L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







mercoledì 1 dicembre 2010

Drammaterapia, la responsabilità dell'attore

L'aura magica che accompagna l'attore in prossimità di una prima (ma, nel nostro caso, di un piece drammaterapica davanti al pubblico) è fatta di emozioni ed eccitazione. Egli si sente in qualche modo "sotto esame"...la memoria, i movimenti di scena, ecc..e, allo stesso tempo, capovolge "magicamente" la logica dell'esame che accompagna l'individuo per tutta la vita: è lì per mostrare, dare, offrire. Proporre .E si spera nella statistica che assicura sempre il plauso di almeno uno spettatore!
Cosa propone l'attore di drammaterapia, in questo istituendo teatro? Nell'ultimo scritto mi riferivo a quel personale filtro che è la sua persona, attraverso il quale ha lavorato il processo drammaterapico. Gli si conceda l'emozione, fatta di piacere e scrupolo, libertà e responsabilità, con l'occhio saggio alla eccessiva schiuma del narcisismo! Anzi che gli si permei nella matrice proteica delle sue ossa! A sostenerlo e renderlo appunto "attore" della sua parte, in bilico nella sconfinata libertà della performance e la compresa responsabilità di una relazione con i suoi compagni ed il pubblico. Il palco, la ribalta, il proscenio, lo spazio tra il pubblico che probabilmente calpesterà sono insieme la terra che conosce, liscia, ruvida, accidentata e confortevole che egli ha sperimentato sotto i piedi da sempre e il luogo specialissimo dove la "vita si celebra", fingendola. Per questo Grotowsky arriva a definire una "messa", laica, il teatro e sacerdote l'attore; per sottolineare questo "mandato" di "potere" che egli ha, che gli permette di spaziare, ma anche ricordare il limite angusto dei sentimenti che la vita spesso ospita. Nulla è facile; può essere semplice nella sua complessità, ma non facile. Di qui l'allenamento e la cura al gesto ed al verbo che non tradisca mai l'autenticità della sua persona.

Ieri sera, serata di prove e parlavo ai partecipanti del luogo privilegiato che ti mette davanti, dietro, sotto, sopra, intorno delle persone ad ascoltare e vivere quello che tu hai da dirgli e dirti, con il cuore e la mente; con la tua mente conscia e, dietro quella, il tuo inconscio. Tra i tantissimi privilegi, che debbono far esprimere all'attore un diffuso senso di gratitudine verso il pubblico (il "dono" di cui Grotowsky parla) vì è quello di farsi arbitri consapevoli del "Destino" per chi si ha davanti. Mi spiego. Gli spettatori non conoscono il racconto che lì viene narrato, non lo conosceranno finchè non sarà svolto, svelato, gli attori sì (ovviamente). Eppure questi ultimi si fanni disponibili per il pubblico alle proiezioni del suo presente, nel momento in cui la piece le suggerisce, complici di questo hic et nuc significante per loro ed insieme hanno però la consapevolezza di conoscere l'alfa e l'omega di quella trama, di essere essi stessi la storia, il nastro che si sta srotolando nel presente della sala,  e nel tempo più infinito della preparazione, delle prove, delle elaborazioni e della conoscenza di tutta quella. Tant'è che essi potrebbero saltare da un punto all'altro di quel tempo a cui si assiste, come un "dio" fuori del tempo a "rappresentare" il presente. E se poi essa fosse stata già conosciuta, se chi "assiste" è lì per "viverla" ancora "dentro" attraverso i recettori del "fuori", egli sta chiedendo che quel nastro si riavvolga e si svolga ancora per lui, perchè è il suo "senso" a rapirlo, certamente non l'allestimento scenico.. L'attore, allora, mentre svolge quel "destino", che è la storia, ma che è anche il tempo dello spettatore in quella, deve farsi capace di sentire la responsabilità di essere potenziale arbitro (mai esaustivo per carità!) di quel che avviene nelle emozioni e nel pensiero del pubblico. Con quello fare questa condivisione che, magicamentem rompe linee di divisioni ed annulla le diversità. L'umano dà spettacolo e l'umano l'osserva. Forza miei "attori".

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