L'Atelier LiberaMente è uno spazio aperto, nella misura in cui va consolidando il suo pensiero e la sua pratica. Un blog permetterà di estendere l'area comunicativa, un "drama" allargato delle idee e delle competenze. Director, E. Gioacchini







giovedì 9 dicembre 2010

Blue Beard: il climax della drammaturgia

Il climax dell'opera che vi apprestate a mettere in scena si situa in punti specifici della trama rappresentata:
  • nel secondo atto, nel moto di fuga fantasticato da Rebecca: …fatemi uscire da questo castello, ha bruciato i miei desideri ed ora congelerà  il mio cuore, per sempre nel buio!";
  • nel tezo atto, durante qualche passaggio dell'intenso monologo di Rebecca: "...ed il loro reciproco bacio più volte in quelle stanze e poi… quel luogo…Brivido lungo ed interminabile, che percorre la schiena ed i fianchi, per fermarsi proprio sul cuore. Una puntura che parla d’attesa e paura, un canestro di costato, muscoli e nervi che costringe il suo piccolo cuore. Una morsa crudele, senza aria. Continuò a piangere, anzi a lamentarsi. Questo la riportò ai pianti dell’infanzia, nenie di abbandono e fuga, consolazione e dolore, dove le cose si muovono lente ed il ritmo è dato da un respiro forzoso e scomposto, rotto e incostante, come nel bacio".
  • e lungo tutto il percorso del terzo atto, in alcuni particolari importanti passaggi di Blue Beard che veste il pensiero di altri ilustri uomini storici; Freud, Gilles de Rais, Fromm ecc. 
E' in queste "zone" della drammaturgia che tutti gli attori prima, in crescendo, lavorando nella preparazione e quelli dopo, nella specifica rappresentazione delle parti, debbono esprimere l'apogeo del pathos. In questi specifici passaggi tutta la compagnia, con l'attore immaginato al centro, con il suo sacerdozio, ha il compito di traghettare il teatro tutto verso un livello superiore che, se usa il "verbo", questo stesso supera nell'immanenza del sentire quanto sta accadendo. Per suggerire un'immagine che ho trovato sino ad ora la più pertinente ed intensa nelle descrizioni della letteratura, vi propongo Cortazar, in alcuni passaggi finali del Fissatrigre, quando descrive tutta la famiglia "rapita", irretita nell'operazione di "fissare la tigre" con l'apparato appena costruito, e, importante, comunque sia andata e qualunque il risultato (fatto che riporta a quella "solitudine" del pensiero che è insieme partecipe nella comunanza che altri vivono la stessa esperienza). Blue Beard è metafora di vita, dove attori, Barbablù e sua Sposa, e spettatori, quelli seduti e loro stessi, osservano il labirinto che essa contiene.

2 commenti:

  1. Quante volte nella vita ci siamo trovati in situazioni da cui avremmo voluto fuggire? Quante volte abbiamo detto a noi stessi "ah, se non l'avessi fatto!". Eppure è peculiarità della nostra natura umana, la capacità di metterci in situazioni che provocheranno dolore...
    Rebecca non sapeva in cuor suo che si sarebbe infilata in un mare di guai? Ma forse proprio la ricerca di quel sentire particolare, di quel formicolio alle mani, di quella sensazione che parte dalla bocca dello stomaco e pervade tutto il tuo essere, fino a rendere molli le gambe e strozzano il respiro, e...
    L'hanno spinta a sbirciare dietro la porta chiusa...
    E Barbablù sapeva che sarebbe stato tradito, sapeva che avrebbe punito la curiosità invadente, sapeva che avrebbe impugnato la scure impietosa, sapeva che avrebbe perso l'ennesima compagna, e...
    Sapeva e non ha potuto tirarsi indietro.
    Perchè tutti sanno tutto, e tutti vanno incontro al proprio destino, che li aspetta sul trono e "non nega l'inganno". "Anzi, quello siede proprio li in fondo, come un principe potente. E si ciba della tua lusinga".
    Già, perché il destino siamo noi, e quando fingiamo che le cose ci capitano per caso, o crediamo che le nostre mani sono pericolose... Bèh, forse riusciamo ad ingannare gli altri, ma noi stessi no. E allora si che la sofferenza si fa insopportabile.
    E averlo vissuto -anche se attraverso l'elaborazione di una pièce e dei personaggi che la compongono- deve farci riflettere; è un tesoro che non possiamo permetterci di perdere, come se non l'avessimo mai trovato. Indipendentemente da come andranno le cose sabato. Quello è l'ultimo dei dettagli.
    Nero

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  2. Quando si scrive e commenta come stai facendo, con un personale esercizio esegetico quale quello che hai scritto, significa che il processo drammaterapico è maturo...si lege dentro le righe i momenti significanti della propria esperienza avuta e possibile. Bravo

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