golf poggiato sulle spalle a scaldarmi dal brivido della notte vicina, mi accarezzo le braccia e guardo lontano, oltre l’orizzonte. Ripenso al passato lontano, alla ricerca di qualcosa dentro di me che possa darmi calore, pervasa dalla malinconia e lascio che una lacrima calda mi scorra sul viso.
    In lontananza vedo una piccola barca avvicinarsi, illuminata da una lampara. Il mare disegna scie d’argento al suo passaggio e tutto intorno sembra attendere... Silenzio.
    La mia mente decide di scendere dall’amaca dei ricordi su cui si cullava ed osservo la piccola imbarcazione che dondola sull’acqua pian piano venirmi incontro.
    Sembra una piuma spinta dolcemente dal soffio di una brezza leggera. Mi incanto a guardarla scivolare, minuscola sul pelo dell’acqua. Un mare immenso e protettivo l’avvolge tutto intorno e lentamente con amore la guida verso riva. La vedo posarsi delicatamente sulla sabbia quasi fosse una ballerina che romanticamente e con leggerezza conclude la sua danza. Ne scende lentamente un uomo dal viso rugoso, segnato dal sole e dalla salsedine. Ha grandi mani forti e sicure e dolcemente, ma con fermezza la conduce in secca al meritato riposo, dopo una giornata di volteggi tra i flutti nell’azzurro del mare. … “siamo a casa vecchia mia…”. E’ un vecchio marinaio.
    L’accarezza quasi fosse la sua bambina o la donna amata, ripone le funi e le reti, spegne la lampara; gettandosi stanco sulla spalla la rete con i pochi pesci, la ringrazia per la giornata trascorsa.
    Ancora un’altra lunga giornata insieme. L’ammira quasi fosse una dea, nonostante il legno sia consumato dal tempo ed i colori sfumati dal sole, le sorride e accarezzandola ancora una volta con lo sguardo, allontanandosi la saluta ….“A domani vecchia mia”…
    Lo vedo allontanarsi con passo stanco e lento nella notte ormai sopraggiunta e per un attimo mi sembra di udire una voce di donna provenire dalla piccola barca: “A domani vecchio mio, ti aspetto …come sempre!
    Non so cosa sia stato, ma come d’incanto risalgo con spirito diverso sull’amaca dei ricordi, il golf mi è scivolato dalle spalle, ma non me ne accorgo, guardo verso l’orizzonte e Sorrido. Pulcinella

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  6. C'è poco da fare Mumbre Mumble...gli attori sono "Plinio, Nina, Ermanno..." garanzia di qualità! Ma chissà... altri a sorpresa?!

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  7. Nero ci manda...
    Respirando...(PARTE PRIMA)
    Spesso mi chiedevo di chi fosse… Fantasticavo sulla possibilità che fosse arrivata lì guidata da qualcuno, che poi per qualche strano imprescrutabile motivo, non era più tornato indietro a riprenderla. Passandole accanto, durante le mie passeggiate sull’arenile, guardavo con curiosità le forme e ne studiavo i particolari con dovizia, cercando di carpire i segreti messaggi che gli oggetti e le cose in essa contenute potevano trasmettere.
    Novello Sherlock Holmes che analizza e studia ogni minimo dettaglio per capire la vita e carpirne i segreti del proprietario, le sue abitudini, i vizi e le virtù. Nessun risultato.
    Era in secca da diversi giorni, il solco lasciato sulla spiaggia era ormai scomparso, ma non poteva essere abbandonata, pensavo, era troppo in buono stato per esserlo.
    Il nome, attaccato con una targa metallica dorata e perfettamente lucida mi riportò immediatamente alla mente mitologiche storie e personaggi fantasiosi e straordinari: “Phoenix”
    era il nome di quella barca, un nome che associavo all’avventura e all’immortalità, alla possibilità di finire e ricominciare, cadere e risorgere.
    Abitavo in quella piccola casa sulla spiaggia da diversi giorni; l’avevo presa in affitto per staccare la spina e trovare un rifugio dalla caotica vita cittadina in cui vivevo, via dagli impegni quotidiani, via da una storia che aveva appesantito gli ultimi mesi della mia vita, dallo stress della mia libera professione, ma soprattutto lontano da affollati villaggi turistici e caotici luoghi di villeggiatura. Una piccola isola semideserta che offriva solo ciò che prometteva; riposo e solitudine.
    Lunghe passeggiate, ore passate sull’arieggiato portico fronte mare a leggere un libro, qualche film in tv, tante canzoni dei miei autori preferiti, pesce fresco che acquistavo quotidianamente e cucinavo in modo leggero e fantasioso e… corse e giochi con il mio cane, unico compagno di questa mia solitaria vacanza.
    Ogni mattina mi affacciavo e guardavo curiosamente se ci fosse ancora… Sempre lì.
    Erano ormai passati quattro giorni e stava sempre nello stesso posto, immobile e… silenziosa. Si proprio così, silenziosa, perché la vela era stata ammainata e legata con cura e le parti mobili sembravano ben ancorate ai propri fermi, così da non fare rumore alle carezze del vento.

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  8. Respirando.... (PARTE SECONDA)
    Poi una mattina, al sorgere del sole, mentre sorseggiavo il caffè, vidi che qualcuno si apprestava a salpare; caricava un paio di zaini, sistemava le vele e con cura raccoglieva cime e funi. Da lontano mi vide, e notando che guardavo dalla sua parte, con un sorriso accennò un saluto che mi affrettai a contraccambiare, indicando con un cenno se volesse una tazza di caffè. Con un gesto della mano mi fece capire di no. Andai dentro casa ne presi una tazza e m’incamminai verso di lei e la sua Phoenix. Avvicinandomi notai con piacere che il fisico atletico e le movenze aggraziate completavano un’immagine femminile estremamente sensuale, dall’aria schietta e simpatica. "E’ per te, ho pensato che avessi rifiutato per non darmi disturbo”- dissi porgendole la tazzina.
    “Grazie sei molto gentile, la mattina non rifiuto mai l’offerta di un caffè”
    “Stai partendo?”
    “Si, dovevo fermarmi solo un giorno, ospite di amici, ma per una serie di motivi che è lungo spiegare sono rimasta per quattro”
    “E dove vai?”
    “Giro costeggiando le isole più belle, e mi fermo dove mi piace, senza una meta precisa, godendomi giorno per giorno”. “Un mese l’anno di ferie alla come mi pare”.
    “Però, bel coraggio per una ragazza sola”
    “So difendermi…”
    “Vivi da solo in quella casupola?”
    “Sono in vacanza, Robinson Crosuè e il suo fedele… Cane Fluk”- dico accennando un sorriso.
    “A proposito io sono Gianni e tu?”
    “Viola… Mi piace parlare con te… Adesso devo proprio andare”
    “Eh si…, magari se ripassi da queste parti vieni a salutarmi”. L’aiuto a mettere in acqua la barca e la saluto, mentre Viola armeggia con le vele che cominciano a prendere il vento e, stranamente, mi risuonano in testa le parole di una vecchia canzone del grande Lucio, “Respirando": "...la polvere dell’auto che ti porta via -mi domando– perché più ti allontani più ti sento mia…”
    Ad un certo punto vedo la barca che accosta di nuovo alla riva; entro in acqua e aggrappandomi al bordo domando: “Che c’è? Come mai sei tornata indietro?”
    “Non so, mentre prendevo il largo mi è venuta in mente una canzone di Battisti:“E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini… Ci allontaniamo e poi ci ritroviamo più vicini”. Aggiunge con noncuranza. “Sono tornata…”. Sorrido felice: “Sulla tua Phoenix puoi ospitare due poveri naufraghi?”
    Nero

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